Convalida del fermo e contestuale ordinanza cautelare: le precisazioni della Cassazione (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 47097/2023, udienza camerale del 3 novembre 2023, si è soffermata sui parametri applicabili ai fini della verifica della legittimità del fermo.

Con riferimento al provvedimento di fermo, ai fini della verifica del pericolo di fuga il giudice è tenuto a valutare l’insieme delle circostanze considerate ed emerse al momento del fermo, le caratteristiche di vita e di comportamento riferibili al fermato anche in precedenza, il contesto in cui è maturata la condotta oggetto di imputazione e l’atteggiamento tenuto al momento del controllo proprio in relazione al fatto oggetto di contestazione

Al riguardo non può che ribadirsi che, ai fini della legittimità del fermo, gli elementi che possono fare ritenere fondato il pericolo di fuga devono essere, innanzitutto, specifici, e cioè direttamente riferiti alla persona sottoposta al fermo, e soprattutto, concreti, cioè connotanti un pericolo, reale, effettivo, non immaginario e non meramente congetturale in ordine alla rilevante probabilità che l’indagato si dia alla fuga, sicché lo stesso non può essere ipotizzato, né ritenuto sulla sola base del titolo del reato in ordine al quale si indaga (essendo esso elemento costitutivo limite all’esperibilità del fermo), né della relativa pena edittale (Sez. ord. n. 3364 del 09/06/1998, Rv. 211022).

Ed ancora, occorre ribadire che il “pericolo di fuga” atto a giustificare il fermo dell’indiziato di un delitto non può dirsi superato in conseguenza della sopravvenuta effettività della fuga, e sussiste anche quando l’indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” deve intendersi solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia (Sez. 1 n. 780 del 9/2/1998, Rv. 209854; Sez. 2 n. 48367 del 20/10/2011, Rv. 252048).

Ora, nel caso di specie il GIP ha sviluppato il percorso argomentativo circa l’insussistenza del pericolo di fuga ai fini della convalida del fermo, in maniera logica e razionale avuto riguardo anche alle indicazioni della giurisprudenza di legittimità precisando che la verifica deve essere operata “ex ante”, dovendosi tenere conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria ovvero da quest’ultima conoscibile con l’ordinaria diligenza al momento dell’arresto o del fermo, con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, che sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo “status libertatis”. (Sez.3, 37861 del 17/06/2014, Rv. 260084; Sez. 2, n. 52009 del 04/10/2016, Rv. 268511; Sez. 3, n. 35962 del 07/07/2010, Rv. 248479).

Non appare peraltro fondata l’osservazione con la quale si sostiene la contraddittorietà della motivazione perché in contrasto con il provvedimento applicativo della misura cautelare della custodia in carcere nell’ambito del quale, invece, si è ritenuto sussistere il pericolo di fuga degli indagati.

È consolidato nella giurisprudenza di legittimità che i provvedimenti impositivi delle misure cautelari personali, ancorché contestuali ai provvedimenti di convalida del fermo e dell’arresto dell’indagato, sono del tutto autonomi rispetto a quest’ultimi (Sez. 3, n. 15137 del 15/02/2019, Rv. 275968), sicché la valutazione della tenuta logica dell’uno, non può discendere dal tenore della motivazione dell’altro,

dovendosi apprezzare distintamente i presupposti dei due provvedimenti.