Il giudice è tenuto a visionare le immagini delle telecamere per verificare la veridicità del riconoscimento operato dagli agenti di p.g.?
Al quesito ha risposto la Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 41375/2023 che ha stabilito che il riconoscimento dell’imputato effettuato da un operatore di polizia giudiziaria mediante la visione delle immagini riprese da telecamere di sicurezza costituisce prova atipica sulla quale è ammissibile la testimonianza dell’operatore che vi ha direttamente proceduto.
In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto non fondata l’eccezione difensiva a mente della quale il giudice avrebbe dovuto procedere all’esame diretto dei fotogrammi.
La Suprema Corte sottolinea che correttamente la Corte di appello ha ritenuto ammissibile la descrizione effettuata dagli agenti che avevano condotto le indagini, del contenuto delle immagini delle varie telecamere di sicurezza disseminate in prossimità del luogo in cui l’azione criminosa aveva avuto luogo.
In forza del principio di ammissibilità delle prove atipiche (art.189 cod. proc. pen.) la Corte non ha esitato ad utilizzare le testimonianze dell’Assistente Capo M. e dell’Agente A. che, in base alla personale pregressa conoscenza dei due imputati, avevano riconosciuto nei filmati delle fasi prossime alla rapina D. e F.
Per contro, la tesi difensiva secondo cui il giudice avrebbe dovuto procedere all’esame diretto dei fotogrammi, al fine di dare immediatezza all’accertamento, non trova una sicura base nella giurisprudenza di legittimità.
In particolare, si è evidenziato in Sez. 2, Sentenza n. 1545 del 08/10/1997 Rv. 209925 – 01, proprio con riferimento ad un caso di identificazione degli autori di reato condotta su immagini registrate, che «il giudice del dibattimento non può operare direttamente il riconoscimento di persone in quanto, se ciò gli fosse consentito, sarebbe impedito il controllo sull’adeguatezza dei criteri da lui adottati nella valutazione della prova», seppure la sentenza medesima non esclude che l’atto possa avere «valore di riscontro probatorio esterno ad una chiamata in correità, potendo il riscontro stesso essere di varia natura, e persino di carattere logico, purché riconducibile a fatti esterni alla chiamata».
Analogamente, pur senza escludere il valore probatorio dell’accertamento diretto da parte del giudice, se ne è circoscritto il perimetro osservando (Sez. 2, Sentenza n. 40731 del 02/10/2009 Rv. 245124 – 01) che «il riconoscimento diretto dell’imputato operato dal giudice mediante l’esame dei fotogrammi, estratti dalla registrazione TV a circuito chiuso durante una rapina, può costituire indizio che concorre, con altri elementi di prova, a completare il quadro probatorio di cui all’art. 192, comma secondo cod. proc. pen.”.
Oltre a quanto ora considerato, che dimostra la correttezza dell’approccio gnoseologico adottato dalla Corte, va evidenziato, ai fini della valutazione della tenuta logica della decisione, che anche in relazione alla vicenda sintetizzata nel capo di imputazione, la base probatoria non è costituita esclusivamente dall’identificazione della fisionomia degli imputati poiché si estende al riconoscimento del vestiario e del mezzo utilizzato.
