Secondo Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 30996/2023, udienza del 14 luglio 2023, la vicenda cautelare presuppone una visione unitaria e diacronica dei presupposti che la legittimano, nel senso che le condizioni cui l’ordinamento subordina l’applicabilità di una determinata misura devono sussistere non soltanto all’atto della applicazione del provvedimento cautelare ma anche per tutta la durata della relativa applicazione.
Adeguatezza e proporzionalità devono, quindi, assistere la misura, “quella” specifica misura, non soltanto nella fase genetica, ma per l’intero arco della sua “vita” nel processo, giacché, ove così non fosse, si assisterebbe ad una compressione della libertà personale qualitativamente o quantitativamente inadeguata alla funzione che essa deve soddisfare, con evidente compromissione del quadro costituzionale di cui si è innanzi detto (così, testualmente, Sez. U., n. 16085 del 31/03/2011, Khalil, Rv. 249324).
In tale contesto assume rilievo il principio di adeguatezza, che si ricollega a quello di gradualità delle misure cautelari e che deve essere osservato durante tutto l’iter cautelare, dalla richiesta di applicazione della cautela, alla istanza di revoca o sostituzione; l’art. 277 cod. proc. pen. dispone in tal senso che le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti delle persone ad esse sottoposte, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto.
