Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n.45097/2023, udienza del 5 ottobre 2023, ha affermato che, ai fini dell’applicazione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi e delle relative disposizioni transitorie previste dall’art. 95, d.lgs. n. 150/2022, la pronuncia della sentenza di appello determina la pendenza del procedimento in Cassazione, sicché l’imputato, ove il procedimento nei suoi confronti penda in tale fase alla data di entrata in vigore del medesimo decreto e la sua condanna diventi definitiva, sarà legittimato a presentare la relativa istanza di sostituzione.
Vicenda giudiziaria
In entrambi i gradi di merito il ricorrente, ammesso al rito abbreviato, è stato riconosciuto responsabile del delitto di maltrattamenti in famiglia.
Il suo difensore ha fatto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale.
Motivo di ricorso per cassazione
Il difensore, per ciò che qui interessa, ha denunciato il vizio di violazione della legge penale sostanziale, per non aver applicato l’art. 20-bis cod. pen., ai sensi dell’art. 95 d.lgs. 10/10/2022, n. 150, nella parte in cui consente la sostituzione della pena detentiva inflitta con una delle nuove pene sostitutive anche nella fase transitoria, e mancata applicazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen.
Rileva il ricorrente come, nell’intervallo di tempo intercorso tra la lettura del dispositivo della sentenza della Corte di appello (13/12/2022) e il deposito della medesima (30/01/2023), sia entrata in vigore, con decorrenza dal 30/12/2022, la c.d. riforma Cartabia (d.lgs. 10/10/2022, n. 150) che, agli artt. 20-bis ss. cod. pen. e 545-bis cod. proc. pen., ha introdotto un trattamento sanzionatorio più favorevole per l’imputato.
Il citato art. 95, nel dettare la disciplina transitoria nell’applicazione della più favorevole normativa, ha previsto che questa operi nei procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo, mentre per quelli pendenti innanzi alla Corte di cassazione, sempre al momento dell’entrata in vigore del decreto, ha disposto che il condannato possa beneficiare di tale normativa, all’esito del procedimento di legittimità, presentando, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza, istanza al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 cod. proc. pen.
Vero è che la giurisprudenza ha affermato che con la decisione (peraltro non sarebbe chiaro se tale espressione alluda alla lettura del dispositivo oppure al deposito della motivazione) cessa la pendenza nel grado di giudizio. Tuttavia, tale criterio vale soltanto in mancanza di una norma transitoria che, invece, è presente nel caso di specie.
Né il procedimento può dirsi pendente dinanzi alla Corte di cassazione, posto che tale pendenza implica un’impugnazione la quale, al momento dell’entrata in vigore della riforma, era meramente eventuale.
In caso di sostituzione della pena detentiva, le integrazioni previste dal vigente art. 545-bis, comma 3, cod. proc. pen., ben possono essere effettuate al dispositivo, con le opportune annotazioni anche in calce all’eventuale sentenza depositata successivamente, dandosi atto della sopravvenuta normativa.
Diversamente opinando, si priverebbe infatti l’imputato del diritto di beneficiare della normativa sanzionatorie sopravvenuta più favorevole, non potendo egli rivolgersi al giudice dell’esecuzione, dal momento che il ricorso in Cassazione, che ne rappresenta il presupposto, è meramente eventuale.
Decisione della Corte di Cassazione
Il motivo di ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 95, comma 1, d.lgs. 10/10/2022, n. 150, recante «Disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi», «le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto».
La c.d. riforma Cartabia è entrata in vigore il 30/12/2022, mentre il dispositivo della pronuncia impugnata è stato pronunciato il 13/12/2022, e quindi in data anteriore alla suddetta entrata in vigore.
Con l’emanazione del dispositivo, e quindi con la pronuncia della sentenza di appello, si è dunque conclusa la fase di secondo grado del giudizio, che cessa di essere pendente.
Di conseguenza, in base al citato art. 95, la nuova disciplina sulle pene sostitutive non può trovare applicazione nel caso di specie.
Ciò premesso, secondo il ricorrente, così ragionando, si creerebbe una irragionevole disparità di trattamento, posto che, non pendendo più il secondo grado di giudizio ma non pendendo ancora quello di legittimità (a quel momento, il ricorso in Cassazione non era, infatti, stato presentato), non troverebbero applicazione nemmeno le disposizioni di cui alla restante parte del citato art. 95, comma 1 (che recita: «Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive»).
Tale conclusione appare, invero, scongiurabile.
La Cassazione (Sez. 6 del 21/06/2023, n. 34091, non mass.), esprimendosi in relazione ad una situazione perfettamente sovrapponibile, sotto questo aspetto, a quella oggetto del presente giudizio – e cioè concernente lo specifico momento che segue la pronuncia della sentenza di secondo grado ma precede la presentazione del ricorso in Cassazione – ha già rilevato come la locuzione «procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione» che compare nell’art. 95 (al pari di quella riferita alla pendenza in grado di appello) si riferisca al segmento processuale che ha inizio con la pronuncia della sentenza da parte del giudice dell’appello (o, nel secondo caso, del giudice di primo grado).
In altre parole, al momento della pronuncia del dispositivo della sentenza di appello, comincia la fase di pendenza del giudizio per cassazione. A tale conclusione la citata pronuncia è giunta sulla base di un’articolata ricostruzione che, oltre a sottolineare la logica di favore sottesa all’estensione del nuovo regime al di fuori della fase di cognizione (terreno elettivo di applicazione delle pene sostitutive), valorizza ragioni di sistema.
Da un lato, infatti, attinge alla giurisprudenza di legittimità a Sezioni unite la quale, con riferimento all’operatività delle disposizioni transitorie dell’allora nuova disciplina della prescrizione (legge n. 251 del 2005), individuò nella sentenza che conclude un grado di giudizio, l’atto idoneo a segnare la pendenza del grado successivo, indipendentemente dal fatto (correlato al deposito della sentenza) che ancora pendano i termini per proporla (Sez. U, n. 47008 del 2009, D’Amato, Rv. 244810 e Sez. U, n. 15933 del 2012, Rancan, rv. 252012.
Il principio è stato recentemente ribadito da Sez. 3, n. 11622 del 23/10/2020, dep. 2021, Rv. 281482, in tema di nomina del difensore.
Dall’altro lato, e sulla scia di tali pronunce, sottolinea come il legislatore dell’art. 10, comma 3, della legge n. 251 del 2005, così come, oggi, quello dell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, abbiano fatto genericamente riferimento ai processi in grado di appello o dinanzi alla Corte di cassazione, intendendoli nella loro globalità: senza cioè individuare specifici segmenti processuali al loro interno, quale il deposito del ricorso o la trasmissione degli atti al giudice dell’impugnazione ai sensi dell’art. 590 cod. proc. pen.
Ciò ha autorizzato la Suprema Corte a ritenere che l’unico limite all’applicazione della nuova disciplina delle pene sostitutive in Cassazione sia rappresentato dalla formazione del giudicato di condanna a pena detentiva non sostituita, in data antecedente l’entrata in vigore della riforma c.d. Cartabia.
È stato, in conseguenza di ciò, affermato il seguente principio di diritto: ai fini dell’operatività dell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, recante disposizioni transitorie in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, la pronuncia della sentenza di appello determina la pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione, cosicché, per i processi pendenti in tale fase alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. (30 dicembre 2022), una volta formatosi il giudicato, il condannato potrà avanzare istanza di sostituzione della pena detentiva al giudice dell’esecuzione.
Tale principio è condiviso dal collegio.
