La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 39832/2023 ha stabilito che in tema di prova scientifica, il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che ne caratterizzano la formazione, con la conseguenza che i tecnici di parte:
a) devono avere la possibilità di presenziare al conferimento dell’incarico e alla formulazione del quesito;
b) devono essere posti in condizione di partecipare alle operazioni tecniche;
c) ove la parte lo richieda, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o nell’incidente probatorio), senza che a tal fine sia necessario che la partecipazione dei medesimi allo svolgimento delle operazioni peritali sia stata “reattiva”, in quanto caratterizzata dalla proposizione di specifiche critiche avverso il metodo utilizzato dal tecnico d’ufficio.
La Suprema Corte ha evidenziato che alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale intervenuta sul tema del contraddittorio tra esperti in sede processuale, il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che ne caratterizzano la formazione.
Invero, un pregresso orientamento esegetico riduceva grandemente i margini di intervento dei testimoni qualificati nell’istruttoria dibattimentale, ritenendo non configurarsi un diritto all’esame del consulente di parte a seguito di quello dei periti di ufficio, qualora non si fosse manifestata materia su cui estendere o approfondire l’indagine, ovvero mancasse l’individuazione di punti controversi su cui suscitare il diretto contraddittorio orale.
Si osservava infatti che non sussiste per il giudice l’obbligo di esaminare, dopo il perito, il consulente tecnico dell’imputato che non abbia esplicato alcuna forma di intervento al momento del conferimento dell’incarico al perito o nel corso delle operazioni peritali (Sez. 6, n. 12610 del 14/01/2010, Rv. 246725; n. 27928 del 01/04/2014, Rv. 261641; Sez. 1, n. 54492 del 05/04/2017, Rv. 271899).
A tale impostazione risulta improntata la decisione della sentenza in esame, che espressamente vi si appella nel rilevare che “quando il giudice procede a perizia, il contraddittorio con i consulenti del Pm e della difesa deve esplicarsi nel corso del procedimento peritale, a mezzo della proposizione di specifiche indagini, formulando osservazioni e riserve, nei termini previsti dall’art. 230 cod. proc. pen.
Non possono invece le parti presentare i propri consulenti tecnici a seguito della relazione dei periti ove non abbiano partecipato all’attività peritale, in quanto diversamente opinando si violerebbe il principio del contraddittorio”.
A seguito di tale opzione, la Corte territoriale ha ratificato la decisione della prima Corte di Assise che – verificata la marginale partecipazione dei consulenti della difesa, prof. T. e dr.ssa D. B., alle operazioni peritali, senza presenziare nemmeno all’incontro finale del 19/6/2019 – aveva escluso detti esperti dal contraddittorio processuale, non consentendo neanche il deposito della relazione di consulenza a firma dei predetti, ritenendo tali attività dei consulenti della difesa tardive ed estranee al contraddittorio nella sede in cui primariamente avrebbe dovuto esercitarsi.
Orbene, tale opzione esegetica deve essere superata, alla stregua di una impostazione del tema più garantista e, non secondariamente, più aderente alle indicazioni sistematiche riguardanti l’intervento processuale dei testimoni esperti, quale l’art. 152 disp. att. cod. proc. pen., disposizione che facoltizza le parti a presentare al dibattimento – anche senza citazione, come riprende pure l’art. 468, comma 3, cod. proc. pen. – i propri consulenti tecnici, nominati a norma dell’art. 225 del codice di rito, e che contrasta con la tesi della loro esclusione qualora non abbiano svolto attività positive in sede di perizia.
In tal senso depongono anche gli artt. 230, comma 3, e 233, comma 1, cod. proc. pen., laddove prevedono il diritto a nominare consulenti tecnici “dopo l’esaurimento delle operazioni peritali”, ovvero quando non è stata disposta perizia, anche in tali casi assicurandosi la facoltà dei consulenti tecnici di parte di esporre al giudice il proprio parere.
Si sono già registrati arresti di legittimità ispirati ad un deciso superamento della precedente giurisprudenza restrittiva, con affermazione del principio per cui «In tema di prova scientifica, il diritto al contraddittorio deve essere tutelato in tutte le fasi che ne caratterizzano la formazione, con la conseguenza che i tecnici di parte: a) devono avere la possibilità di presenziare al conferimento dell’incarico e alla formulazione del quesito; b) devono essere posti in condizione di partecipare alle operazioni tecniche; c) ove la parte lo richieda, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o nell’incidente probatorio), senza che a tal fine sia necessario che la partecipazione dei medesimi allo svolgimento delle operazioni peritali sia stata “reattiva”, in quanto caratterizzata dalla proposizione di specifiche critiche avverso il metodo utilizzato dal tecnico d’ufficio» (Sez. 2, n. 19134 del 17/03/2022, Rv. 283187).
E si è anche indicato che «il rigetto in udienza della richiesta di esaminare il proprio consulente in contraddittorio con il perito determina una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che deve essere dedotta, dalla parte che vi assiste, prima del compimento dell’atto, ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo» (Sez. 3, n. 12815 del 08/02/2023, P., Rv. 284350).
Vale la pena segnalare che tale onere era stato assolto dalla difesa del P., la quale aveva eccepito, tra l’altro, la nullità derivante dall’esclusione dei consulenti della difesa, nella prima udienza utile, quella del 29/11/2019, depositando memoria in cui denunciava la nullità dell’ordinanza di rigetto della prova contraria consistente nell’esame dei consulenti di parte.
Le ragioni di tale condivisa presa di posizione meritano di essere rinnovate in questa sede.
È stato evidenziato che “Il diritto al contraddittorio nella formazione della prova scientifica, è garantito oltre che dalla nostra Carta fondamentale, anche dal diritto convenzionale, che ha chiarito come in tale area lo stesso si risolva nel tutelare la “parità delle armi” (art. 6 § 1 Convenzione EDU), ovvero nell’offrire all’accusato la possibilità di contrastare le tesi del tecnico di parte o di ufficio attraverso la tesi veicolata nel processo dal proprio consulente”.
Si è conseguentemente rilevato che “Non consentire alla parte che lo richiede che il proprio tecnico esprima in contraddittorio le ragioni del dissenso sulle conclusioni del perito, denegando l’esame sulla base della acquiescenza mostrata nel corso delle operazioni peritati, integra invece una lesione del diritto di difesa, dato che si impedisce alla parte di “contraddire” una prova sfavorevole con le armi disponibili, che nel caso della prova scientifica si traducono nella veicolazione nel processo di un parere tecnico antagonista“.
I riflessi di tale opzione, nel caso in esame, impongono di annullare l’impugnata sentenza, apprezzandosi una effettiva violazione del diritto di difesa dell’imputato, che non potrebbe ritenersi sanata nemmeno a fronte della acquisizione della memoria difensiva del 12/12/2019, in cui erano state inserite le osservazioni dei consulenti tecnici di parte (come hanno segnalato le sentenze di merito).
Invero, la mera illustrazione di un parere cartolare, in un processo ancora caratterizzato da oralità ed immediatezza qual è quello ordinario penale, non assume la stessa capacità dimostrativa di un confronto diretto in contraddittorio, e in ogni caso risulta un mero espediente recuperatorio di una esigenza – quella del costante confronto tra periti e tecnici di parte – che anche per questa via si riconosce compressa e sostanzialmente denegata.
