Prima parte
Per ragioni che chiarirò nella seconda parte mi interessava sapere cosa dovrebbe fare chi vuole fondare una nuova setta religiosa.
Ho trovato ottimi consigli nel sito leganerd.com. (non è un errore di battitura, è proprio questo il nome).
Mi riferisco a un articolo ormai vecchiottello (è stato pubblicato a luglio del 2011) ma comunque ancora attuale, di un certo orsovolante20, dal titolo “Creare una setta religiosa in 7 mosse“, (qui il link per chi volesse leggerlo).
Comincio col dire che, secondo l’autore, si intende per setta un modello di relazioni sociali vigenti all’interno di un gruppo, alla base delle quali sta la dipendenza.
Orsovolante20 aggiunge che “I membri di una setta dipendono dal leader per tutto o quasi: denaro, cibo, abbigliamento, informazioni, decisioni e cosa forse più importante, ovvero autostima e identità sociale. Questa dipendenza crea un modello relazionale che porta le sette ad essere fortemente orientate al capo e l’importanza di quest’ultimo lo rende esente da critiche. Inoltre non è presente una figura contrapposta a quella del capo, che normalmente è esente dalle regole della setta stessa“.
Ora che sappiamo di che si parla, possiamo passare alla parte pratica, vale a dire le sette mosse, e riporterò direttamente le istruzioni dell’autore, limitandomi a depurarle delle parti più estremiste che potrebbero turbare la sensibilità dei più.
1) Create la vostra realtà sociale
Come prima cosa dovete eliminare ogni fonte di informazione alternativa a quella fornita dalla setta, il quartier generale della setta dovrebbe essere isolato dal resto del mondo.
Se i vostri membri continuano a vivere nella loro comunità di provenienza (magari perché il loro stipendio è utile alla setta) è importante mantenere un isolamento psicologico attraverso il canto d’inni, lettura di testi accettati o lavoro continuo per la setta.
Vanno evitati gli incontri con i parenti e mantenere un confine netto tra ”credenti” e ”miscredenti”.
Inoltre è molto pratico in questo senso è insegnare agli adepti l’autocensura, ovvero ad etichettare tutto ciò che è estraneo alla setta come ”diabolico”.
Bisogna poi fornire una visione del mondo propria della setta, attraverso la quale gli adepti potranno interpretare ogni evento e circostanza.
Una buona tecnica per la creazione di una realtà sociale è la creazione di un linguaggio e di un gergo propri, ovviamente anche la ripetizione continua del vostro messaggio è una tattica da adottare in continuazione.
2) Create un “granfalloon”
La tecnica del granfalloon prevede la creazione di un in-group (il gruppo di appartenenza) di fedeli e di un out-group (il gruppo “altro”) di miscredenti.
Questa tecnica (molto usata nella pubblicità e propaganda) permette di controllare gli adepti ricordando loro costantemente che “Se vuoi essere un eletto, devi agire come tale. Se non sei un eletto, sei un malvagio e miscredente. Per salvarti devi agire come ci si aspetta che tu faccia”.
I membri più anziani fungono da modello per i più giovani: il conformismo è assicurato anche dalle pressioni esercitate dai membri gli uni sugli altri.
Il reclutamento di un nuovo fedele nel granfalloon si ottiene spesso con una tecnica chiamata “bombardamento d’amore”: ovvero i membri della setta gratificano il nuovo arrivato con attenzione, approvazione e appoggio.
I reclutatori sono istruiti a rispecchiare gli interessi e atteggiamenti della potenziale recluta al fine di instaurare una sorta di rapporto tra la recluta e la setta.
Molte sette richiedono un battesimo o un’altra forma d’iniziazione per indicare l’accettazione alla nuova identità.
Ovviamente il rovescio di questa tecnica è la creazione di un out-grop da odiare: questo raggiunge il doppio scopo di far sentire gli adepti felici di appartenere alla setta (“sono felice di non essere come loro”) e di far aumentare la paura di lasciare il gruppo.
3) Create un impegno attraverso la riduzione della dissonanza
La tua setta potrà assicurarsi l’ubbidienza dei loro adepti creando una successione d’impegni crescenti: l’adepto prima acconsente a richieste semplici che progressivamente diventano più complesse.
Ogni passo preso isolatamente non è poi molto diverso da quello che lo ha preceduto.
Dopo avere stabilito un obbligo iniziale non ci si sente a proprio agio se si rinnega il patto.
Per giustificare a se stesso l’assennatezza dell’impegno iniziale l’adepto è spesso disposto a fare di più e poi ancora di più.
In questo modo, l’annullamento della dissonanza e il mantenimento dell’immagine di sé come individuo che tiene fede ai proprio impegni, costruiscono una funzionale trappola di razionalizzazione.
In alternativa si può ricoprire il nuovo arrivato di amore e doni e in base alla regola della reciprocità fagli capire che adesso tocca a lui fare qualcosa per la setta.
4) Stabilite la credibilità e il potere di attrazione del leader
La maggior parte delle sette possiede una propria mitologia del fondatore, storie e leggende trasmesse da seguace a seguace che raccontano la vita e le imprese del capo della setta.
Qual è lo scopo di questi miti?
Le sette richiedono ai loro membri dei comportamenti estremi.
Come abbiamo visto le richieste estreme producono dissonanza e siamo più propensi ad acconsentire alle richieste se non abbiamo in mano strumenti per ridurla.
Inoltre quando si è già nel meccanismo è difficile disubbidire a una persona che viene reputata “il figlio di Dio” o almeno investita di un ruolo divino.
Chiunque sia sano di mente dovrebbe tentare di emulare un così sant’uomo, no?
5) Mandate adepti a far proseliti tra i miscredenti e a raccogliere fondi per la setta
Ovviamente portare in giro la vostra testimonianza ha il vantaggio di recuperare nuovi adepti e cosa altrettanto importante garantisce che gli adepti siano sottoposti ad una costante auto-persuasione.
L’atto di rendere testimonianza obbliga l’adepto a ripete più e più volte ad estranei i vantaggi concreti che derivano dall’appartenere alla setta e oltretutto l’attività “evangelica” rafforza la risolutezza.
Difendendo le proprie credenze da un numero molto ampio di persone i membri imparano a confutare un gran numero di attacchi, “vaccinandosi” in tal modo da tutte le ragioni contrarie e rafforzando la fede nel culto.
6) Distraete gli adepti da pensieri “indesiderabili”
Nella maggioranza dei casi è difficile accettare e prendere sul serio le dottrine delle sette, poiché (soprattutto ai novizi) può capitare di metterne in dubbio i regolamenti.
Come potete riuscire in quanto capi della vostra setta a distrarre un adepto a esaminare e criticare la dottrina della setta?
Per esempio non lasciando mai da solo l’adepto e farlo sempre affiancare da un membro più anziano che funge da addestratore, predicando i versetti della vostra Bibbia.
Il nuovo venuto è privato di cibo, acqua e sonno; è difficile pensare quando hai fame, sete e sei stanco.
Altri modi sono anche le ininterrotte attività del più disparato genere, come il proselitismo, lavoro per la setta, cucina e pulizia a beneficio degli altri membri.
7) Fissate il pensiero degli adepti su un fantasma
Un bravo leader di successo di una setta è sempre lì ad agitare di fronte ai fedeli l’idea della terra promessa e la visione di un mondo migliore.
Fissando il pensiero di un adepto su un fantasma futuro si ottiene un potente incentivo a perseverare nelle opere a favore del gruppo.
I credenti avranno paura di smettere di lavorare, nel timore che essi possano perdere il premio tanto desiderato per cui hanno faticato finora.
I fantasmi possono infondere la speranza, fornendo un senso e uno scopo alla missione della setta.
Seconda parte
Ora che possediamo il know-how, dobbiamo chiederci che farcene.
Un ottimo suggerimento ci viene da Massimo Donini e da un suo recente scritto, Il penale come religione di massa e l’ennesima riforma della giustizia, pubblicato il 18 luglio 2023 su Sistema penale (questo il link per chi vuol leggerlo).
Ne riportiamo alcune rapide pennellate, raccomandando per il resto la lettura integrale dell’eccellente lavoro di Donini.
” Il populismo basa una parte rilevante del suo potere collettivo, assenti altre ideologie (salvo un generico folklorismo politico di sinistra o di destra), sulla sacralizzazione ora parlamentare, ora giudiziaria, di riti punitivi“.
“C’è un filo conduttore col passato giustizialista o in parte anche col più recente riformismo tecnico-europeista, efficientista e costituzionale del ministero Cartabia. È la drammatizzazione del problema giustizia, la sua rappresentazione come una realtà così gravemente malata da apparire inaccettabile e bisognosa di una innovazione permanente, inesauribile. Tutto è enfatizzato. Giuristi-vati si alternano dalle tribune promettendo soluzioni salvifiche. Questo stato delle cose, che attende sempre un vaccino, una terapia, una riforma, ha qualcosa di religioso: è lo specchio del fatto che è il penale a essere diventato una religione di massa. Il penale salva e condanna“.
“Anche il “nuovo garantismo” di destra-centro si profila come religione di massa: perché mette sempre al centro il penale. Ma lo fa senza prospettare (sino a oggi) un disegno vero, con annunci frammentari che creano polveroni senza costrutto. La discrezionalità dell’azione penale è conciliabile con un p.m. libero dai partiti politici? Se sì, ben venga. Altrimenti si dovrà trovare un compromesso, qualcosa che non lo renda comunque una voce della politica, che sarebbe la definitiva consacrazione della rissa tra i poteri dello Stato. Perché il giudice terzo non potrà mai pensare di “fare giustizia” di fronte a imputazioni scelte politicamente. Sarà sempre e solo amministrazione, e allora tutti avranno capito che questa partita ha bisogno di una diversa narratio, di altre forme di retorica giudiziale, sportiva o bellica. Una american way“.
“Il fatto è che questa religione un po’ è oppio del popolo, e un po’ è instrumentum regni. È oppio perché droga chi si informa, perché è tossica e crea dipendenza, senza risolvere nessun problema, in quanto si sostituisce alla soluzione dei problemi sociali attraverso una lex minus quam perfecta, cioè il diritto punitivo che (almeno tradizionalmente!) non ripara, ma sanziona soltanto. Ma soprattutto è strumento di governo, perché è in ballo un grande regolamento dei conti: nel segno della continuità, del fil rouge tra tutti i diversi governi, che non hanno risolto, ma regolato, alimentato o discusso e gestito questo conflitto.
È infatti evidente che la questione della giustizia che ci occupa la vita quotidiana e politica da dopo Tangentopoli riguarda essenzialmente in primo luogo il potere, cioè il controllo della politica da parte della magistratura o l’invasione di campo della politica, appunto, da parte del potere giudiziario.
Non è una questione che riguardi in primo luogo i “comuni” cittadini, cioè non è per amore dei cittadini, non è per la giustizia dei consociati che ci sono queste continue polemiche. È in gioco il controllo della politica e sulla politica, sulla pubblica amministrazione e sull’impresa”.
Parte finale
Ora sappiamo come fare e sappiamo perché altri lo hanno già fatto.
Chi se la sente, si faccia avanti.
