Opporsi al disinteresse verso l’ingiusta detenzione e le responsabilità di chi l’ha causata? Un magistrato l’ha fatto, ecco la storia (di Riccardo Radi)

Come documentato ogni anno dalla relazione del Ministro della Giustizia sulle misure cautelari personali, le autorità giudiziarie italiane munite di potere cautelare, allorché intravedano esigenze cautelari, prediligono il ricorso alle misure custodiali.

Nell’ultima relazione disponibile, quella pubblicata lo scorso anno in relazione al 2022, si documenta (nello schema 1) che, ogni 100 misure emesse, 57 sono di tipo custodiale e, tra queste, ben 30 in carcere.

Dalla stessa relazione (commento allo schema 8) emerge che una misura personale coercitiva su dieci è stata emessa in un procedimento che ha avuto come esito l’assoluzione o il proscioglimento dell’accusato e che, ancora, circa 14 misure dello stesso tipo sono state emesse in procedimenti conclusi con condanna alla quale è stato associato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

È perfino superfluo sottolineare che in questo ampio contenitore, riferito a circa un quarto delle misure complessivamente emesse nel 2022 (oltre 80.000 per la precisione), sono stipati procedimenti nei quali la sconfessione dell’impianto indiziario accusatorio è avvenuta progressivamente e non lo ha quindi inficiato ab origine, ma resta comunque una percentuale significativa di casi (e per significativa si intende riferita a migliaia e migliaia di persone) nei quali il potere cautelare è stato esercitato scorrettamente fin dall’inizio.

Terzultima Fermata si è interessata più volte di questo fenomeno, della sostanziale indifferenza dei decisori pubblici e dell’altrettanto sostanziale disinteresse verso eventuali profili di colpa di coloro cui è addebitabile l’effetto deprecabile dell’ingiusta detenzione.

Lo ha fatto sull’ovvio presupposto che non possono esistere poteri senza responsabilità.

Eppure questa scontata equazione pare non funzionare quando si tratta di perseguire i fautori delle “manette a manetta”.

Pochissimi i casi di incolpazioni disciplinari, quasi inesistenti le condanne.

Eppure, perfino in questa terra di nessuno, in cui vagano soltanto i fantasmi di coloro che hanno subito l’oltraggio dell’ingiusta privazione della libertà senza che nessuno gli chieda scusa, c’è ancora qualcuno che ci crede, che prova a ripescare quell’equazione e a darle effetto.

C’è un magistrato che fa il suo dovere, prova a reagire a questo sempre latente “stato di eccezione” (ma sarebbe più onesto definirlo privilegio castale), chiama le cose col loro nome e chiede che si chieda conto a chi dovrebbe renderlo.

Non è un eroe perché non è eroico fare correttamente il proprio mestiere, non è neanche un cavaliere solitario perché non mancano e non sono neanche pochi i magistrati che fanno giustizia.

Ma non fanno rumore e non fanno sistema e questo fa sì che il loro lavoro sia complicato e i suoi risultati incerti.

La storia che racconto ha come protagonista un magistrato che fa parte della Procura generale della Repubblica presso un’importante Corte di appello.

Gli è toccato valutare una domanda di riparazione per ingiusta detenzione.

Ha letto (non scontato), ha riflettuto (raro), ha espresso parere favorevole al suo accoglimento (rarissimo) ed infine (quasi surreale) ha chiesto la trasmissione degli atti al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione nella sua veste di contitolare dell’azione disciplinare, perché valuti se nella vicenda sottostante all’istanza riparatoria siano rinvenibili condotte di eventuale rilievo disciplinare e al contempo chieda alla Corte d’appello adita di trasmettere gli atti al PG presso di essa quale titolare dell’azione disciplinare nei confronti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che prestano servizio nel distretto giudiziario interessato e hanno condotto le indagini, affinché valuti eventuali condotte aventi rilevanza disciplinare ai sensi degli artt. 16 e 17 disp. att. c.p.p.

Finita la mia sintesi, e mi dispiace di essermi prolungato, passo la parola al magistrato che ha collezionato questa serie di rarità.

Ecco la parte finale della sua requisitoria scritta:

Per quanto esposto è indubbio che [segue il nome dell’istante] mai avrebbe dovuto essere arrestato difettando ab origine il requisito dei gravi indizi di colpevolezza, essendo la sola ricognizione fotografica di due parti offese in presenza di numerosi profili di inattendibilità, certamente sub-valente, e comunque da valutare con estremo rigore, rispetto alla certezza che egli non faceva parte del gruppo di aggressori che avevano trascorso insieme la notte [segue l’indicazione della data].

Ma ancora più indubbio, semmai possibile, è il fatto che [segue il nome dell’istante]  mai avrebbe dovuto essere mantenuto in stato di custodia cautelare in carcere oltre  [segue l’indicazione della data] posto che al giudice era stato fornito, nella quasi immediatezza dell’esecuzione della misura cautelare, un alibi, dichiarato e documentato, facilmente verificabile in poche ore, se solo lo si fosse voluto, confermato dall’indagato e confermato indirettamente anche da due dei suoi co-arrestati interrogati dal giudice lo stesso giorno e prima del [segue il nome dell’istante].

Una tale sequenza di errori, di superficialità, quali quelli evidenziati che, se trasferiti in un ambiente professionale diverso ma analogamente delicato quale, ad esempio, quello ospedaliero, avrebbe certamente causato gravi danni al o la morte del paziente con la conseguenza, altrettanto certa e giusta, che un Pubblico Ministero avrebbe aperto un’indagine per accertare eventuali errori e superficialità (tecnicamente: colpa) commessi nell’iter ospedaliero e giustamente un G.I.P. sarebbe stato chiamato a giudicare sugli errori e le superficialità (tecnicamente: colpe) accertate.

Mi fermo qui.

Per tutti i motivi esposti il Procuratore Generale

C H I E D E

Che la … sezione penale della Corte d’Appello, deliberando in Camera di Consiglio, voglia accogliere la domanda e riconoscere a [segue il nome dell’istante] una tanto equa quanto congrua riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta, inoltre

C H I E D E

Che la … sezione penale della Corte d’Appello trasmetta gli atti al Procuratore Generale della Corte di Cassazione quale titolare dell’azione disciplinare, affinché valuti eventuali condotte aventi rilevanza disciplinare ai sensi del D. Lvo n. 109/2006, infine

C H I E D E

Che la … sezione penale della Corte d’Appello trasmetta gli atti al Procuratore presso la Corte d’Appello di … quale titolare dell’azione disciplinare nei confronti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che prestano servizio nel Distretto e hanno condotto le indagini, affinché valuti eventuali condotte aventi rilevanza disciplinare ai sensi degli artt. 16 e 17 disp. att. c.p.p.

                                                                   IL PROCURATORE GENERALE

Quel magistrato il suo l’ha fatto, poco da dire e molto di cui essergli grati quali cittadini interessati alla buona amministrazione della giustizia.

Cosa ne sarà delle sue richieste lo sanno solo le stelle e, se me lo diranno, scriverò la seconda parte di questa bella storia.