Attività ispettive e di vigilanza ex art. 220 disp. att.: i vari orientamenti in campo (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 37845/2023, udienza del 15 giugno 2023, analizza il significato e la portata applicativa dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. in tema di attività ispettive e di vigilanza che implichino la necessità raccogliere ed assicurare fonti di prova.
Secondo l’insegnamento di Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291 – 01, il significato dell’espressione “quando…emergano indizi di reato” – contenuta nell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e tesa a fissare il momento a partire dal quale, nell’ipotesi di svolgimento di ispezioni o di attività di vigilanza, sorge l’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale – deve intendersi nel senso che presupposto dell’operatività della norma sia non l’insorgenza di una prova indiretta quale indicata dall’art.192 cod. proc. pen., bensì la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (nello stesso senso, Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, Rv. 276679 – 01; Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, Rv. 262010 – 01; Sez. 2, n. 2601 del 13/12/2005, Rv. 233330 – 01).
In ordine alle conseguenze della violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. si registrano, nella giurisprudenza di legittimità, due orientamenti.
Secondo il primo, l’acquisizione, nel corso di attività ispettive o di vigilanza durante il cui svolgimento siano emersi indizi di reato, degli atti necessari ad assicurare le fonti di prova senza l’osservanza delle
disposizioni del codice di rito relative alla fase delle indagini preliminari integra la nullità d’ordine generale di cui all’art. 178, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 5235 del 24/05/2016, dep. 2017, Rv. 269214 – 01; Sez. 6, n. 36695 del 06/10/2010, Rv. 248527 – 01; Sez. F, n. 38393 del 27/07/2010, Rv. 248911 – 01).
Nell’ambito di tale orientamento, alcune sentenze ritengono che la nullità deve essere eccepita prima della pronuncia del provvedimento che conclude l’udienza preliminare, ovvero, se questa udienza manchi, entro il termine previsto dall’art. 491, comma primo, cod. proc. pen. (Sez. F, n. 38393, cit.), altre sostengono che la nullità debba essere dedotta o rilevata non oltre la deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 6, n. 36695, cit.; Sez. 3, n. 21136 dell’11/05/2006, Rv. 234521 – 01; Sez. 3, n. 5207 del 15/03/2000, Rv. 216069 – 01)
Il secondo orientamento ritiene, invece, la inutilizzabilità del risultato probatorio acquisito in violazione delle garanzie stabilite dall’art. 220 disp. att. c.p.p. (Sez. 3, n. 9977 del 21/11/2019, dep. 2020, Rv. 278423 – 01; Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, dep. 2017, Rv. 269299 – 01; Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Rv. 246599 – 01; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Rv. 242523 – 01; Sez. 3, n. 7820 del 01/04/1998, Rv. 211225 – 01).
Nell’ambito di questo secondo orientamento si è però precisato che la violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. non comporta automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, essendo invece necessario che tale sanzione processuale sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito cui la disposizione citata rimanda (Sez. 3, n. 9977 del 21/11/2019, dep. 2020, Rv. 278423 – 01, che ha precisato che è onere di chi eccepisce l’inutilizzabilità, indicare, a pena di inammissibilità del ricorso, gli atti specificamente affetti dal vizio e l’incidenza degli stessi rispetto al provvedimento impugnato; nello stesso senso, Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, dep. 2017, Rv. 269299 – 01).
Fatta questa premessa ricognitiva, il collegio non ritiene necessario scegliere – non esplicitamente, almeno – a quale orientamento aderire, limitandosi ad osservare che 1a dedotta inutilizzabilità/nullità dei risultati delle analisi dei reflui si basa su una ricostruzione del fatto diversa da quel che risulta dal testo della sentenza impugnata, sollecitando il ricorrente una verifica di coerenza tra la motivazione e le prove indicate ai fini della decisione che dà per scontata la possibilità della Corte di cassazione di accedere al fascicolo del dibattimento e di leggerne il contenuto (nel caso di specie, i verbali di testimonianza e di campionamento), operazione, come noto, preclusa in sede di legittimità in assenza di travisamenti di sorta.
Il collegio perviene pertanto alla conclusione che la questione posta non è di diritto, ma di fatto: di qui l’inammissibilità del ricorso.