Immobili edificati in zona sottoposta a vincolo idrogeologico senza il prescritto nulla-osta: i chiarimenti della Cassazione (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 50500/2023, udienza camerale del 23 novembre 2023, ha avuto ad oggetto un ricorso avverso un’ordinanza del tribunale del riesame che ha confermato il sequestro preventivo di due distinti corpi di fabbrica per i quali è stata contestata l’ipotesi di interventi edilizi realizzati in zona sottoposta a vincolo idrogeologico in assenza della prescritta autorizzazione.

Il collegio ha anzitutto ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 20571 del 28/04/2010, Rv. 247189 – 01; Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, Rv. 283035; Sez. 3, n. 11579 del 19/01/2023, n.m.; Sez. 3, n. 48931 del 16/11/2022, n.m.), l’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi è sostanzialmente riservato al giudice di merito, in quanto presuppone necessariamente la verifica degli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione, mentre il controllo riservato alla sede di legittimità ha ad oggetto la correttezza giuridica dell’accertamento di merito sul punto.

Spettanza al giudice di merito dell’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi per il rilascio di titoli abilitativi

Il collegio ha anzitutto ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 20571 del 28/04/2010, Rv. 247189 – 01; Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, Rv. 283035; Sez. 3, n. 11579 del 19/01/2023, n.m.; Sez. 3, n. 48931 del 16/11/2022, n.m.), l’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi è sostanzialmente riservato al giudice di merito, in quanto presuppone necessariamente la verifica degli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione, mentre il controllo riservato alla sede di legittimità ha ad oggetto la correttezza giuridica dell’accertamento di merito sul punto.

Ha ricordato altresì che, in tema di reati edilizi, l’accertamento della correttezza dei procedimenti amministrativi per il rilascio dei titoli abilitativi è un giudizio di fatto, fondato sulla verifica di atti della pubblica amministrazione, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, concernente, invece, la correttezza giuridica di detto accertamento (Sez. 3, n. 13075 del 08/02/2019, Rv. 275858; Sez. 5, n. 34508 del 28/05/2021, n.m.).

Il collegio aggiunge che, considerata la natura sommaria del giudizio cautelare, la verifica della regolarità dei procedimenti amministrativi non può certamente essere effettuata in termini esaustivi in sede di riesame, essendo fondato l’accertamento dell’esistenza del fumus dei reati sulle prospettazioni della pubblica accusa, che non appaiano errate sul piano giuridico ovvero non siano contraddette in modo inconfutabile dalla difesa.

Mancato rilascio del nulla-osta ai fini idrogeologici

…Deve preesistere all’attività edilizia e non può formarsi per silenzio-assenso

Scendendo alle valutazioni in punto di diritto, il primo profilo da considerare è quello relativo al valore del nulla-osta a fini idrogeologici e alle conseguenze del suo mancato rilascio.

Sul punto, la giustizia amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 6048 del 25/08/2021) ha stabilito il principio secondo cui, in ragione della autonomia dell’esercizio del potere del rilascio del nulla osta idrogeologico da parte della preposta autorità, esso «precede e condiziona la legittimità dei provvedimenti la cui adozione è collegata alla previa valutazione della compatibilità degli interventi da autorizzarsi con l’assetto idrogeologico dell’area interessata». Nella decisione appena citata si esclude inoltre in radice che il rilascio di un nulla osta idrogeologico possa realizzarsi per silentium, ostando a ciò il chiaro disposto dell’art. 20, comma 4, L. 7 agosto 1990, n. 241, ad avviso del quale l’istituto del silenzio assenso non si applica «agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico [omissis]».

…Non può essere concesso in sanatoria previo accertamento di conformità

Lo stesso Consiglio di Stato, stavolta in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato (Sez. 2, n. 4562 del 31/10/2012), ha poi affermato che il R.D. 3267/1923 non prevede alcuna ipotesi di rilascio di nulla-osta «postumo» da parte del soggetto preposto alla tutela del vincolo; ciò determina la conseguenza che le opere realizzate sono insuscettibili di sanatoria mediante il procedimento di accertamento di conformità in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. cit. Tale modalità di regolarizzazione formale dell’abuso, infatti (mediante rilascio di permesso di costruire in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda) è espressamente limitata alle sole violazioni della disciplina urbanistica ed edilizia, e non può, quindi, accedersi a tale procedura in presenza di inosservanza delle norme apprestate dall’ordinamento per la tutela dei vincoli di altra natura e tipologia, quale quello idrogeologico.

…Un precedente isolato della Cassazione che ammette la sanatoria

La citata pronuncia del giudice amministrativo si pone in termini difformi rispetto ad una isolata pronuncia di questa Corte (Sez. 3, n. 11960 del 22/12/2010, Rv. 249747 – 01) secondo cui «anche in presenza di un vincolo idrogeologico può trovare applicazione la procedura di accertamento di conformità prevista e disciplinata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36, ma la conclusione positiva della procedura medesima resta subordinata al conseguimento dell’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela di quel vincolo».

…Il contrasto è solo apparente poiché le competenze connesse al vincolo idrogeologico appartengono alle Regioni e ognuna di esse è legittimata a istituire ipotesi di rilascio postumo dell’autorizzazione

L’apparente contrasto può essere composto ove si consideri che manca, nella legislazione di settore del vincolo idrogeologico, la previsione esplicita di un istituto generalizzato della sanatoria; tuttavia, poiché il legislatore, con l’articolo 61, comma 5, del d. lgs. 152/2006, ha stabilito che le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni, esse possono prevedere (in analogia con quanto previsto per la sanatoria «urbanistica») ipotesi di rilascio postumo dell’autorizzazione (è il caso, ad esempio, della Regione Emilia-Romagna, v. Delibera di G.R. n. 1117 dell’11 luglio 2000, par. 2.4.2.).

Pertanto, la procedura di accertamento di conformità sarà possibile solo laddove la disciplina applicabile alla singola Regione preveda la possibilità di un nulla-osta in sanatoria, circostanza che, nel caso di specie, non risulta dalla documentazione a disposizione della Corte.

…Natura e finalità del vincolo idrogeologico

In ogni caso, dalle pronunce sopra evidenziate si evince che il vincolo idrogeologico costituisce presidio posto a tutela di un bene giuridico diverso da quello della tutela del paesaggio e dell’assetto del territorio, ossia quello dell’assetto idrico e geologico del territorio stesso, ritenuto dal legislatore così importante da costituire, in caso di violazione delle relative norme, elemento preclusivo alla domanda di sanatoria (quantomeno in assenza di regolarizzazione mediante autorizzazione).

…L’assenza di nulla-osta implica non un reato paesaggistico ma edilizio poiché vizia la sequenza procedimentale che ha condotto al rilascio del titolo abilitativo

Quanto alla violazione della normativa relativa al vincolo idrogeologico, se va confermato il principio secondo cui (Sez. 3, n. 43731 del 24/09/2009, Rv. 245208 – 01) l’esecuzione di interventi edilizi in zona sottoposta a vincolo idrogeologico non integra il reato paesaggistico ma quello edilizio, non essendo tale vincolo ricompreso tra quelli tassativamente elencati dalla lett. c) dell’art. 44 cit., come tali insuscettibili di estensione analogica, appare evidente che l’assenza dell’espresso parere in materia idrogeologica vizia la sequenza procedimentale che ha condotto al provvedimento autorizzativo, rendendolo così illegittimo (considerazione che rende priva di pregio la censura di irragionevolezza relativa alla intervenuta depenalizzazione dell’art. 24 r. d. 3267/1923).

In tal senso, il collegio ribadisce che, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione (Sez. 3, n. 12389 del 21/07/2017, Rv. 271170 – 01), l’attività svolta dal giudice in presenza di un titolo abilitativo edilizio illegittimo consiste nel valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare l’atto amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della pubblica amministrazione, e che «in disparte l’ipotesi dell’illiceità del provvedimento, la illegittimità rilevante per il giudice penale non può che essere quella derivante dalla non conformità del titolo abilitativo alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni normative di settore, dovendosi, al contrario, radicalmente escludersi la possibilità che il mero dato formale dell’esistenza del permesso di costruire possa precludere al giudice penale ogni valutazione in ordine alla sussistenza del reato», per concludere nel senso che «l’attività svolta dal giudice in presenza di un titolo abilitativo edilizio illegittimo consiste quindi nel valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare l’atto amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della P.A.» (conformi: Sez. 3, n. 46477 del 13/07/2017, Rv. 273218 – 01; Sez. 3, n. 56678 del 21/09/2018, Rv. 275565 – 01).

Non appare, pertanto, apparente la motivazione dell’ordinanza laddove ritiene che «quando l’autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico è necessariamente connessa, come nel caso in esame, all’intervento edilizio (essendo inserita nella procedura SUAPE per il rilascio del titolo abilitativo, provvedimenti che il citato allegato B ricomprende non a caso nel paragrafo XXI, tra i titoli connessi all’intervento edilizio) la sua assenza si riflette sulla legittimità del provvedimento unico conclusivo nel procedimento amministrativo, prendendo le opere eseguite prive del regolare titolo abilitativo, con la conseguenza che, al di là della eventuale sanzione amministrativa per la violazione delle prescrizioni imposte dal vincolo idrogeologico, viene in rilievo la disciplina di settore che sanziona penalmente la realizzazione di opere in assenza di legittimo titolo abilitativo urbanistico e paesaggistico».

Conferenza dei servizi

Quanto alla conferenza di servizi, il collegio evidenzia come l’articolo 54, comma 1, lettera b), della I. 221 del 28/12/2015, abbia modificato il comma 1-bis dell’articolo 5 del d.P.R. n. 380/2001 nel senso che lo sportello unico per l’edilizia (SUAP) deve acquisire presso le amministrazioni competenti, anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, dell’assetto idrogeologico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Il successivo comma 2, lettera e), dell’art. 54, ha modificato l’articolo 20, comma 8, del d.P.R. 380/2001, prevedendo che il silenzio-assenso non si perfeziona nei casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9, il quale a sua volta prevede che il termine per la determinazione di cui alla conferenza di servizi (comma 6), qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto a vincoli di assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Tale disciplina viene integrata, come emerge da pag. 18 del provvedimento impugnato, con l’articolo 31 della L. Runico», si svolge in conferenza di servizi e non può essere frazionato «per l’acquisizione asincrona dei diversi titoli abilitativi necessari per il medesimo intervento».

Riassunzione delle argomentazioni precedenti

Dalla ricostruzione normativa dianzi evidenziata, per quello che il collegio evince dagli atti sua disposizione, si evince che, laddove sull’immobile gravi un vincolo idrogeologico:

1. non è applicabile la procedura di silenzio assenso;

2. il nulla-osta non può essere surrogato dalla conferenza di servizi;

3. il provvedimento implicito o esplicito, di permesso a costruire non può essere rilasciato in assenza di nulla osta idrogeologico;

4. l’eventuale permesso rilasciato in assenza del suddetto nulla-osta, deve ritenersi illegittimamente rilasciato, con conseguente possibilità, per il giudice penale, di accertare la sussistenza degli elementi costitutivi dei delitti di cui agli articoli in rubrica.

Il collegio aggiunge un dettaglio importante, riportato nell’impugnata ordinanza: l’omessa acquisizione, all’interno della conferenza di servizi, del parere del CFS, quale autorità preposta al rilascio del nulla-osta a fini idrogeologici, non fu frutto di negligenza dei Forestali o di dimenticanza da parte del Comune che coordinava i lavori della CDS, ma costituì il portato della mendace affermazione del coindagato tecnico incaricato dal il quale (capo c) della rubrica) indicò falsamente nella modulistica che accompagnava le due varianti (nn. 334/20 e 143/22), che l’area non fosse interessata a vincolo ex r. d. 3267/1923 (circostanza, del resto, non censurata dal ricorrente). Tale mendacio, che ha avuto sicuramente una efficienza causale determinante nel mancato dipanarsi della conferenza di servizi secondo il suo iter regolare, colora pertanto di illiceità «derivata» tutta la sequenza procedimentale, con le conseguenze evidenziate al paragrafo che precede in ordine alla valutazione da parte dell’autorità giudiziaria della sussistenza in concreto degli elementi della fattispecie di reato. Ritiene, conclusivamente (e correttamente), il Tribunale del riesame, che «il mancato intervento alla conferenza dei servizi dell’amministrazione interessata, per effetto in questo caso della condotta di falso contestata al capo c) della contestazione provvisoria, determina un vizio di illegittimità del procedimento di formazione del titolo abilitativo unico, essendo quel parere (come già osservato) prescritto per legge, sicché il titolo suddetto risulta inefficace e inidoneo ai fini autorizzativi, a nulla rilevando che i pareri urbanistici e paesaggistici endo-procedimentali siano stati favorevoli, considerando che è proprio all’interno della conferenza di servizi che matura il provvedimento finale che tiene conto di tutti i profili pubblici in gioco, il cui esito sarebbe potuto essere influenzato, anche in senso eventualmente negativo per l’istanza del privato, proprio dal parere pretermesso».

Il motivo è pertanto infondato.

Periculum in mora

La giurisprudenza della Corte è molto rigorosa, nella valutazione della sussistenza del requisito del periculum in mora, in riferimento a manufatti i cui lavori siano ultimati.

Ad esempio, Sez. 3, n. 50336 del 05/07/2016, Rv. 268331 – 01 ha precisato che in tema di sequestro preventivo di manufatti abusivi realizzati in zona soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale, il «periculum in mora» non può essere desunto solo dalla esistenza ed entità delle opere ultimate, essendo invece necessario dimostrare che l’effettiva disponibilità materiale o giuridica delle stesse, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente pregiudicare il bene protetto dal vincolo, sulla base di un accertamento da parte del giudice circa l’incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela (conf.: Sez. 3, n. 37923 del 10/06/2022, n.m.).

Ancora, si è ritenuto (Sez. 3, n. 37923 del 10/06/2022, n.m.) che in tema di reati paesaggistici «il periculum in mora non può essere desunto dalla sola esistenza della struttura, ma bisogna accertare, caso per caso, che l’effettiva disponibilità del bene possa deteriorare ulteriormente il bene protetto dal vincolo paesaggistico».

Nel caso di specie, tuttavia, ci si trova di fronte ad opere tuttora in corso. Trattandosi di opere non ultimate, il Tribunale del riesame ha ravvisato in modo certo non illogico il pericolo di aggravamento delle conseguenze dannose dei reati contestati, in quanto, secondo la giurisprudenza della Cassazione (v. da ultimo Sez. 3, n. 32324 dell’01/06/2022, n.m.) è legittimo il sequestro preventivo di manufatto non ultimato, in quanto, in tal caso, l’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione è, di per sé, condizione sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove esso insiste, indipendentemente dalla natura e dalla entità degli interventi da eseguire per ultimarlo (Sez. 3, ord. n.49220 del 06/11/2014, Rv.261215-01).

Il Tribunale, infatti, dopo aver riportato in modo dettagliato i rilievi critici mossi dalla Difesa, ritiene che «essa non considera il dato successivamente concretizzatosi in fase di indagini, ovvero l’illegittimità del titolo abilitativo e la conseguente irregolarità dell’intero intervento edilizio. L’argomentazione difensiva, pertanto, si colloca in una prospettiva per un verso non più attuale, tenuto conto del limite temporale dell’ordinanza di sospensione, ormai superato, e per un altro verso solo parziale, in quanto rapportata a singole porzioni del complesso immobiliare in costruzione riscontrate di formi dal titolo abilitativo conseguito a seguito delle citate varianti. Purtuttavia, è indubbio che in assenza di un vigente ordine di sospensione dei lavori questi potrebbero oggi proseguire, come correttamente osservato dal giudice impugnato». Aggiunge il Tribunale del riesame che, medio tempore, «le indagini hanno evidenziato ben altro … ovvero il vizio originario concernente l’intero intervento edilizio per essere stato operatore emesso nel procedimento amministrativo mediante conferenza di servizi il necessario parere in materia di geologica …[omissis] … E’ chiaro pertanto che la cautela non riguarda solo i manufatti irregolari di cui al capo a), oggetto di ordine di demolizione, ma l’intero intervento edilizio che risulta ancora in corso di costruzione, circostanza pacifica e peraltro evidenziata dalla stessa difesa, che ha prodotto la foto aerea della zona … che consente di apprezzare l’esistenza di un vero e proprio cantiere edile, con la presenza di una gru e di alcune ruspe, nonché di manufatti non ancora completati».

Conclude nel senso che la libera disponibilità del complesso immobiliare «che allo stato risulta nella sua totalità abusiva o per assenza originaria di un titolo abilitativo legittimo …[omissis] … consentirebbe agli indagati di proseguire e portare a compimento i lavori, nonché li accedere e permanere senza vincolo alcuno all’interno di edifici realizzati all’interno di un’area caratterizzata allo stato, nel rischio idrogeologico anche elevato di frana, con conseguente rilevante pericolo anche per l’incolumità pubblica».

Come appare evidente, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, l’impugnata ordinanza non si è limitata al generico richiamo all’ordinanza di sospensione dei lavori, anche se, a tal proposito, non appare ultroneo rammentare quella giurisprudenza della Cassazione (Sez. 3, n. 47372 del 24/11/2011, Rv. 251964 – 01) secondo cui «l’intervenuta sospensione dei lavori disposta in via amministrativa non comporta, per ciò solo, la mancanza del requisito del “periculum in mora”, essendo comunque necessario accertare se detta sospensione possa soddisfare le esigenze poste alla base del vincolo cautelare». Nel caso di specie, al contrario, è proprio il venir meno del presidio cautelare amministrativo ad essere utilizzato, quale elemento suppletivo di motivazione, per giustificare il pericolo di reiterazione del reato, rendendo la censura evidentemente infondata. L’ordinanza impugnata chiarisce, del resto, che non può attribuirsi alcun valore differenziato (e qui il riferimento torna anche alla censura formulata nel secondo motivo di ricorso, relativo al fumus, oltre che al quinto, relativo al periculum) ai due corpi di fabbrica, dovendosi fare necessario riferimento all’intervento edilizio nel suo complesso.

I motivi vanno quindi rigettati in quanto infondati.