Gestore o esercente di apparecchi da gioco: è incaricato di pubblico servizio e compie peculato se si impossessa dei proventi del gioco senza versarli al concessionario (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 47670/2023, udienza dell’11 luglio 2023, pronunciandosi su un ricorso in tema di peculato, ha ricordato che, secondo le Sezioni unite, tale delitto è integrato dalla condotta del gestore o dell’esercente degli apparecchi da gioco (leciti di cui all’art. 110, sesto e settimo comma, TULPS), che si impossessi dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del Prelievo Erariale Unico (PREU), non versandoli al concessionario competente, in quanto il denaro incassato appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della sua riscossione (in motivazione, la Corte ha precisato che il concessionario riveste la qualifica formale di “agente contabile” ed è incaricato di pubblico servizio, funzione cui partecipano il gestore e l’esercente essendo loro delegate parte delle attività proprie del concessionario).

In particolare, le Sezioni unite hanno chiarito che: tutti i proventi del gioco presenti negli apparecchi, al netto del denaro restituito quale vincita agli scommettitori, appartengono all’Amministrazione; il peculato, quanto al gestore, non discende dal mancato pagamento del PREU quale imposta, ma dall’indebita appropriazione dell’intero incasso prelevato dagli apparecchi di cui una (maggior) parte, ma non il tutto, destinata al pagamento del PREU; l’esercente e il gestore assumono la qualifica di incaricato di pubblico servizio e, in particolare, il denaro che le figure di supporto dell’attività del concessionario hanno in gestione non può mai definirsi a loro appartenente, atteso che il rapporto del gestore con il denaro che raccoglie dagli apparecchi è di detenzione nomine alieno, che ai fini dell’art. 314 cod. pen., integra la condizione di altruità della cosa (Sez. U, n. 6087 del 24/09/2020, dep. 2021, Rubbo, Rv. 280573).