Segnaliamo ai lettori la sentenza della cassazione sezione 6 numero 46386 del 17 novembre 2023 che ha ribadito l’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello di merito rappresenta il presupposto perché possano essere legittimamente oggetto di valutazione, appunto autonoma, ai fini della adozione della misura di prevenzione personale e/o patrimoniale, persino gli elementi acquisiti nel corso di un processo che si sia concluso con sentenza di assoluzione allorché i fatti, pur ritenuti insufficienti a fondare una condanna penale, siano tuttavia in grado di giustificare un apprezzamento in termini di pericolosità.
La Suprema Corte ha evidenziato che il provvedimento impugnato, ha operato in modo proprio la valutazione di appartenenza del ricorrente alla categoria di pericolosità sociale di cui all’art. 4 lett. b) d. lgs. n. 159 del 2011 traendone correttamente gli indici rivelatori proprio dai provvedimenti giudiziari sopra indicati, in conformità alla pacifica giurisprudenza circa l’autonomia del giudizio di prevenzione rispetto al processo penale dovuto alle loro profonde differenze, funzionali e strutturali: il processo penale accerta un fatto costituente reato, mentre il procedimento di prevenzione valuta un profilo inerente alla pericolosità di una persona desunta da condotte che non necessariamente costituiscono illecito penale.
Detto principio è fissato dall’art. 29 d. lgs. n. 159 del 2011 e determina l’effetto dell’esclusione di ogni pregiudizialità dell’accertamento penale.
Il giudice della prevenzione deve provvedere a un’autonoma valutazione degli elementi probatori che può pacificamente trarre da procedimenti penali in corso, esprimendo il proprio giudizio e spiegando le ragioni per le quali tali elementi conducono ad un accertamento di pericolosità sociale del proposto.
Anche di recente la cassazione ha affermato il principio secondo il quale “poiché in tema di misure di prevenzione, attesa l’autonomia tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, il giudice può valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un’affermazione di pericolosità del proposto, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., ove risultino delineati con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività quei fatti che, pur ritenuti insufficienti – nel merito o per preclusioni processuali – per una condanna penale, ben possono essere posti alla base di un giudizio di pericolosità” (Sez. 2, n. 4191 11/01/2022, Rv. 282655).
E ciò in quanto le misure di prevenzione hanno finalità preventiva e non punitiva, sicché il giudizio di pericolosità può essere fondato su elementi di fatto non necessariamente coincidenti con quelli accertati con sentenza di condanna, ma emergenti da procedimenti penali pendenti per reati significativi nel cui ambito siano stati espressi giudizi non escludenti la responsabilità del proposto.
L’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello di merito rappresenta il presupposto perché possano essere legittimamente oggetto di valutazione, appunto autonoma, ai fini della adozione della misura di prevenzione personale e/o patrimoniale, persino gli elementi acquisiti nel corso di un processo che si sia concluso con sentenza di assoluzione allorché i fatti, pur ritenuti insufficienti a fondare una condanna penale, siano tuttavia in grado di giustificare un apprezzamento in termini di pericolosità (Sez. 6, n. 14479 del 14/03/2023, non massimata; Sez. 6, n. 10063 del 11/01/2023, non massimata; Sez. 2, n. 33533 del 25/06/2021, Rv. 281862; Sez. 2, n. 23813 del 17/07/2020, Rv. 279805).
