La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 45894/2023 si è soffermata sui requisiti di forma e sulle modalità di comunicazione all’autorità giudiziaria della nomina difensiva.
La Suprema Corte ha premesso che, come si trae dall’art. 96 cod. proc. pen., la nomina del difensore di fiducia deve avere contenuto non equivoco e va comunicata all’autorità procedente in modo formale.
Siffatta nomina può essere contenuta anche in un atto avente finalità diversa ma tale atto deve imprescindibilmente esprimere chiaramente la volontà della parte di nominare un difensore di fiducia.
Tutto ciò vale anche per la revoca del difensore di fiducia, in ragione degli effetti che entrambi gli atti hanno sul diritto di difesa dell’imputato e sul corretto svolgimento del procedimento.
Nel caso in esame, l’atto, richiamato dal ricorrente, non esprime in modo inequivoco la sua volontà di revocare il difensore di fiducia, che aveva redatto l’appello e che, di seguito, ha partecipato al giudizio.
Nell’atto del 5 luglio 2022 si legge, infatti, che il ricorrente conferisce procura speciale ai difensori, ivi indicati, per la proposizione di “istanza avverso la misura cautelare del divieto di dimora” e, a tale scopo, richiama espressamente l’art. 122 cod. proc. pen., che disciplina, per l’appunto, il rilascio della procura per il compimento di un singolo atto.
In calce all’atto il ricorrente “revoca ogni precedente nomina“.
Sulla base del suo tenore letterale e del richiamo espresso all’art. 122 cod. proc. pen., l’atto in disamina esprime chiaramente la volontà del ricorrente di nominare suoi procuratori speciali per la proposizione di una istanza concernente la misura cautelare applicatagli.
Di contro, considerato il contenuto letterale dell’atto e rilevato sia che in esso non vi è alcun riferimento al conferimento di un mandato difensivo (che, come è noto, è evenienza diversa da quella del rilascio di una procura speciale), sia che l’espressione “revoca ogni precedente nomina“, nel contesto testuale sopra indicato, può riferirsi alla nomina di precedenti procuratori speciali, deve affermarsi che dall’atto non emerge in maniera inequivoca né che il ricorrente volesse nominare nuovi difensori di fiducia né che volesse revocare il precedente difensore di fiducia.
Ne discende, a fronte dell’equivocità dell’atto indicato dal ricorrente, che non può affermarsi che il difensore di fiducia, che aveva redatto l’appello, fosse stato revocato, con la conseguenza che la notifica a quest’ultimo del decreto di citazione per il giudizio di appello deve ritenersi validamente effettuata.
Infine, in ordine alle modalità di comunicazione all’Autorità Giudiziaria si rileva che l’art. 24, comma IV, D.L. n. 137 del 28/10/2020 stabilisce, che per tutti gli atti, documenti e istanze, comunque denominati, diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (cioè diversi da memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale – che si depositano – invece – esclusivamente con il portale del processo penale telematico), fino alla scadenza del termine di cui all’articolo l del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata, inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all’art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44.
Il deposito con le modalità di cui sopra dovrà essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari e indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA), pubblicato sul Portale dei servizi telematici.
Per effetto del D.L. n. 228/2021 il termine suindicato è stato prorogato sino al 31 dicembre 2022.
Nel caso in esame, il ricorrente ha inoltrato con PEC l’atto del 5 luglio 2022 ma a un indirizzo diverso da quelli indicati nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA), pubblicato sul Portale dei servizi telematici.
In quanto inviato a un indirizzo non previsto per la rituale ricezione, nessuna conseguenza può trarsi dalla mancata considerazione del menzionato atto del 5 luglio 2022 da parte dell’autorità procedente al momento in cui è stato emesso il decreto di citazione per il giudizio di appello.
Al riguardo deve precisarsi che la cassazione (Sez. 6, n. 19433 del 14/02/2023, P., Rv. 284622 – 01) ha affermato che, in tema di giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la memoria difensiva, inviata ad un indirizzo PEC relativo a sezione diversa da quella avente in carico il processo (nella specie, comunque ricompreso nell’elenco degli indirizzi PEC di cui all’allegato al provvedimento del ministero della giustizia del 9 novembre 2020, ove non si distinguevano le sezioni di destinazione), impone alla cancelleria la trasmissione dell’atto alla sezione competente per la trattazione del gravame, essendo comunque depositato presso l’ufficio giudiziario competente.
Siffatta pronuncia, però, concerneva l’invio di atti all’indirizzo PEC di una sezione diversa da quella procedente ma l’indirizzo PEC era comunque uno di quelli indicati nel provvedimento del Direttore Generale dei sistemi informativi e automatizzati.
Nel caso in esame, invece, l’indirizzo, utilizzato dal ricorrente, non è compreso in quelli indicati nel suddetto provvedimento, così che il medesimo ricorrente deve imputare a sé la mancata considerazione dell’atto del 5 luglio 2022 da parte dell’autorità procedente al fine dell’emissione del decreto di citazione, avvenuta peraltro lo stesso giorno (12 luglio 2022) in cui il menzionato atto è pervenuto all’indirizzo diverso da quello al quale doveva essere inviato.
