Rapporto del Garante nazionale dei detenuti sul sovraffollamento carcerario: la sovraffollata solitudine dei “numeri ultimi” (di Vincenzo Giglio)

Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha analizzato, attraverso la sua unità organizzativa “Privazione della libertà in ambito penale”, uno studio (allegato alla fine del post) sul sovraffollamento della popolazione detenuta negli istituti penitenziar, servendosi di dati statistici forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia.

Se ne riportano per sintesi i risultati di maggiore rilievo, rimandando per il resto alla lettura integrale del rapporto.

Periodo di osservazione: 30 dicembre 2020 – 11 gennaio 2024

Detenuti presenti: alla fine del 2020 erano 52.273, sono 60.304 alla data dell’11 gennaio 2024, con un aumento di 8.031 unità.

Tasso di sovraffollamento: era pari al 113,18% ad inizio periodo, è del 127,48% all’attualità, con una forte impennata nel 2023, anno in cui è passato dal 117,5% al 127,06%.

Capienza complessiva dichiarata degli istituti: 50.564 posti ad inizio periodo, 51.219 alla fine.

Capienza effettiva: 47.193 ad inizio periodo, 47.304 alla fine.

Divario tra capienza dichiarata e capienza effettiva: 3.371 posti all’inizio, 3.905 alla fine.

Indice attuale di sovraffollamento per singoli istituti: sono presi in considerazione 190 istituti; in tre di essi il sovraffollamento è uguale o superiore al 200%; nei successivi 48 è uguale o superiore al 150%; nei successivi 65 è uguale o superiore al 120%; nei successivi 14 è superiore al 110%; solo in 43 istituti sono ospitati meno detenuti dei posti disponibili.

Note di commento

I numeri del rapporto del Garante nazionale dei detenuti raccontano la solita vecchia storia e l’unica novità che è sempre più brutta e scadente.

Il nostro legislatore e la nostra giustizia producono stabilmente più detenuti di quanti il nostro sistema carcerario possa ospitare.

Il rapporto, si badi bene, si è occupato solo di una proporzione numerica: quella tra carcerati e posti in carcere.

Restano completamente fuori dal suo focus altri fattori decisivi per saggiare la qualità del percorso, che in teoria dovrebbe essere riabilitativo, offerto agli ospiti delle patrie galere.

Così come restano fuori gli ulteriori fattori che pure servirebbero a misurare la latitudine effettiva degli effetti della pretesa punitiva e contenitiva statuale: gli imputati agli arresti domiciliari con e senza braccialetto elettronico, i condannati che scontano la pena fuori dal carcere in quanto ammessi a benefici penitenziari che non richiedono la detenzione in senso stretto, i sottoposti a misure di prevenzione personale (che, a dispetto di qualsivoglia alchimia concettuale e descrittiva, incidono pesantemente sull’esercizio della libertà personale).

Solo una proporzione numerica, dunque, che comunque basta a decretare l’incapacità istituzionale di dar vita ad un sistema carcerario degno di un Paese civile e, ancor prima e peggio, a comprendere gli effetti della legislazione nella materia penale e della sua applicazione concreta nella sede giurisdizionale prima e in quella esecutiva dopo.

Sono i numeri di un fallimento alimentato da slogan di facile presa ma anche da altrettanto evidenti pochezza concettuale e irrealizzabilità materiale, primo tra tutti quello, da ultimo assai in voga, della cosiddetta tolleranza zero.