C’era e c’è ancora, diffuso particolarmente tra le genti siciliane e calabresi, un’espressione che denotava il loro carattere focoso e reattivo: “a mia?“, corrispondente all’italiano “a me?“.
La usava e la usa chi ritiene di avere subito un torto ma è una descrizione insufficiente, bisogna integrarla.
È irrilevante che il torto sia giusto o ingiusto, conta solo che nell’opinione di chi lo ha subito esso abbia menomato il suo senso di sé e la sua reputazione pubblica o privata.
C’è poi un’altra caratteristica: l'”a mia?” scatta assai più facilmente se il torto proviene da una persona trascurabile, senza importanza, uno di quelli che si definirebbe “nudda cosa” ovvero “nullità” e ai quali si direbbe “tu e nenti siti parenti” ovvero “tu e il nulla siete parenti“.
Non si tratta quindi soltanto di focosità rabbiosa da sfogare e orgoglio ferito da ripristinare, dietro c’è anche un’idea di piramide sociale, la stessa che il leggendario marchese Onofrio del Grillo espresse mirabilmente in poche parole consegnate alla storia: “mi dispiace ma io so io e voi non siete un c…“.
Ora, a me pare – ed è la proposizione centrale di questo scritto – che l'”a mia?” sia riuscito a superare i confini dell’area dello Stretto, abbia raggiunto la capitale e sia piaciuto così tanto da diventare insieme principio ispiratore, manifesto ideologico e faro illuminante delle forze che hanno in questa stagione la responsabilità di governare il nostro Paese.
Potrebbe sembrare una conclusione eccentrica ma non si dovrebbe condannarla prima di avere scorso l’elenco degli interventi governativi nella materia penale.
Rimando ad A. Trocino, Panpenalismo, più punizioni per tutti, come nel ‘600 manzoniano, pubblicato dal Corriere della Sera il 20 settembre 2023 (a questo link per la consultazione), per una puntuale descrizione delle misure introdotte o paventate e degli effetti che hanno comportato o potrebbero comportare, in termini sia di inasprimento di trattamenti sanzionatori per reati esistenti che di introduzione di nuove fattispecie incriminatrici che di ampliamento della platea dei destinatari di questa o quella misura preventiva.
Rimando alle cronache più recenti per gli ulteriori arricchimenti da fine estate ai giorni nostri.
L’elenco fatto da Trocino, comunque sotto gli occhi di tutti, mostra la penalizzazione (o una più grave penalizzazione) di così tante condotte e così tanti bersagli da sembrare frutto di un clima da cavalleria rusticana piuttosto che di pensiero razionale: il popolo dei rave accanto ai trafficanti di migranti, i genitori che non impediscono la dispersione scolastica dei figli a fianco di chi compie violenza di genere, gli imbrattatori di muri insieme a chi aggredisce personale sanitario, e così via.
Un Esecutivo a cui basta poco perché gli salti la mosca al naso, così iper-reattivo da non riuscire più a distinguere tra le violazioni gravi e quelle trascurabili e quindi infastidito da qualunque forma di divergenza, simile a un pensionato invecchiato male pronto a bucare il pallone se i ragazzini del vicinato lo hanno incautamente gettato nel suo giardinetto o hanno disturbato il suo pisolino pomeridiano con i loro schiamazzi.
Si dirà: ok per la collera rusticana ma dov’è la piramide gerarchica di cui parli? C’è e pure in abbondanza la forza coi deboli ma dov’è la debolezza coi forti?
In realtà c’è eccome solo che non si vede: neanche uno degli interventi realizzati o annunciati o proposti è indirizzato verso i tanti marchesi del Grillo contemporanei ed è facile prevedere che nessuno, tanto per dire, proporrà mai la castrazione chimica per un plutocrate o l’abbandono della finalità rieducativa della pena per un boiardo di Stato o un supermanager.
“A mia?” va bene, allora, ma con i giusti filtri.
