Sostituzione pena detentiva in pecuniaria e il trattamento di maggior favore nei procedimenti per decreto penale (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 51243 depositata il 21 dicembre 2023 ha ricordato che in materia di sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria, la disciplina introdotta dall’art.1, comma 53, legge 23 giugno 2017, n.103, che consente al giudice di determinare la sanzione sostitutiva della pena detentiva non più nei termini fissi stabiliti dall’art. 135 cod. pen., ma in misura variabile (tenendo conto della condizione economica dell’imputato e del suo nucleo familiare), trova applicazione solo nel caso di procedimento per decreto penale. 

L’art. 1, comma 53, legge 23 giugno 2017 n. 103 ha, infatti, introdotto, nell’art. 459 cod. proc. pen. (in tema di procedimento per decreto penale), il comma 1 bis, che consente al giudice di determinare la misura della sanzione penale, sostitutiva della pena detentiva, non più nei termini generali stabiliti dall’art. 135 cod. pen. (euro 250 per ogni giorno di pena detentiva), ma in misura variabile (tenendo conto della condizione economica dell’imputato e del suo nucleo familiare) da un minino di euro 75 ad un massimo pari al triplo di tale somma, per ogni giorno di pena detentiva.

Il ricorrente assume che tale trattamento di maggior favore debba applicarsi, non al solo caso del procedimento per decreto/ ma a tutti i casi in cui la pena detentiva può essere trasformata in pena pecuniaria e, quindi, anche nel caso di specie, ove, ad esito del prescelto rito abbreviato, la sanzione detentiva è stata sostituita in quella pecuniaria ai sensi dell’art. 53 legge 24 novembre 1981 n. 689.

Tale pretesa è però priva di fondamento.

È infatti evidente che il legislatore, nell’introdurre, con la legge n. 103/2017, nell’art. 459 cod. proc. pen. il comma 1 bis, ha inteso favorire la definizione contratta del processo penale, ad evidenti fini deflattivi, consentendo, nel solo caso del rito alternativo del decreto penale, il più semplificato fra quelli previsti dall’ordinamento, un’ulteriore contrazione della risposta sanzionatoria (laddove poi la pena può essere già diminuita in misura maggiore rispetto agli altri riti semplificati, della metà piuttosto che di un terzo come nel caso dell’applicazione concordata della pena e del giudizio abbreviato).

Si tratta pertanto di una disposizione di favore giustificata dal risparmio di attività processuali e che, per tale ragione, non può essere considerata, come vorrebbe il ricorrente, una norma di applicazione generale, se non ponendo in dubbio l’intero impianto premiale del codice di rito. (Sez. 5, Sentenza n. 9400 del 21/12/2017 Ud. (dep. 01/03/2018) Rv. 272281 – 01).