Confisca per equivalente: è una sanzione penale e come tale è soggetta al principio della irretroattività (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 51385/2023, udienza del 10 ottobre 2023, ha deciso un ricorso che poneva la questione dell’irretroattività della confisca per equivalente e, per farlo, ha dovuto chiarire la natura di tale istituto.

Norme di diritto penale sostanziale: sono tali tutte quelle capaci di incidere negativamente sull’an, sul quantum e sul quomodo della punibilità

La dottrina ha tradizionalmente attribuito la natura di norme di diritto penale sostanziale sia alle norme giuridiche che stabiliscono quali siano i reati e le pene che a quelle che disciplinano le cause che condizionano, escludono o modificano la punibilità, riservando all’area del diritto processuale penale le norme giuridiche aventi ad oggetto l’attività degli organi statali diretta all’accertamento dello ius puniendi ed evidenziando come, accanto a norme di chiara collocazione, ve ne siano altre, principalmente quelle che attengono al decorso del tempo, le quali potrebbero essere rilevanti tanto per il processo quanto per i rapporti di diritto materiale e per le quali si pone sovente un problema di “riconoscibilità”.

Lo statuto garantistico, che il diritto costituzionale (art. 25, secondo comma, Cost.) riserva alle norme penali sostanziali, ha portato la dottrina, anche recente, a ritenere che, se l’art. 25, secondo comma, Cost. stabilisce che la sanzione penale  può essere applicata (“nessuno può essere punito …”) a chi abbia commesso un fatto di reato, sempre che una legge sia entrata in vigore anteriormente alla commissione del fatto stesso (“… se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”), ciò significa che tutte le norme che alla commissione di un fatto, qualificato come reato, riconnettono l’effetto della punizione sono “coperte” dalla garanzia della irretroattività. Ciò comporta che il divieto di retroattività delle leggi penali sfavorevoli ricomprende nel concetto di “punizione” e di “legge penale” tutte le norme che incidano negativamente sull’an, sul quantum e sul quomodo della punibilità.

Giurisprudenza costituzionale

La recente giurisprudenza costituzionale ha attribuito natura sostanziale a norme dell’ordinamento penitenziario e dell’ordinamento processuale ritenute, in passato, anche dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 24561 del 30/05/2006, A., Rv. 233976 – 01), assoggettate al principio del tempus regit actum, ed ha affermato, coniugando il principio di irretroattività delle norme penali in peius con quello di prevedibilità, che il divieto di retroattività mira ad assicurare al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità delle conseguenze cui si esporrà trasgredendo il precetto penale per garantirgli, in linea generale, la certezza di libere scelte d’azione e per consentirgli, nell’ipotesi in cui sia instaurato un procedimento penale a suo carico, di compiere scelte difensive sulla base di ragionevoli ipotesi circa i concreti scenari sanzionatori a cui potrebbe andare incontro in caso di condanna (Corte cost., sent. n. 32 del 2021). Sulla scia della predetta decisione, la Corte costituzionale ha posto in evidenza il principio (di carattere generale) in forza del quale «quando ad una fattispecie di rilievo processuale conseguono significativi effetti di natura sostanziale produttivi di conseguenze in malam partem i quali impediscono che la fattispecie estintiva della punibilità si realizzi, la disciplina deve ritenersi coperta dal divieto di retroattività a causa della sua valenza sostanziale, pur mediata dalla regola processuale, cosicché la previsione normativa ricade comunque nell’area di applicazione del principio di legalità (…)», ribadendo che una persona accusata di un reato deve poter conoscere ex ante (ossia al momento della commissione del fatto) la fattispecie di reato, l’entità della pena con proiezione, entro certi limiti, anche alle modalità della sua espiazione (Corte cost., sent. n. 140 del 2021).

Tutele di fonte convenzionale e giurisprudenza interna che le valorizza

Occorre, poi, tenere conto anche del fascio di tutele convenzionali delineate dall’art. 7 CEDU, in stretta relazione, per quanto qui interessa, all’ambito di applicabilità del principio di irretroattività in peius nella materia penale, all’interno della quale la confisca per equivalente è classificata dall’ordinamento nazionale e da quello sovranazionale. Siccome una delle ragioni poste a fondamento del divieto di retroattività della norma penale in peius risiede nell’esigenza di garantire al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità circa le conseguenze cui si esporrà trasgredendo il precetto penale (le cosiddette libere scelte d’azione), il tempo in cui è realizzata la condotta vietata è centrale rispetto alle modifiche temporali del quadro esistente al momento del compimento delle scelte individuali.

Le Sezioni unite della cassazione hanno già affermato che, in tema di successione di leggi penali nel tempo, nel caso in cui l’evento del reato intervenga nella vigenza di una legge penale più sfavorevole rispetto a quella in vigore al momento in cui è stata posta in essere la condotta, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta (Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, P., Rv. 273934 – 01), richiamando, in coerenza con la ratio di garanzia del principio di irretroattività, l’art. 7, paragrafo 1, della CEDU, che sancisce il divieto di applicazione retroattiva delle norme penali incriminatrici e, in generale, delle norme penali più severe, in modo da assicurare, come ha precisato la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che, nel momento in cui un imputato ha commesso l’atto che ha dato luogo all’azione penale, esista una disposizione legale che renda l’atto punibile e che la pena imposta non abbia superato i limiti fissati da tale disposizione (Corte EDU, sentenza 22 giugno 2000, Coéme c. Belgio, § 145).

Parallelamente, anche il principio di legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost. esige che, al momento del fatto commesso, il soggetto abbia non soltanto la necessaria conoscibilità del precetto, ma anche la conoscibilità e prevedibilità della sanzione penale prevista per la relativa violazione. Sotto tale profilo, è allora utile osservare come l’art. 7 CEDU appresti uno scudo per assicurare che la norma penale sia “accessibile” per il destinatario, anche sotto il profilo sanzionatorio e che le conseguenze della condotta siano assistite dal requisito della “prevedibilità” (Corte cost. sent. n. 364 del 1988).

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – così come conformemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU – non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale di una norma penale, allorquando il risultato interpretativo non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa (Sez. 2, n. 21596 del 18/02/2016, Rv. 267164 – 01; Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Rv. 256584 – 01; Sez. U. n. 15229 del 22/09/2022, Rv. 284209; Sez. U. n. 38678 del 29/09/2022).

Analisi del caso sottostante al ricorso: imprevedibilità della confisca per equivalente come conseguenza della condotta nel momento in cui questa fu tenuta

Nel caso in esame, è possibile affermare che, allorquando il ricorrente ha posto in essere le condotte contestate, non fosse ragionevolmente prevedibile, al di fuori di una pronuncia di condanna in senso formale, l’applicazione di una sanzione penale, come la confisca per equivalente, nei casi in cui la legge penale ne avesse previsto l’irrogazione a seguito della realizzazione di un’infrazione penalmente rilevante.

Perciò, alla luce delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte EDU, si ricava che nel “fuoco della prevedibilità” debbano farsi rientrare anche le conseguenze sanzionatorie della condotta, in modo da garantire l’effettiva prevedibilità anche di esse al momento della commissione del fatto, senza che il legislatore, modificando la normativa, possa realizzare nei confronti del destinatario un effetto “a sorpresa” e, dunque, imprevedibile, in quanto ciò si porrebbe in contrasto con l’art. 7 CEDU e, quindi, con l’art. 117 Cost.

La Corte EDU ha poi precisato che le norme in materia di retroattività, contenute nell’art. 7 della Convenzione si applicano soltanto alle disposizioni che definiscono i reati e le pene che li puniscono, con la precisazione che, quando una disposizione che il diritto interno definisce processuale ha un’influenza sulla severità della pena da infliggere, per la Corte EDU tale disposizione deve essere qualificata come «diritto penale materiale», a cui è applicabile l’ultimo capoverso dell’articolo 7 § 1 (Scoppola c. Italia (n. 2), § 110-113, in tema di applicazione di una disposizione del codice di procedura penale relativa alla severità della pena da infliggere quando il processo si sia svolto secondo il rito abbreviato).

La disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen. ha natura mista (sostanziale e processuale) ed è pertanto soggetta al principio di irretroattività

Pertanto, rispetto allo ius superveniens e all’operatività del principio di irretroattività, occorre avere riguardo all’intera disciplina «in forza» della quale si è o non si è «puniti». Di conseguenza, ha natura anche di diritto sostanziale l’art. 578-bis cod. proc. pen. e ciò rende inapplicabile la disposizione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge che tale disposizione ha introdotto. La disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., ha natura mista (processuale e sostanziale) e sulla base della natura sostanziale della disposizione de qua, è applicabile ad essa sia il regime garantistico apprestato dall’art. 25, secondo comma, Cost. che quello convenzionale apprestato dall’art. 7 CEDU con particolare riferimento al divieto, che qui interessa, di retroattività in materia penale.

La sentenza impugnata non considera che l’art. 578-bis cod. proc. pen. – consentendo al giudice dell’impugnazione, allorquando è stata ordinata la confisca per equivalente, di decidere, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato – non sia una norma meramente ricognitiva di un principio esistente nell’ordinamento, sebbene non codificato, ma sia una norma che ha natura in parte costitutiva, perché attributiva del potere, in precedenza precluso al giudice, di mantenere in vita una pena (la confisca per equivalente) che, anteriormente all’introduzione dell’articolo 578-bis cod. proc. pen., non poteva, secondo il diritto vivente, in alcun modo essere applicata nel caso di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Pertanto, la natura pienamente costitutiva della disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen. esclude che la confisca di valore possa essere retroattivamente applicata a fatti commessi quando, nel caso di estinzione del reato, tale misura non era in alcun modo adottabile nei confronti dell’autore del reato, quand’anche ne fosse stata accertata la responsabilità penale.

Un tale principio valeva per la confisca in forma diretta, ma non anche per la confisca di valore, la quale, per essere applicata, nei giudizi di merito, esige che sia stata emessa una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (come per la confisca ex art. 75 comma 7 d.lgs. n. 159/2011 e che, per essere mantenuta nei giudizi di impugnazione, richiede che una espressa disposizione di legge (l’art. 578-bis cod. proc. pen. appunto) ne consenta il mantenimento e che rimanga inalterato il giudizio di responsabilità penale (v. Sez. U. n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, Esposito, non mass.). In conclusione, la disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen. ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale ed è, pertanto, inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, che ha introdotto la suddetta disposizione», con la conseguenza che essendovi stata condanna in primo grado in data 13.2.2020, con l’applicazione della confisca per euro 240.375,56, poiché successivamente è intervenuta la prescrizione del reato in data 31.7.2020, la Corte di appello non poteva mantenere il provvedimento ablatorio, come confisca per equivalente.

In considerazione di tali ragioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla confisca per equivalente che in parte qua va revocata, mentre va rigettato nel resto il ricorso.