Bozza di regolamento delle specifiche tecniche degli atti da indirizzare presso il portale di deposito degli atti penali (di Mattia Serpotta)

L’art. 13 bis del D.M. 44 del 2011, così come introdotto dal D.M. 217 del 2023, identifica il portale quale unica modalità di “trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni nel procedimento penale” e rimanda invece all’art. 34 la disciplina delle “specifiche tecniche” degli atti.

Il comma 1 dell’art. 34 attribuisce al “responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia” il compito della loro regolamentazione.

Il comma 3, così come modificato dal D. M. 217 del 2023, prevede infine che, fino all’emanazione delle nuove specifiche tecniche, continuino ad applicarsi quelle già adottate e tuttora vigenti, con un implicito richiamo dunque a quelle disciplinate dal provvedimento del D.G.S.I.A. dell’11.7. 2023.

In data 4.1.2024, sul sito del P.S.T., è stata pubblicata una “bozza” di regolamento delle nuove specifiche tecniche (allegata alla fine del post), da sottoporre al parere del Garante per la protezione dei dati personali e dell’Agenzia per l’Italia digitale.

Ad una prima lettura, non si segnalano novità particolarmente significative.

Secondo l’art. 14, “l’atto del procedimento civile o penale in forma di documento informatico, da depositare telematicamente nell’ufficio giudiziario” dovrà rispettare i soliti requisiti:

a) è in formato PDF o PDF/A;

b) è privo di elementi attivi;

c) è ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;

d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna.

Quanto ai documenti informatici “allegati”, compresa la “procura alle liti rilasciata su supporto analogico”, l’art. 15 prevede che la trasmissione sia consentita nei seguenti formati:

a) documenti impaginati – PDF o PDF/A (.pdf), con dimensioni cm 21,00 per 29,70 (formato A4), Rich-Text Format (.rtf).

b) Immagini raster – JPEG (.jpg, .jpeg), TIFF (.tif, .tiff), GIF (.gif).

c) Video – formati video delle famiglie MPEG2 e MPEG4 (.mp4, .m4v, .mov, .mpg, .mpeg), AVI (.avi).

d) Suono: MP3 (.mp3), FLAC (.flac), audio RAW (.raw), Waveform Audio File Format (.wav), AIFF (.aiff, .aif).

e) Testo – TXT (.txt).

f) Ipertesto – XML Extended markup language (.xml).

g) Posta elettronica – eml (.eml), purché contenenti file nei formati di cui alle lettere precedenti (a-f)

h) Posta elettronica – .msg, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere da a) a g).

i) Formato compresso: è consentito l’utilizzo dei seguenti formati compressi purché contenenti file nei formati previsti alle lettere precedenti: .zip, .rar, .arj.

Gli allegati sono sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata soltanto nei casi previsti dalla legge.

La disposizione riproduce quella già prevista dal provvedimento del D.G.S.I.A. dell’11.7.2023 e in particolare il principio per cui, in assenza di previsioni normative espresse, da ritenersi pertanto tassative, i documenti allegati al P.P.T. non dovranno essere firmati digitalmente. 

L’art. 18 disciplina infine i diversi e possibili “esiti” della trasmissione dell’atto, risolvendo anche alcuni dubbi interpretativi posti dalla normativa vigente.

Il portale, al termine della procedura di invio, genererà una “ricevuta di accettazione” che, ai sensi dell’art. 13 bis, attesta, anche agli effetti di cui all’art. 172 c.p.p., l’avvenuto deposito, ma non anche il suo “accoglimento”. Sul punto, si tornerà più avanti.

A seguito dell’invio, infatti, i sistemi informativi ministeriali procederanno alla “verifica” ed “accettazione automatica” del deposito, se vi è “corrispondenza tra i dati inseriti ed i dati di registro del procedimento penale”: ciò avviene, giova ricordarlo, “senza intervento degli operatori di segreteria e di cancelleria”.

Nell’ipotesi in cui non si registri tale coincidenza e quindi l’automatica associazione dell’atto al procedimento, ricorrerà una “anomalia bloccante” e il sistema segnalerà la dicitura “in verifica”. Solo in questo caso, il personale potrà appunto procedere alle opportune “verifiche”.

Persistendo il predetto difetto di associazione dell’atto al procedimento, anche a seguito della verifica del personale, il deposito sarà rifiutato e la motivazione dovrà essere indicata al portale.

Appare dunque, finalmente e chiaramente, regolamentato il perimetro di azione del personale di cancelleria, cui non saranno più consentite, come spesso accaduto in questi anni, valutazioni di merito in ordine all’accoglimento del deposito, e con esse sull’efficacia dell’atto, diverse dalla mera verifica della coincidenza tra i dati inseriti dal difensore e quelli del procedimento penale.

Ciò consente di risolvere anche il tema interpretativo, a oggi rimasto inesplorato e tuttora aperto, relativo agli effetti di un atto correttamente trasmesso, ma il cui deposito sia stato rigettato perché, ad esempio, non accompagnato dall’atto abilitante oppure perché non corrispondente alle specifiche tecniche vigenti: si pensi, ad esempio, al caso del rigetto del deposito di una dichiarazione di nomina dell’indagato, laddove il Pubblico Ministero ometta successivamente di notificare al difensore l’avviso ex art. 415 bis c.p.p.

Potendo, secondo la bozza in esame, il rigetto essere ancorato esclusivamente alla mancata coincidenza dei dati, e non anche a qualsiasi altra ragione rimessa alla valutazione del personale di cancelleria, solo nel primo caso il deposito potrà e dovrà correttamente essere rifiutato e quindi inteso come non avvenuto.

In tutti gli altri casi, invece, sarà semmai compito dell’Autorità procedente esprimersi sull’ammissibilità − validità − efficacia dell’atto ritualmente depositato.

L’art. 18 definisce “errore tecnico”, terminologia che molti difensori hanno purtroppo sperimentato proprio in questi giorni, una non meglio precisata “anomalia bloccante” consistente in un “errore di trasmissione”. In questo caso, l’incolpevole difensore sarà invitato a depositare nuovamente l’atto. Va da sé infatti che, non essendosi perfezionata neanche la trasmissione, e con essa l’accettazione del sistema, il deposito non potrà dirsi perfezionato.

Deve invece registrarsi una modifica terminologica di non poco rilievo. L’art. 18 parla infatti di “accettazione” e non più di “accoglimento” del deposito. Segnatamente, l’accettazione è:

l’intervenuta associazione dell’atto inviato al procedimento di riferimento. L’associazione è automatica nel caso di coincidenza tra i dati inseriti sul PDP ed i dati di registro del procedimento penale e, quando previsto, in presenza dell’atto abilitante di cui all’articolo 17 comma 2. L’associazione è ad opera del cancelliere o del segretario qualora, dopo le verifiche, sia stato individuato univocamente il procedimento di riferimento. Nel caso di denuncia, di querela e di istanza di procedimento, l’accoglimento equivale al ricevimento ed iscrizione del procedimento nel ReGeWEB da parte della procura della Repubblica”.

Pur distinguendo due fasi diverse del deposito, vi è dunque una coincidenza terminologica tra “accettazione”, intesa come ricezione dell’atto da parte del sistema e la cui ricevuta è generata con il mero “invio”, così come previsto dal comma 9 dell’art. 18, e “accettazione”, prevista dal punto c) del comma 15, intesa come fase di accoglimento – dunque successiva alla prima e alla verifica automatica o da parte del personale della coincidenza tra i dati inseriti e quelli del procedimento − del deposito.

Come visto più sopra, non è dubitabile tuttavia che alla prima ipotesi si riferisca l’art. 172 c.p.p. e soprattutto l’art. 13 bis del D.M. 44 del 2011, laddove stabilisce che “gli atti e i documenti si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione da parte del portale dei depositi telematici, che attesta il deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente, senza l’intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria, salvo il caso di anomalie bloccanti”.

All’art. 18, comma 6, con una norma di rango secondario che deroga alle norme del codice di rito, viene purtroppo ancora una volta ribadita la necessità di allegare un “atto abilitante”, laddove venga trasmessa in Procura la dichiarazione di nomina del difensore e non sia stato ancora emesso o non sia previsto uno degli avvisi di cui agli articoli 408, 411 o 415 bis codice di procedura penale.

Secondo la definizione di cui all’art. 2, lett. b), l’atto abilitante è quello “da cui risulti la conoscenza dell’esistenza in una procura della Repubblica di un procedimento relativo al proprio assistito e il relativo numero di registro”. Continua a non farsi alcun riferimento, invece, al nominativo del Pubblico Ministero titolare del fascicolo, il cui inserimento è però richiesto in sede di compilazione del form al portale.

Nella bozza, infine, nessuna sanzione processuale è stata testualmente prevista per il caso in cui il documento non rispetti le specifiche tecniche vigenti.

In difetto di una disciplina espressa, la quale in ogni caso, quandanche fosse in futuro regolamentata, lascerebbe aperto il tema della compatibilità con quella prevista dal codice di rito, fonte di rango superiore, sembra ancora una volta più corretta l’idea che tale violazione non sarà sanzionabile neanche dall’Autorità procedente.