Il documento
Un paio di giorni fa il Comitato direttivo centrale (CDC) dell’Associazione nazionale magistrati (ANM) ha pubblicato sul suo sito web un documento ufficiale significativamente intitolato “Sull’inutilizzabilità delle chat di messaggistica nel procedimento disciplinare interno” (consultabile a questo link).
Questo è il testo integrale:
“Il CDC in relazione all’overruling determinatosi per effetto delle recenti pronunce della Corte costituzionale (sent. n. 170/2023), della Corte di giustizia (sent. 7.9.2023 in causa C-162/22) e prima ancora della Corte Edu (sent. 9.3.2021, Eminagaoglu c. Turchia), che hanno ricondotto entro la disciplina delle intercettazioni telefoniche e dell’inviolabilità della corrispondenza anche l’acquisizione delle chat e in genere delle conversazioni telematiche, ritiene di dover condividere il parere espresso sul punto dal collegio dei probiviri (proc. n. 15/2022) in merito all’inutilizzabilità delle conversazioni telematiche acquisite nel procedimento penale ai fini del successivo accertamento degli illeciti disciplinari di natura associativa di soggetti terzi, senza che possa rilevare, proprio per la natura di “prova vietata” del ‘dato’ acquisito, l’eventuale riproduzione dei testi della messaggistica su fonti c.d. aperte.
L’utilizzo a fini disciplinari delle chat acquisite nel procedimento penale si porrebbe, altrimenti, in frizione con i principi costituzionali e con la normativa sovranazionale (art. 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE) che consente deroghe e limiti alla riservatezza delle comunicazioni (art. 5 della direttiva 95/46/CE) solo qualora la restrizione integri una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica.
Il fondamentale impegno dell’associazione a portare avanti una incisiva azione volta al rafforzamento della tensione etica nei comportamenti di tutti i magistrati non può e non deve prescindere dal rispetto delle regole dello stato di diritto, altrimenti rischia di cadere in una insanabile contraddizione e di trasformarsi in un moralismo acritico“.
Il commento
Non fa certo scandalo e anzi rallegra che l’associazione privata che riunisce e rappresenta il 96% dei magistrati ordinari italiani decida di conformare l’esercizio del suo potere disciplinare alle fonti normative e giurisdizionali nazionali e sovranazionali così diligentemente elencate nel documento.
Non mancano tuttavia ragioni di perplessità attorno a questa decisione.
Si racchiudono tutte in un’unica domanda: perché ora e non prima?
Il documento cita fonti giurisdizionali recentissime (Corte costituzionale, sentenza n. 170/2023, e CGUE, sentenza del 7 settembre 2023, causa C-162/22), come a voler significare che il cambio di rotta sia maturato in virtù di un percorso interpretativo venuto a compimento ai giorni nostri.
E tuttavia la Corte europea dei diritti umani proclamava da anni, ben prima della decisione Eminağaoğlu c. Turchia, che l’acquisizione e la valorizzazione a fini disciplinari di chat e conversazioni telematiche importate da procedimenti penali fosse materia da maneggiare con cura e, come osservato da V. Manes nel suo scritto “L’illecito disciplinare del magistrato nel prisma della giurisprudenza di Strasburgo: problemi e prospettive“, in Sistema Penale, 11 novembre 2022 (consultabile a questo link), “La Corte di Strasburgo – in più occasioni […] ha ravvisato la violazione dell’art. 8 CEDU, nella misura in cui le risultanze delle intercettazioni erano state utilizzate senza che l’atto captativo – e dunque l’ingerenza statale nella vita privata – avesse una “base legale”, ossia al di là dello scopo per cui erano state acquisite, non permettendo, tra l’altro, l’ordinamento interno la trasmigrazione del materiale captato dal procedimento penale a quello disciplinare ed in assenza della possibilità per il ricorrente di avvalersi della tutela giurisdizionale per censurare l’uso illegittimo di tale materiale probatorio“.
Ma vi è di più: come riconosciuto dallo stesso documento dell’ANM, il suo oggetto è presidiato da principi costituzionali e norme eurounitarie il cui significato e la cui cogenza non necessitavano certo di mediazioni interpretative per quanto autorevolissime.
Nella parte finale si legge infine che il rispetto delle regole dello stato di diritto è indispensabile sempre poiché senza di esso si farebbe spazio ad un’insanabile contraddizione e ad un moralismo acritico.
Di nuovo, bene così, ma ancora una volta, si attende di sapere perché ora sì e prima no. Possibile che il moralismo acritico scartato adesso con ignominia avesse un suo perché prima?
