Richiesta di trattazione orale: la forma è libera ed è lasciata alla scelta della parte (di Riccardo Radi)

Per una volta segnaliamo una sentenza che è contraria ai vuoti formalismi.

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 33310/2023 ha stabilito che nel giudizio di appello, in mancanza di una specifica previsione da parte dell’art. 23-bis d.l. 22 ottobre 2020, n. 137, o di uno specifico divieto espresso o implicito, il “timing” della domanda di trattazione orale può essere lasciato alla libera scelta della parte.

La Suprema Corte, in applicazione del principio, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per violazione dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., ritenendo che la richiesta di discussione orale, formulata, pur inusualmente, in calce all’atto di appello, non potesse essere disattesa.

La cassazione ricorda che con riguardo alle questioni di natura processuale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e che per risolvere la relativa questione può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, da ultimo, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, non mass. sul punto).

Eseguito tale accertamento, nei limiti strettamente necessari alla soluzione della questione sollevata dalla difesa, emerge che le circostanze allegate dalla difesa nel ricorso in cassazione corrispondono all’effettivo svolgimento della procedura.

Risulta infatti che fin dall’atto di appello fosse stata richiesta la trattazione orale, in forma non equivoca e non ‘clandestina’.

Risulta altresì che il difensore fu effettivamente presente presso la Corte d’appello di Milano il giorno indicato nel decreto di citazione d’appello, rinnovando la richiesta di discussione orale eventualmente con rimessione nei termini.

In atti non pare invece presente il verbale d’udienza, nemmeno nella forma sintetica del rito cartolare.

Sulla base di tale ricostruzione fattuale, è evidente l’errore in cui è incorsa la Corte d’appello nel negare al difensore l’oralità.

Pur dovendosi riconoscere che la richiesta di discussione orale formulata in calce all’atto di appello non sia una pratica ricorrente, per ciò solo essa non può essere ritenuta vietata, in assenza di una norma che precluda tale modalità.

Nella procedura penale non sussiste una disposizione analoga alla previsione dell’art.121 c.p.c. sulla libertà delle forme che prevede che “gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo“.

Tuttavia, la mancanza di uno specifico divieto, espresso o implicito (come ad esempio nell’eventualità in cui fosse previsto un termine iniziale per la formulazione dell’istanza di discussione orale) implica che il timing della domanda può essere lasciato alla libera scelta della parte.

La mancata partecipazione dell’imputato all’udienza nelle forme richieste comporta una nullità di ordine generale (art.178 primo comma lett. c) cod. proc. pen.), tempestivamente eccepita, con conseguente annullamento della sentenza di appello senza rinvio e trasmissione degli atti alla Corte d’appello per l’ulteriore corso.