In tema di gogna mediatica e di diffusione integrale di ordinanze di custodia cautelare, in prima pagina con nome e cognome da parte di testate giornalistiche nazionali e locali, con conseguente lesione della reputazione ricordiamo la sentenza della cassazione sezione 4 n. 30857/2022 che ha affrontato la questione della rilevanza dello strepitus fori e della lesione della reputazione nella quantificazione in via equitativa dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione.
In ordine alla determinazione del danno ulteriore provocato dall’ingiusta detenzione, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, la liquidazione dell’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, e ciò sia per effetto dell’applicabilità, in tale materia, della disposizione di cui all’art. 643, comma 1, c.p.p., che commisura la riparazione dell’errore giudiziario alla durata dell’eventuale espiazione della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, sia in considerazione del valore “dinamico” che l’ordinamento costituzionale attribuisce alla libertà di ciascuno, dal quale deriva la doverosità di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti dell’ingiusta detenzione (Cass. pen., sez. un., 13 gennaio 1995, n. 1; Cass. pen., sez. un., 14 dicembre 1994, n. 28).
In questo senso è solidamente orientata anche la successiva giurisprudenza di legittimità, la quale ha inoltre fornito puntuali indicazioni in ordine alle situazioni rilevanti ai fini dell’applicazione del criterio c.d. “equitativo”. In particolare, si è ritenuto che siano irrilevanti, in proposito, la durata del processo e i disagi derivanti dalla complessiva vicenda giudiziaria, in quanto la somma dovuta dallo Stato a norma dell’art. 314 c.p.p. deve essere commisurata alla durata dell’ingiusta detenzione e non alla vicenda processuale (Cass. pen., sez. IV, 7 giugno 2016, n. 30578; Cass. pen., sez. IV, 16 febbraio 2005, n. 14640).
Anche il clamore mediatico della vicenda è stato giudicato di norma irrilevante in ordine a tale profilo (Cass. pen., sez. IV, 12 febbraio 2021, n. 6913; Cass. pen., sez. IV, n. 14640 del 2005, cit.), salvo l’ipotesi della accertata dimostrazione di gravi conseguenze professionali e personali determinate dallo strepitus fori (Cass. pen., sez. IV, 6 giugno 2019, n. 39773) o di una diffusione della notizia esorbitante dalle comuni modalità di informazione e idonea ad indurre nel pubblico il convincimento dell’effettivo coinvolgimento dell’interessato (Cass. pen., sez. IV, 13 novembre 2018, n. 2624).
Circostanze apprezzabili, invece, ai fini dell’applicazione del criterio c.d. “equitativo” era reputata la perdita di chances lavorative, se adeguatamente provata (Cass. pen., sez. IV, 10 novembre 2020, n. 32891; Cass. pen., sez. IV, n. 39773 del 2019, cit.) ovvero gravi pregiudizi nei rapporti personali, quali l’arresto di una procedura adottiva e l’impossibilità di assistere un familiare gravemente malato (Cass. pen., sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 18361).
L’art. 314 cod. proc. pen., quindi, nel riconoscere il «diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita», collega testualmente lo stesso non al processo e ai pregiudizi da esso derivanti, ma alla custodia cautelare ed alle specifiche conseguenze prodotte da quest’ultima. Il criterio cd. “equitativo”, per la sua intrinseca natura, risponde all’esigenza di valutare compiutamente la specificità della singola vicenda in relazione ai profili normativamente rilevanti, ossia alle conseguenze personali e familiari.
Di conseguenza, è ragionevole assumere che detto criterio serva ad assegnare significato agli effetti della custodia cautelare che, nel singolo caso, eccedono gli ordinari pregiudizi derivanti da tale misura in ambito personale e familiare, alla “riparazione” dei quali si riferisce, in generale, il criterio c.d. “nummario” o “aritmetico”.
La liquidazione dell’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione è svincolata da parametri aritmetici o comunque da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa, che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà (Cass. pen., sez. IV, 6 ottobre 2009, n. 40906).
Alla luce dei predetti principi, la Corte di merito, con motivazione lineare e coerente, ha confermato la legittimità della liquidazione dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione effettuata, tenendo conto non soltanto dei parametri aritmetici, ma anche delle sofferenze morali patite e della lesione della reputazione conseguente allo strepitus fori.
In particolare, nell’ordinanza si è dato risalto ai seguenti fattori:
a) la natura traumatica dell’evento influente sulla psiche dell’arrestato, in considerazione dello stato di incensuratezza e della mancanza di pregresse carcerazioni;
b) le gravi sofferenze morali e ripercussioni sul piano professionale e sul piano familiare con conseguente grave danno all’immagine per il rilievo attribuito alla notizia dell’arresto da testate giornalistiche nazionali e locali;
c) il danno all’immagine ed alla vita di relazione, conseguente al discredito sociale derivante dalla diffusione della notizia dell’arresto;
d) lo strepitus fori, determinante la compromissione dell’immagine del soggetto ingiustamente sottoposto a custodia cautelare e inversamente proporzionale alla dimensione del contesto sociale in cui lo stesso viveva al momento dell’arresto, come dimostrato dall’allegazione delle copie di numerosi quotidiani che divulgavano la notizia dell’arresto in prima pagina con dovizia di particolari e con il nome e col cognome riportati accanto a quelli di altri soggetti tratti in arresto perché indiziati di appartenere all’associazione di stampo camorristico denominata “clan dei casalesi“.
Credito fotografico: l’autore della foto che illustra questo post è Michael Höfner (Nomo); la stessa è stata utilizzata da Wikipedia a corredo della voce “gogna”.
