Poteri istruttori del giudice della cognizione dopo l’annullamento con rinvio in sede di legittimità: i chiarimenti della Cassazione (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 36766/2023, udienza del 28 aprile 2023, chiarisce i poteri istruttori del giudice della cognizione dopo una decisione di annullamento con rinvio in sede di legittimità.

Con “gli stessi poteri” che ha il giudice la cui sentenza è stata annullata, ma nel rispetto delle “limitazioni stabilite dalla legge”: così l’art. 627 cod. proc. pen. delinea la cognizione del giudice di merito che ha però l’obbligo di conformarsi al principio di diritto sancito dalla Cassazione nella sentenza di annullamento. Il giudizio di rinvio, come nuovo giudizio di merito, ha dunque l’orizzonte cognitivo segnato dal contenuto e dalla portata del giudizio rescindente, con la conseguenza che la sua ampiezza varia a seconda dello spettro designato dalla decisone di annullamento.

L’ambito della cognizione del giudice del rinvio si determina in ragione del contenuto della sentenza di annullamento e del tipo di vizio accertato e i poteri del giudice del rinvio – che pure sono, in linea di principio, gli stessi che spettavano al giudice che ha deciso nella fase processuale alla quale il processo è stato riportato (art. 627, comma 2, cod. proc. pen.) – possono essere strutturalmente condizionati dalle limitazioni previste dal legislatore nei commi 3 e 4 dell’art. 627 cod. proc. pen.

In tale contesto, anche la possibilità di rinnovare l’istruttoria dibattimentale nel giudizio di rinvio, si è lucidamente osservato, è fortemente condizionata da molteplici fattori e, in particolare, dalla sovrapposizione delle regole tipiche della fase e del grado in cui si svolge, del dictum stabilito nella declaratoria di annullamento della Cassazione e dei principi specificamente scanditi per il giudizio di rinvio.

Una cognizione, quella del giudice del rinvio, che non presenta «una dimensione determinata e costante».

Ove l’annullamento sia disposto per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è consolidato il principio per cui il giudice, nel giudizio rescissorio, è libero di procedere alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale e di procedere ad un nuovo esame dell’intero compendio probatorio, con il solo limite di non replicare il percorso logico-argomentativo già censurato dalla Corte di cassazione.

Nel caso in cui, invece, l’annullamento sia conseguente alla violazione o alla erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. il giudice del rinvio sarà chiamato solo alla corretta applicazione o interpretazione della legge penale sostanziale, nel senso indicato dal principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione. La accertata violazione o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale, implica infatti che la libertà cognitiva e valutativa del giudice di rinvio rimanga in tutto pregiudicata, per lo meno nelle ipotesi in cui la Cassazione abbia dovuto compiere una espressa e definitiva verifica della situazione fattuale ai fini della risoluzione della questione di diritto, ritenendola correttamente accertata. Si configura, in questo caso, una sorta di giudicato interno in ordine al fatto e ciò impedisce al giudice del rinvio di cimentarsi con il percorso logico cristallizzato al momento processuale precedente rispetto all’annullamento della Cassazione. Ciò implica, altresì, che, diversamente da quando si verifica nei casi in cui vi sia stato annullamento per vizio di motivazione, il giudice del rinvio sostanzialmente non ha poteri istruttori (sul tema, tra le altre, Sez. 5, n. 24133 del 31/05/2022, Rv. 283440; Sez. 3, n. 7882 del 10/01/2012, Rv. 252333) Nella ipotesi, come quella in esame, in cui è invece riscontrata una violazione di legge processuale ai sensi della lett. c) dell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza può dar luogo all’invalidità anche degli atti consecutivi e pone l’esigenza di “rifare” il processo anche in relazione all’accertamento del fatto.

Nel caso di specie, come detto, l’annullamento è stato disposto dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in ragione della accertata inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia [seguono le generalità] in altro procedimento e acquisite in violazione dell’art. 238 cod. proc. pen.; dalla sentenza di annullamento si evince come, nel caso di specie, la Corte di appello avesse deciso di non assumere in udienza le dichiarazioni del collaboratore di giustizia e, invece, di acquisire ed utilizzare, senza il consenso dell’imputato, le dichiarazioni rese dallo stesso in altro procedimento (cfr., pag. 14 sentenza impugnata).

La Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento, dichiarata la inutilizzabilità delle dichiarazioni in questione, aveva invitato la Corte di appello a verificare “il peso” di dette dichiarazioni e la portata del materiale probatorio residuo al fine del giudizio di responsabilità.

La questione che si pone è allora se, in sede di giudizio di rinvio, la Corte di appello, ferma la inutilizzabilità delle dichiarazioni acquisite irritualmente, potesse disporre la rinnovazione dibattimentale ed assumere nel contraddittorio delle parti le dichiarazioni del collaboratore e, quindi, se l’annullamento per un error in procedendo comporti una limitazione ai poteri del giudice del rinvio, il quale, così come affermato dal ricorrente, non poteva disporre degli stessi poteri istruttori di cui godeva il primo giudice e avrebbe dovuto decidere solo sulla base del materiale probatorio residuo. L’assunto difensivo non può essere condiviso.

Il tema attiene alla compatibilità tra la regola secondo cui il giudice di rinvio si uniforma al principio di diritto enunciato dalla Corte e quella alla stregua della quale il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata. Quanto al potere del giudice di rinvio di poter disporre acquisizioni probatorie, il dato legislativo è obiettivamente inequivoco ed appare chiaramente descrittivo di una situazione normale, ove si consideri che la previsione è collocata subito dopo l’affermazione secondo la quale il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata. In particolare, quanto al potere di integrazione probatoria, nella Relazione al Progetto definitivo del codice di procedura penale si osservava che mentre nel giudizio d’appello «il diritto alla prova è limitato perché, se non si tratta di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice è tenuto alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale solo se non si ritiene in grado di decidere allo stato degli atti», «nel giudizio di rinvio riprende pieno vigore il diritto alla prova, senza possibilità per il giudice di negare la rinnovazione ritenendosi in grado di pervenire alla decisione sulla sola base degli atti. Si è voluto così evitare che il giudizio di rinvio nei limiti in cui impone una rivalutazione del merito si risolva […] in un giudizio esclusivamente cartolare». Una volontà legislativa chiara.

Si discute sull’effettiva portata applicativa dell’art. 627, comma 2, cod. proc. pen. – norma comunque applicabile al giudizio di rinvio a prescindere dal provvedimento oggetto di annullamento (sentenza assolutoria a fronte di una condanna in prima istanza o, viceversa, sentenza di condanna che in secondo grado abbia riformato una precedente assoluzione) – e cioè se nell’ambito del giudizio rescissorio conseguente ad un annullamento di una sentenza emessa in appello «l’istruzione va rinnovata ogni qualvolta lo richiedano le parti» essendo un atto dovuto (Sez. 5, n. 40828 del 22/09/2004, Rv. 229923), ovvero se il giudice del rinvio non sia sempre tenuto a riaprire l’istruttoria dibattimentale, poiché i suoi poteri sono identici a quelli che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, sicché egli deve disporre l’assunzione delle prove indicate solo se le stesse sono indispensabili ai fini della decisione, così come previsto dall’art. 603 cod. proc. pen., oltre che rilevanti, secondo quanto statuito dall’art. 627, comma 2, cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 12690 del 03/12/2019, Rv. 778703). E tuttavia, a prescindere dall’indirizzo che si intenda recepire sulla questione specifica, non pare in discussione che la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’assunzione di prove rilevanti costituisca un potere di cui il giudice del rinvio dispone.

Proprio in relazione ad annullamenti con rinvio derivanti dalla violazione di norme processuali, la Corte di cassazione ha inoltre precisato che il giudice di appello – che in sede di rinvio procede alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale – ha anche il potere di disporre anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., l’ammissione di nuove prove, atteso che l’art. 627, comma secondo, non costituisce norma derogatoria rispetto a quella ordinaria di cui all’art. 603, comma terzo, cod. proc. pen., riguardante la rinnovazione ufficiosa dell’istruttoria dibattimentale propria del giudizio di appello (Sez. 6, n. 683 del 02/11/2004, dep. 2005, Rv. 230654; Sez. 5, n. 15042 del 18/01/2015, Rv. 250166). Né si dubita che nel giudizio di rinvio possano acquisirsi nuovi materiali decisori anche direttamente attinenti ai fatti su cui la Corte di cassazione ha fondato il principio di diritto, pronunciando sentenza di annullamento con rinvio.

La Corte di appello, nel caso di specie, non avrebbe potuto nuovamente porre a fondamento della decisione le dichiarazioni ritenute inutilizzabili, ma non gli era preclusa la possibilità di acquisire nuovi elementi di prova volti a provare i fatti oggetto del processo.

In casi del genere, il principio di diritto enunciato dalla Corte non può ritenersi violato dal giudice di rinvio, in quanto, attraverso la rinnovazione, si modificano i presupposti di fatto da cui trae origine il principio stesso.

A fronte di un annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione per violazione di norme processuali previste a pena di inutilizzabilità, il giudice del rinvio può procedere ad una integrazione probatoria al fine di assumere la prova di quello stesso fatto in relazione al quale la Corte di cassazione ha fondato il principio di diritto posto a fondamento della sentenza di annullamento.

La Corte di appello, dunque, non ha violato il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza di annullamento, procedendo ritualmente alla assunzione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia al fine di provare lo stesso fatto in precedenza ritenuto provato attraverso una prova inutilizzabile.