Vigilia di Natale: la libertà vale più di un paio di scarpe? (di Francesco Buonomini)

24 dicembre, domenica, vigilia di Natale.

Attraverso una Roma grigia e deserta, varco la soglia della palazzina A del tribunale penale di piazzale Clodio …deserto…

Tre procedimenti di convalida di arresto, di due dovrò occuparmi io.

Uno degli arrestati é Tom, lo chiamerò così.

È indiano, fa il parcheggiatore abusivo, è senza fissa dimora, vive ai margini della società. Parla poco italiano ma lo capisce al punto da non aver bisogno dell’interprete.

Ascoltando la relazione dell’operante che lo ha arrestato e, soprattutto, vedendo il modo con il quale Tom resta imperturbabile, quasi impermeabile, a quello che gli succede intorno, capisco che non sta bene e che quello di cui lo accusano non può essere stato commesso da una persona che goda di perfetta salute mentale.

Faccio emergere la mia impressione e, fortunatamente, incontro la sensibilità del giudice che rigetta la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dal PM e lo libera senza misura alcuna.

Si procede con un rinvio per incardinare un rito abbreviato condizionato ad una perizia per verificare la sua capacità di intendere e di volere.

Finito il processo Tom, che cerco di scrollare dal suo torpore spiegandogli per filo e per segno cosa dovrà fare, e soprattutto di non perdersi per strada, si alza e … mi accorgo solo allora che non indossa le scarpe.

Sì, la vigilia di Natale dell’anno Domini 2023 quest’uomo gira scalzo.

Nel deserto non riesco a trovargli nulla da indossare, nonostante gli sforzi delle guardie giurate e dei poliziotti che gli avevano almeno recuperato dei calzini non bucati e che, comunque, mi rassicurano che riportandolo in ufficio per gli adempimenti di rito qualcosa avrebbero recuperato.

Di fronte a tanta miseria una pena mi stringe il cuore con la PM che mi sussurra: “lo vede avvocato che era meglio il carcere almeno mangiava, stava al caldo e delle scarpe gliele avrebbero rimediate?“.

Può un avvocato, chiamato a difendere la libertà personale di ogni cittadino senza distinzione di genere, censo, nazionalità e religione anche solo per un attimo cedere alla tentazione di pensare che, sì, forse, era meglio il carcere per il suo difeso? Anche se non lo meritava il fatto, non lo meritava la persona, anche se quello di cui ha bisogno sono solo cure e attenzioni? Possibile che la rete di protezione della nostra società sia così a maglie larghe? Possibile che in un paese civile un uomo alle soglie del 2024 possa girare per strada al freddo e al gelo senza scarpe? Vale un paio di scarpe la sua libertà?

No, io non credo! Credo che ognuno debba svolgere il suo compito e che quello dell’avvocato troppo spesso e troppo in silenzio vada oltre l’aula di giustizia. Difendiamo i ricchi e i poveri, i dotti e gli analfabeti, di fiducia o d’ufficio, per tutelare nel miglior modo possibile la loro libertà, ma troppo spesso ci troviamo caricati dei loro diversi problemi essendo i primi e a volte unici punti di riferimento a colmare le lacune di una società in cui raramente ognuno va oltre il suo compitino. Uno stato in cui se ti succede di domenica, vigilia di Natale puoi anche rimanere senza scarpe oppure augurarti di finire in carcere.

Ebbene Tom, la vigilia di Natale ha ricevuto il dono di rimanere libero e … scalzo.

Sperando davvero che in questo momento stia percorrendo la sua strada con un bel paio di scarpe ai piedi auguro a lui e a tutti quelli che hanno bisogno di vedere tutelata la loro libertà ad ogni livello di non perdersi lungo il tragitto.