Il riconoscimento fotografico “informale” ribadito in dibattimento è sufficiente per la condanna (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 46393 depositata il 17 novembre 2023 ha ribadito che i riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini di polizia giudiziaria, e i riconoscimenti informali dell’imputato operati dai testi in dibattimento, costituiscono accertamenti di fatto utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice.

Nel caso esaminato la difesa lamentava che non si era proceduto a rinnovare esame della persona offesa, per verificare il riconoscimento effettuato in sede di individuazione fotografica durante le indagini preliminari, il cui verbale sarebbe stato acquisito senza il consenso dell’imputato, ed eseguito, comunque, senza l’osservanza delle garanzie procedimentali di cui agli artt. 213 e 214 cod. proc. pen.

La Suprema Corte sottolinea che si tratta di deduzioni che non hanno pregio, dal momento che l’individuazione di un soggetto – sia personale che fotografica – costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, soggetta, alla stregua della deposizione testimoniale, alle regole processuali che consentono l’utilizzabilità in dibattimento di dichiarazioni rese da un teste nella fase delle indagini preliminari (cfr. Sez. 5, n. 43655 del 25/05/2015; Sez. 2, n. 50954 del 03/12/2013, Rv 257985).

Corrisponde a principio consolidato l’affermazione che l’individuazione fotografica di un soggetto, effettuata dalla polizia giudiziaria, costituisce una prova atipica la cui affidabilità non deriva dal riconoscimento in sé, ma dalla credibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione (cfr. Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, Rv. 253910), e ciò vale anche quando la conclusione della certezza si raggiunga attraverso il richiamo di un giudizio espresso in precedenza.

D’altro canto, la Corte di appello ha fatto riferimento alla circostanza, sanante, del riconoscimento fotografico effettuato dalla persona offesa anche in dibattimento.

Va ribadito qui che i riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini di polizia giudiziaria, e i riconoscimenti informali dell’imputato operati dai testi in dibattimento, costituiscono accertamenti di fatto utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (cfr. Sez. 2, n. 17336 del 29/03/2011, Rv. 250081). Questo vuol dire che l’identificazione effettuata in sede dibattimentale non obbedisce alle formalità previste per la ricognizione in senso proprio, di cui all’art. 213 e ss. cod. proc. pen. – così come erroneamente dedotto dal ricorrente – siccome riferibili esclusivamente al contenuto di identificazioni orali del testimone, per cui vige la disciplina dell’art. 498 e ss. cod. proc. pen., sì che da esse, come da ogni elemento indiziario o di prova, il giudice può trarre il proprio libero convincimento (cfr. Sez. 5, n. 37497 del 13/05/2014, Rv. 260593).

Ne discende che, contrariamente a quanto argomentato dal ricorrente, ove il testimone abbia proceduto a un riconoscimento fotografico informale nel corso delle indagini preliminari e, nel corso dell’esame dibattimentale, abbia poi confermato di avere compiuto detta ricognizione informale e, quindi, reiterato il riconoscimento positivo, il convincimento del giudice può ben fondarsi su tale riconoscimento, seppure privo delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, trattandosi di accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudicante in base al principio della non tassatività dei mezzi di prova.

Il momento ricognitivo costituisce, invero, parte integrante della testimonianza, di tal che l’affidabilità e la valenza probatoria dell’individuazione informale discendono dall’attendibilità accordata al teste e alla deposizione dal medesimo resa, valutata alla luce del prudente apprezzamento del decidente che, ove sostenuto da congrua motivazione, sfugge al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Rv. 262908; Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, Rv. 253910).