Condanne per reati depenalizzati: possono giustificare il diniego della sospensione condizionale della pena (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 669/2024, udienza del 21 dicembre 2023, ha ribadito che il giudice di merito può utilizzare precedenti condanne dell’imputato per reati successivamente depenalizzati ai fini del diniego del beneficio della pena sospesa.

In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (cfr. Sez. 3, n. 30562 del 19/3/2014, Rv. 260136; conf. Sez. 2, n. 19298 del 15/4/2015, Rv. 263534; Sez. 3, n. 6641 del 17/11/2009 dep. 2010, Rv. 246184, in un caso in cui la Corte ha ritenuto esaustiva la motivazione della esclusione del beneficio fondata sul riferimento ai precedenti penali dell’imputato).

La Cassazione ha precisato ulteriormente che, ai fini del giudizio circa la concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi depenalizzati può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, da commettere ulteriori reati. (così Sez. 5, n. 34682 del 11/2/2005, Rv. 232312 – 01 che ha ritenuto legittimo il diniego del beneficio deciso dal giudice di merito sulla base della valutazione di precedenti condanne dell’imputato per emissione di assegni senza copertura, significative ai fini del giudizio prognostico; conf. Sez. 4, n. 41291 del 11/9/2019, Rv. 277355 – 01) A sostegno della correttezza delle argomentazioni oggetto di censura, sembra utile richiamare Sez. 7, ord. n. 30345 del 7/6/2023, Rv. 285098, secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena, anche dopo l’introduzione dell’art. 115-bis cod. proc. pen., teso a rafforzare la presunzione di innocenza in favore dell’indagato e dell’imputato, il giudice può fondare il giudizio prognostico di cui all’art. 164, co. 1, cod. pen. sulla capacità a delinquere dell’imputato desunta anche dai precedenti giudiziari ex art. 133, co. 2, n. 2 cod. pen., afferendo i medesimi, indipendentemente dall’essersi tradotti in una condanna definitiva, alla condotta e alla vita del reo, antecedenti al reato.