Ci sono offese di serie A e di serie B e ci domandiamo retoricamente perché se un PM (o giudice) offende un avvocato in udienza può al più, essere accusato di diffamazione… mentre offendere un magistrato è oltraggio.
In un processo (giusto processo) con parità processuale (e dignità) delle parti, non dovrebbero uniformarsi questi reati?
Perché la nostra categoria (associativa) non si batte per questo elementare e semplice principio di equità e ragionevolezza che renderebbe ancora più effettiva la parità processuale?
Questi tre interrogativi sono rimasti senza risposta nel corso di una conversazione con il collega Giovanni Destito.
Questa evidente disparità che vede l’avvocato che offende un pubblico ministero rischiare l’incriminazione per oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 codice penale) che prevede una pena da sei mesi a tre anni e in caso di fatto determinato la reclusione arriva da 2 anni a 5 anni, mentre nel caso di un pubblico ministero che offenda un avvocato si può ipotizzare una diffamazione con una pena alternativa di multa o giammai reclusione fino a un anno e per fatto determinato fino a 2 anni.
Questa disparità è l’emblema della diversa dignità delle parti processuali.
Recentemente la cassazione sezione 6 con la sentenza numero 24774/2022 ha confermato la condanna di un avvocato che aveva oltraggiato un pubblico ministero, ritenendo che: “ … dovesse considerarsi responsabile delle offese rivolte al magistrato in udienza, non per il tono o il volume della voce, ma per la oggettiva capacità delle frasi pronunciate di ledere l’interesse giuridico protetto che si identifica con il rispetto dovuto alle funzioni giudiziarie esercitate da un magistrato in quel contesto funzionale.
In tale ottica, le parole impiegate dal prevenuto, l’aver fatto ripetutamente riferimento a profili di negligenza, imperizia e ignoranza, oltre che l’invito sarcastico a studiare principi che si insegnano agli studenti del primo anno della facoltà di giurisprudenza, avevano avuto ad oggetto apprezzamenti oggettivamente offensivi della reputazione e del prestigio del magistrato preso di mira.
Le valutazioni dei giudici di merito risultano, dunque, coerenti con l’insegnamento di questo Supremo Collegio che ha avuto modo più volte di puntualizzare come integrino gli estremi del delitto de quo le espressioni e gli apprezzamenti denigratori della reputazione e del prestigio rivolti, anziché agli atti e ai provvedimenti, direttamente alla persona del magistrato (così, tra le altre, Sez. 5, n. 31267 del 14/09/2020, Lanzetta, Rv. 279750-01; Sez. 6, n. 20085 del 26/04/2011, Prencipe, Rv. 250070) e ciò perché, come si è chiarito nella giurisprudenza costituzionale, “tutti gli atti e ogni condotta nel processo devono rispecchiare il dovere di correttezza anche nelle forme espressive usate dalle parti” (Corte cost., sent. n. 380 del 1999)”.
Tutto giusto, tutto coerente ma rimane sospesa la domanda se è l’avvocato che offende il pubblico ministero l’offesa è di serie A mentre al contrario è di serie B, C o D?
La parità delle parti richiederebbe che ci sia una parità della dignità e della sanzione in caso di offesa altrimenti si conferma il pensiero di Stanislaw Jerzy Lec: “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti a coloro che devono applicarla”.

Ottimo interrogativo!
Meriterebbe un approfondimento. Anche perchè se l’avvocato offeso è in aula l’ingiuria non è reato………mentre l’oltraggio a magistrato in udienza è un reato grave…….forse occorrerebbe distinguere tra offesa al P.M. (da parificare all’offesa al difensore) e oltraggio al giudice (attempt of Court)……….ma implicherebbe una differenza derivante dalla separazione delle carriere…..utopia….
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