Tra i problemi più gravi e diffusi delle politiche pubbliche italiane e delle decisioni che le attuano vi è un’elevata dose di insensibilità ai dati reali che non di rado si accompagna alla loro ignoranza.
È come dire che l’ideologia di chi sta al potere basta a se stessa sicché il confronto con la realtà è avvertito non come una necessità ma come un fastidio e un ostacolo alla politica del fare.
Qualcosa del genere avviene a proposito del fenomeno immigratorio che nella narrazione privilegiata di alcune formazioni politiche viene associato ad effetti invariabilmente negativi quali l’annacquamento dell’identità nazionale, la perdita di posti di lavoro, l’aumento della criminalità, ai quali si risponde altrettanto invariabilmente con le armi tipiche di chi poco sa e molto presume.
Proviamo adesso a dare consistenza a questa affermazione e lo facciamo con il XXXII Rapporto immigrazione per l’anno 2023 a cura della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes (la cui sintesi ufficiale è allegata alla fine del post). Ne riporteremo, ove utile, passaggi testuali.
Il Rapporto immigrazione
…I numeri
Alla fine del 2022 risultano risiedere in Italia, secondo stime ISTAT, circa 5 milioni di cittadini stranieri stanziati prevalentemente al Nord (quasi per il 60% del totale) e al Centro (quasi il 25% del totale).
Quanto alla nazionalità, il primo posto è occupato dai rumeni (circa il 20%), seguiti da marocchini e albanesi (circa l’8% per entrambi).
I nuovi nati stranieri sono diminuiti di quasi il 30% nel decennio 2012/2021, passando da quasi 80.000 a meno di 57.000.
Diminuiscono anche le acquisizioni di cittadinanza (-7,5% solo tra il 2020 e il 2021).
…Il lavoro
Da otto trimestri il mercato occupazionale è in ripresa e di conseguenza diminuiscono sia la disoccupazione che l’inattività.
L’aumento dell’offerta di lavoro ha riguardato soprattutto i settori del turismo e ristorazione, dell’agricoltura e delle costruzioni.
L’87% degli occupati ha un lavoro dipendente, il restante 13% ha un lavoro autonomo.
…Gli ostacoli all’occupazione
Fra le difficoltà principali che i lavoratori stranieri riportano nel trovare un lavoro in Italia vengono indicate “la scarsa conoscenza della lingua italiana”, “discriminazioni dovute all’origine straniera”, “mancanza del permesso di soggiorno o della cittadinanza”, ovvero il “mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero”.
…La povertà
Sempre secondo stime ISTAT, vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione e 600 mila stranieri residenti, per un totale di oltre 614 mila nuclei familiari. Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere presenti in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti. La percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso risulta essere tra gli stranieri cinque volte superiore di quella registrata tra i nuclei di italiani.
Da un anno all’altro peggiora in modo preoccupante la condizione dei disoccupati: tra loro risulta povera quasi una persona su due; solo un anno fa toccava circa una persona su quattro. Accanto poi alle fragilità, in qualche modo prevedibili, di chi è senza un impiego, si aggiungono quelle di chi un lavoro lo possiede: il fenomeno della in-work poverty, ormai noto nel nostro Paese, ha registrato una forte recrudescenza negli ultimi anni, tra stranieri e non. Secondo le ultime stime Istat, il 7% degli occupati in Italia vive in una condizione di povertà assoluta, percentuale che sale al 13,3% tra i lavoratori meno qualificati, come gli operai o assimilati; e se a svolgere tali occupazioni sono persone di cittadinanza straniera il dato schizza al 31,1% (tra gli italiani è al 7,9%).
…L’istruzione
Il totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2021/2022, è di 872.360. Si tratta di poco meno di 7 mila alunni in più rispetto all’anno precedente (+0,8%), che aveva registrato una significativa flessione del numero totale, anche per ragioni dovute al periodo del Covid. Le regioni con la maggior presenza di questi alunni si confermano Lombardia (222.364), Emilia-Romagna (106.280) e Veneto (96.856). In quanto ai continenti di provenienza, la maggior parte è originaria dell’Europa: sono 384.333, il 44,1% del totale. Una presenza, quella europea, caratterizzata dall’apporto delle due principali cittadinanze estere nelle scuole italiane da diversi anni, Romania e Albania. Seguono le provenienze da Africa, Asia e America. In quanto alle università, se ammonta al 6% il totale degli studenti con cittadinanza straniera iscritti all’anno accademico 2021/2022, quanti hanno conseguito il diploma all’estero (international students) sono il 3,4% del totale. In 10 anni il numero di international students è aumentato del +65,5%, mentre quello dei foreign students (universitari di cittadinanza straniera, ma con diploma conseguito in Italia) del +67,5%.
…La salute
Su 6.687.015 dimissioni registrate nel 2021, 6.252.763 sono relative a cittadini italiani e 426.740 a cittadini non italiani, pari al 6,4% del totale. La quota più significativa dei ricoveri ha come diagnosi principale le complicazioni della gravidanza, parto e puerperio (25,6%); seguono, a significativa distanza, le malattie dell’apparato respiratorio (8,7%). Considerando l’età della madre, si evidenzia anche per le straniere la prevalenza di madri di 30 anni e più, anche se nel complesso le madri straniere sono tendenzialmente più giovani (29,2 anni è l’età media delle donne straniere al primo figlio, contro i 32,1 anni per le italiane).Se permane una differenza significativa nel numero medio di figli per donna (nel 2021 il tasso di fecondità delle italiane era pari a 1,18 e quello delle straniere residenti in Italia a 1,87), più in generale è il modello di fecondità delle straniere che appare adattarsi progressivamente al contesto italiano, che da molti punti di vista non facilita la natalità. Il tasso di abortività delle donne straniere mostra una tendenza alla diminuzione, essendo passato dal 17,2 per 1.000 donne nel 2014 al 12,0 per 1.000 donne nel 2020. Si tratta tuttavia di un tasso di 2,4 volte superiore a quello delle italiane. Sul fronte sanitario, il contributo dei cittadini stranieri residenti in Italia dice di 77.500 professionisti sanitari di origine straniera nel 2022, di cui il 65% sprovvisto della cittadinanza italiana. Di questi, 22 mila sono medici, oltretutto per la maggioranza laureati in Italia, e 38 mila sono infermieri, cui si aggiungono odontoiatri, fisioterapisti, psicologi e farmacisti. Pur operando dovunque, non possono partecipare ai concorsi per l’inserimento nel SSN: non a caso, negli ultimi 6 anni circa il 30% dei professionisti stranieri è tornato nel Paese di origine, in particolare nei Paesi dell’Est Europa e nei Paesi arabi.
…Criminalità
Nel dibattito pubblico il binomio immigrazione-sicurezza rimane di stringente attualità, generando un diffuso clima di paura e di intolleranza. Nel 2022 la componente straniera è rimasta sostanzialmente in linea con il dato dell’ultimo anno, con 17.683 detenuti stranieri su 56.196, pari al 31,4% della popolazione carceraria complessiva. Di questi 16.961 sono uomini e 722 donne. La presenza estera è decisamente giovane, considerato che una grossa fetta dei reclusi ha un’età compresa tra i 30 e i 39 anni. Il continente africano si conferma il più rappresentato in carcere, con un numero di detenuti (9.510) superiore alla metà dei ristretti stranieri (53%). In particolare, sono i detenuti nordafricani a ingrossare le fila dell’area geografica in questione, con i carcerati provenienti dal Marocco (3.577) e dalla Tunisia (1.797) che rappresentano da soli il 56% della componente africana. Segue poi il continente europeo, con 5.801 detenuti, pari al 32% dei detenuti stranieri. In linea con il dato generale, i reati contro il patrimonio (8.951 detenuti) e quelli contro la persona (7.609) rappresentano i principali motivi di detenzione per i detenuti stranieri. A seguire, i reati in materia di stupefacenti (5.811) e quelli contro la pubblica amministrazione (3.466). Tra i reati più contestati agli stranieri rientrano, poi, quelli in materia di immigrazione (1.428). Il reato di associazione di associazione di stampo mafioso, invece, se è il sesto per numero di contestazioni tra i detenuti italiani, tra gli stranieri incide ancora in maniera modesta (277). Rispetto all’anno precedente, si è invece assistito ad un consistente aumento degli ingressi di minori in carcere, sia italiani sia stranieri: questi, tuttavia, sopravanzano numericamente gli italiani. Nel 2022, infatti, i dati dei nuovi ingressi hanno fatto registrare complessivamente 1.016 ingressi, di cui 496 italiani e 520 stranieri. Un fenomeno, almeno in parte, connesso alle gang giovanili in Italia. Nel discorso pubblico, invece, è quasi del tutto assente la dimensione di vittima di chi alle condizioni di fragilità e di precarietà, proprie del migrante, aggiunge quella di persona offesa da un reato. Gli stranieri danno conto di una prevalenza di reati contro il patrimonio. In particolare, nel 2021, gli stranieri hanno denunciato di avere subito furti (60.417 furti, 11.789 furti con destrezza e 1.455 furti con strappo), danneggiamenti (11.199), oltre ad essere stati vittima di truffe e frodi informatiche (16.431). Seguono, tra i reati contro la persona, le denunce per lesioni dolose (10.471) e le minacce (7.633), senza trascurare le 967 denunce presentate dalle donne straniere per violenza sessuale. Alla condizione di vittima di reato si accompagnano discriminazioni di vario genere di cui gli stranieri sono vittima quotidianamente, talvolta con il marchio delle istituzioni: dall’accesso alle prestazioni sociali a quello per gli alloggi pubblici, il catalogo è assai vasto e sfaccettato.
…Narrazione mediatica del fenomeno immigratorio
A 10 anni dalla tragedia di Lampedusa molto è cambiato nel racconto della mobilità in Italia.
Sulla spiaggia di Steccato di Cutro, alla sabbia e ai relitti si mescolano una minore empatia e una maggiore indifferenza. L’informazione italiana dà rilevanza ad entrambi i casi, ma in modo differente per intensità e durata: 61 notizie il 3 ottobre 2013, con una trattazione che si protrae per almeno 3 mesi; 37 notizie il 27 febbraio 2023, con una copertura di poco più di 2 mesi. Le differenze, però, non si limitano al piano quantitativo, ma coinvolgono in profondità anche i contenuti della comunicazione. Se a Lampedusa prevale una cornice umana e umanitaria, la cornice sui fatti di Cutro si può definire in prevalenza securitaria, per giunta inserita nella più ampia dialettica sugli arrivi via mare, sui rischi della traversata e sulle addotte responsabilità politiche e nei soccorsi. I frame principali sono quelli della sicurezza e del diritto internazionale. Se, anche in conseguenze della guerra in Ucraina, aumentano le “voci” delle persone migranti nell’informazione italiana, non a tutte è offerta pari opportunità di esprimersi. Nel complesso, il confronto tra lo stile dell’informazione sulle vicende di Lampedusa e di Cutro mostra come il clima sociale e politico in Italia sia cambiato negli ultimi dieci anni e quanto l’attenzione dei media al tema dell’immigrazione in Italia sia sempre più orientata all’allarmismo.
…Cultura migrante, sue rappresentazioni e suoi prodotti
Il tema della cultura migrante è tanto significativo per la comprensione della nostra società quanto ampio ed eterogeneo. Mantenere l’aggettivo “migrante” affiancato a “cultura” ha anche l’obiettivo di valorizzare tale produzione, dandole spazio all’interno dell’immensa proposta culturale offerta nel nostro Paese, sia in chiave di arricchimento favorito dal confronto con le diversità sia in quella di sensibilizzazione del pubblico riguardo al tema migratorio. Discorso a parte va fatto per le nuove generazioni di italiani: la loro sempre più ricca produzione culturale non è ascrivibile alla cultura migrante in senso stretto, se non quando questi stessi artisti “usano” coscientemente la cultura per farsi ponti fra comunità migranti e società tutta. La maggiore integrazione che caratterizza le nuove generazioni rispetto ai loro genitori stranieri dà esito a opere dalla differente sensibilità. Ci si confronta sul tema del linguaggio: tornare a curare il nostro linguaggio è sacrosanto per rivestire il nostro status umano, in grado di usare in modo efficiente la ragione. Se l’ecologia ambientale è diventata oggi un pilastro nella politica, dobbiamo pensare che serve anche una cura ecologica linguistica. Per la sua capacità di dare visibilità alle crisi migratorie globali che hanno investito anche l’Europa, il cinema di migrazione ha ispirato un interesse senza precedenti nell’immaginario di cineasti provenienti da contesti internazionali, coinvolti in attività di impegno sociale e politico. Per quanto riguarda la questione delle pari opportunità, però, ci si domanda dove siano le donne registe: il cinema italiano dovrebbe includere la voce autoriale delle donne migranti ed inserirla in un discorso corale in modo paritario.
Il commento
Il rapporto curato congiuntamente dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes, fondato su dati accuratamente raccolti, ci racconta una verità per molti aspetti differente dalla vulgata prevalente.
Non siamo stati invasi dai migranti: ne ospitiamo cinque milioni che rappresentano all’incirca un dodicesimo della popolazione stanziata sul territorio italiano.
Gli stranieri non si stanno sostituendo agli italiani: i loro figli nati in Italia diminuiscono costantemente e non si può certo dire che regaliamo la cittadinanza a chiunque la chieda.
Non stanno assumendo il controllo del nostro Paese né dando la scalata alle istituzioni e alle aziende nazionali: quasi nove immigrati su dieci tra quelli che hanno un’occupazione sono lavoratori dipendenti e per di più in settori, come l’agricoltura, non particolarmente attrattivi per la manodopera italiana; li impieghiamo quasi sempre nelle postazioni più basse della piramide professionale e non ci preoccupiamo troppo di rimuovere gli ostacoli che gli impediscono di accedere a postazioni migliori o perfino di accedere al lavoro.
Li paghiamo poco, così poco da accentuare il fenomeno della in-work poverty, cioè la condizione di chi fatica a campare pur lavorando.
Tendiamo a discriminarli negandogli o rendendogli complicato l’accesso a prestazioni sociali.
Creiamo ostacoli anche agli stranieri istruiti e qualificati, come nel caso dei medici e degli altri esercenti professioni sanitarie ai quali permettiamo di lavorare ma impedendogli la partecipazione ai concorsi per l’accesso al servizio sanitario nazionale.
Teniamo in carcere poco meno di 18.000 stranieri che rappresentano circa il 31% della popolazione detenuta ma ci preoccupiamo poco o nulla dei reati nei quali gli stranieri sono parti offese.
Ci preoccupiamo di meno che in passato delle tragedie collettive che li riguardano, bene accompagnati in questo crescente disinteresse dal sistema dei mass-media che gli dedica meno tempo e meno spazio.
Non prestiamo sufficiente attenzione alla crescente contaminazione culturale prodotta dagli stranieri, ci incuriosisce ma non troppo, non vi destiniamo le risorse che servono per creare un ponte tra noi e “gli altri”.
Ecco, dovremmo fare di più e meglio per comprendere quel mondo che viene a bussare alle nostre porte, non dimenticando che in un passato non troppo lontano “gli altri” eravamo noi.
