Le incompatibilità della professione di avvocato (di Riccardo Radi)

L’avvocato può esercitare altre professioni o lavori autonomi e quali?

All’interrogativo rispondono le Sezioni unite civili, sentenza numero 35981 del 27 dicembre 2023 (consultabile a questo link), sollecitate da un ricorso di un nostro collega avvocato e aspirante odontoiatra.

Premessa necessaria, l’articolo 18 della legge professionale forense riconduce le varie ipotesi di incompatibilità della professione di avvocato sostanzialmente a quattro gruppi:

a) l’esercizio di altra attività di lavoro autonomo;

b) l’attività commerciale;

c) l’assunzione di cariche societarie;

d) l’attività di lavoro subordinato.

Venendo, quindi, al menzionato articolo 18 della legge professionale forense, alla previsione dell’incompatibilità della professione dell’avvocato con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente e professionalmente, segue l’elencazione delle attività escluse dal divieto, includendo, in tale novero, le attività di carattere scientifico, letterario, artistico, culturale; è consentita, inoltre, l’iscrizione nell’albo dei commercialisti e degli esperti contabili nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro; è incompatibile, invece, l’esercizio dell’attività di notaio.

La citata disposizione riconduce le varie ipotesi di incompatibilità sostanzialmente a quattro gruppi: l’esercizio di altra attività di lavoro autonomo (lettera a); l’attività commerciale (lettera b); l’assunzione di cariche societarie (lettera c); l’attività di lavoro subordinato (lettera d).

Quanto al primo gruppo (sub lettera a) – intorno al quale ruota la prospettazione del ricorrente – l’ordinamento della professione forense prevede, per un verso, che la professione di avvocato è incompatibile «con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio». Per l’altro, consente «l‘iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro».

Il discrimine è dato dallo svolgimento dell’attività in modo continuativo e professionale e di conseguenza dalla relativa stabilità del rapporto di lavoro e dalla sua remunerazione in misura predeterminata (Cass., Sez. un., n. 14810 del 2009).

Pertanto, laddove l’avvocato eserciti altra attività, di lavoro autonomo in modo continuativo e professionale con retribuzione predeterminata, sussisterà la causa di incompatibilità.

Sono espressamente escluse dalla incompatibilità, dalla menzionata disposizione normativa, le attività di lavoro autonomo svolte che abbiano carattere scientifico, letterario, artistico e culturale.

Il regime delle incompatibilità ostative all’esercizio della professione di avvocato include le eccezioni, le quali, per essere riconducibili ad un numerus clausus, non sono suscettibili d’interpretazione analogica, come già ribadito, del resto, da queste Sezioni Unite, in riferimento alla contemporanea iscrizione all’albo dei geometri (Cass., Sez. un., n. 26996 del 2016).

Tra le eccezioni normate, il contemporaneo svolgimento di altra professione ordinistica e, dunque, la possibilità d’iscrizione ad altro ordine professionale oltre quello forense, è prevista esclusivamente per l’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, per l’albo dei consulenti del lavoro, per l’elenco dei pubblicisti e, infine, per il registro dei revisori contabili.

Tutte le attività dianzi menzionate, e consentite, a ben vedere hanno una stretta attinenza anche con la professione forense e in ciò risiede la voluntas legis di escludere, in via generale, incompatibilità con la contemporanea iscrizione e ciò a prescindere anche dal carattere continuativo e professionale dell’attività svolta.

Se le dette ipotesi consentite costituiscono un numero chiuso, la previsione normativa d’incompatibilità all’esercizio della professione forense, enunciata nell’art. 18, lett. 1 della legge professionale, va interpretata, in continuità con gli arresti della cassazione, nel senso della rilevanza della mera iscrizione ad altro albo professionale, diverso da quelli per i quali la doppia iscrizione è espressamente consentita, per far scattare l’incompatibilità dell’iscrizione all’albo degli avvocati (compreso l’elenco speciale degli avvocati stabiliti).

A nulla rileva, per derogare al divieto anzidetto o mutarne la portata, che la seconda attività ordinistica sia svolta continuativamente o professionalmente o sia, come nella specie, nella necessitata fase di formazione pratica propedeutica all’esercizio della professione sanitaria di odontoiatra.

Né il descritto assetto, a presidio dell’autonomo ed indipendente svolgimento dell’incarico professionale e del raccordo delle ipotesi d’incompatibilità con le libere scelte del cittadino, ha fin qui generato dubbi di legittimità costituzionale o di compatibilità comunitaria (Cass., Sez. un., n. 15208 del 2016).

Che poi, per inciso, il nuovo ordinamento professionale abbia introdotto norme più restrittive in tema di compatibilità, lo dimostra l’ulteriore previsione dell’incompatibilità tra esercizio della professione di avvocato e attività di insegnamento, sia pure a tempo parziale, in scuola primaria (disciplina più restrittiva estesa anche alle domande d’iscrizione avanzate anteriormente ma ancora in corso al momento di entrata in vigore dello jus superveniens, v., in tema, Cass., Sez. Un., n. 21949 del 2015).

In altri termini, l’interpretazione già data dalle Sezioni Unite conferma l’incompatibilità della professione di avvocato con l’iscrizione in albi esulanti dal novero delle deroghe tipizzate dalla norma, né occorre indagare in ordine all’effettivo espletamento di attività professionale, o di formazione come nella specie, atteso che, come si è sin qui detto, la causa di cancellazione è connessa alla sola iscrizione in altro albo.

L’unica eccezione è quella d’insegnamento e ricerca in materie giuridiche con i limiti indicati da Cass. Sez. un. n.18176 del 2017.

Né appare condivisibile l’opzione ermeneutica indicata dal professionista che pretende di ricondurre nell’alveo delle attività a carattere culturale e scientifico le doverose attività formative e pratiche obbligatorie di cura, necessarie all’espletamento della prediletta attività sanitaria e, a suo dire, all’arricchimento culturale e personale che da esse intende trarne.

Invero, le attività culturali e scientifiche alle quali il legislatore, con formula elastica, ha inteso riferirsi introducendo deroghe alle incompatibilità sono, nondimeno, tutte le attività suscettibili di alimentare il bagaglio culturale della persona ed eventualmente l’esplicazione della personalità dell’avvocato in ambiti anche estranei ai saperi prettamente giuridici, ma giammai espressione di un’altra professione regolamentata ed ordinistica.

In altre parole, diversamente da quanto paventa il ricorrente, il contributo al progresso spirituale ed economico della società al quale ciascun cittadino deve improntare la propria funzione o attività (art.4 Cost.) non è affatto leso dal generale divieto di doppia iscrizione a diverse professioni ordinistiche ma è confermato proprio dalla conformazione dell’attività ordinistica alle regole ordinamentali e disciplinari poste, come espressione della personalità.

Il giudice disciplinare ha, pertanto, correttamente ritenuto la cancellazione dall’albo degli avvocati conseguente alla iscrizione all’albo degli odontoiatri, pur in mancanza di un concreto esercizio della relativa attività sanitaria.

Va pertanto riaffermato il principio enunciato da queste Sezioni Unite con l’ordinanza n. 15208 del 2016, reiettiva dell’istanza di sospensione della esecutività del provvedimento impugnato per la fase cautelare del giudizio per cassazione definito con la citata sentenza n. 26996 del 2016: in tema di ordinamento della professione forense, ai sensi della legge n. 247 del 2012, art. 18, comma 1, lett. a), è sufficiente l’iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli per cui quest’ultima è ivi espressamente consentita, a determinare l’incompatibilità quanto all’iscrizione all’albo degli avvocati (anche all’elenco speciale di quelli stabiliti), non essendo necessario, affinché tale situazione si verifichi, che la differente attività sia svolta continuativamente o professionalmente.

Nel solco del citato precedente si dissipano anche i dubbi, rinnovati con il ricorso all’esame, di legittimità costituzionale e di compatibilità con i principi dell’Unione Europea, già condivisibilmente ritenuti manifestamente infondati dal giudice disciplinare.

L’impianto dell’ordinamento professionale forense nei profili inerenti alle incompatibilità valutate in astratto e tipizzate è frutto di discrezionali scelte del legislatore e trova giustificazione nella necessità di assicurare, in relazione a interessi di ordine generale, la professionalità dell’avvocato, l’indipendente esercizio della relativa attività professionale, la libertà richiesta dall’esercizio della professione forense, al fine di prevenire la maggiore pericolosità e frequenza di inconvenienti per effetto della commistione con altri ambiti professionali (v. Corte cost. n.390 del 2006 in riferimento alla commistione tra attività forense e pubblico impiego e, sullo stesso tema, Cass. n.9660 del 2021).

Le Sezioni Unite hanno, dunque, ritenuto il regime delineato dal legislatore manifestamente non contrastare con parametri costituzionali per non essere implicata alcuna restrizione della concorrenza o limitazione della libera prestazione dei servizi o impedimento assoluto all’accesso o alla permanenza nell’albo degli avvocati, potendo l’incompatibilità essere agevolmente rimossa attraverso la cancellazione, a domanda, dalla contemporanea iscrizione ad altro albo (nella specie all’esame di Cass., Sez. un., n. 26996 cit., veniva in rilievo, come detto, l’albo dei geometri).

La peculiare diversità della professione di geometra, di natura essenzialmente tecnica, rispetto alle altre professioni dichiarate compatibili dal legislatore con il contemporaneo esercizio della professione di avvocato, escludeva, per la diversità del tertium comparationis, esservi spazio per un sindacato sulla ragionevolezza della disposizione normativa che, salve le previste eccezioni, non ammette che l’esercizio dell’attività di avvocato possa atteggiarsi a momento di una più complessa attività multidisciplinare svolta dal professionista (Cass., Sez. Un., n. 26996 cit.).

La tenuta dei principi affermati, e la rilevata diversità del tertium comparationis per la natura parimenti ed essenzialmente tecnica della professione di medico odontoiatra, va ribadita nella vicenda ora all’esame, del pari connotata da multidisciplinarietà in ambiti, come la specialistica sanitaria, estranei alle professioni ritenute compatibili dal legislatore.

Né coglie nel segno, per suffragare la tesi del ricorrente, la recente disciplina introdotta con legge n. 33 del 2022 che, previa l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 142 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, di cui al regio-decreto 31 agosto 1933, n. 1592, ha innovato l’ordinamento dell’istruzione superiore consentendo l’iscrizione contemporanea a due corsi d’istruzione superiore.

La detta disposizione ha rimodulato il diritto allo studio, abrogando il divieto, penalmente sanzionato, d’iscrizione contemporanea a Università, facoltà universitarie, corsi di laurea, riconoscendo, dunque, agli studenti la facoltà di contemporanea iscrizione (presso istituzioni italiane ovvero una italiana e l’altra estera): a due diversi corsi di laurea, di laurea magistrale o di master, anche presso più università, scuole o istituti superiori ad ordinamento speciale (comma 1); a un corso di laurea o di laurea magistrale e a un corso di master, di dottorato di ricerca o di specializzazione, fatta eccezione per i corsi di specializzazione  medica (comma 3); a un corso di dottorato di ricerca o di master e a un corso di specializzazione medica (comma 3).

La vicenda all’esame esula dalla ridetta disposizione innovativa perché il ricorso non interpella le Sezioni Unite della Corte sul tema della contemporanea iscrizione a due corsi d’istruzione superiore e della eventuale compromissione della facoltà di accedere, al pari di chiunque altro, al doppio binario introdotto dal legislatore del 2022.

Da ultimo, non pertinente ed inidoneo a scardinare il consolidato principio di divieto assoluto sin qui illustrato, è l’ulteriore argomento offerto con la memoria illustrativa, con il quale si evoca la diversa recentissima previsione normativa che, per i medici odontoiatri, ha introdotto, nell’ordinamento, la possibilità d’iscrizione a ulteriori albi professionali.

In definitiva, non ricorrono, per quanto detto, le condizioni per sollevare la questione di legittimità costituzionale o per rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la questione interpretativa in via pregiudiziale.

Il ricorso è rigettato.

Si possono trarre le seguenti conclusioni:

1) La sussistenza di una delle cause di incompatibilità della professione di avvocato previste dalla legge professionale determina la non iscrizione o, se si tratta di professionista già iscritto, la cancellazione dall’albo, salvo le eventuali violazioni di natura deontologica connesse e conseguenti. Inoltre, un’altra importante ricaduta, derivante dall’esercizio della professione forense in situazione di incompatibilità, è l’impossibilità di costituire un valido rapporto previdenziale con la Cassa Forense, con il conseguente venir meno di diritti del soggetto, illegittimamente iscritto, in riferimento al rapporto previdenziale, anche se l’incompatibilità non dovesse essere accertata.

2) Le incompatibilità della professione di avvocato previste dalla legge professionale mirano a tutelare, assicurare e garantire l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocato, anche per evitare condizionamenti di qualunque genere, al fine di permettere al professionista di svolgere la funzione di assicurare al cittadino la piena ed effettiva tutela dei suoi diritti e ciò in considerazione del rilievo costituzionale del diritto di difesa. Inoltre, la norma sulla incompatibilità è preordinata anche ad assicurare lo svolgimento della professione nel rispetto dei principi sulla corretta e leale concorrenza, come previsto dall’art. 3, comma 2, legge professionale.

3) In tema di ordinamento della professione forense, ai sensi della legge n. 247 del 2012, art. 18, comma 1, lett. a), è sufficiente l’iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli per cui quest’ultima è ivi espressamente consentita, a determinare l’incompatibilità quanto all’iscrizione all’albo degli avvocati (anche all’elenco speciale di quelli stabiliti), non essendo necessario, affinché tale situazione si verifichi, che la differente attività sia svolta continuativamente o professionalmente.

4) In tema di ordinamento professionale forense, la ratio della disciplina delle incompatibilità è quella di garantire l’autonomo e indipendente svolgimento del mandato professionale sicché la previsione di specifiche ipotesi di incompatibilità non appare lesiva di precetti costituzionali né dei principi dell’Unione Europea, in quanto frutto di discrezionali scelte del legislatore che trovano giustificazione nella necessità di assicurare, in relazione a interessi di ordine generale, la professionalità dell’avvocato, l’indipendente esercizio della relativa attività professionale, la libertà richiesta dall’esercizio della professione forense, al fine di prevenire la maggiore pericolosità e frequenza di inconvenienti per effetto della commistione con altri ambiti professionali.

5) L’art. 18 L. n. 247/2012 stabilisce che la professione di avvocato è incompatibile “con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio”; mentre permette “l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro”.

Tali eccezioni costituiscono un numerus clausus e non sono pertanto assoggettate ad interpretazione analogica, e ciò a prescindere dall’effettivo esercizio dell’attività professionale incompatibile, essendo infatti sufficiente la sola l’iscrizione in un albo professionale, diverso da quelli esplicitamente elencati, per poter determinare l’incompatibilità con quella nell’albo degli avvocati.

(Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza del CNF che aveva affermato l’incompatibilità tra l’iscrizione all’albo degli Avvocati e quella degli Odontoiatri).