Provvedimenti cautelari reali: possono essere impugnati anche prima dell’esecuzione (di Vincenzo Giglio)

Secondo Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 43389/2023, udienza camerale del 16 ottobre 2023, è infondata la tesi secondo la quale l’interesse ad impugnare un provvedimento cautelare reale presuppone l’esecuzione della misura, ossia la concreta apposizione del vincolo (v., ad es., Sez. 3, n. 17839 del 05/12/2018, dep. 2019, Rv. 275598), destinato a durare per il tempo occorrente ad ottenere la pronuncia – in tesi favorevole – del giudice del riesame (nella stessa prospettiva, v. Sez. 5, n. 35183 del 27/05/2011, Rv. 251199 – 0; si vedano anche le puntualizzazioni, con riguardo al sequestro preventivo, di Sez. 6, n. 45869 del 14/10/2022, n.m.).

In particolare, non appare condivisibile che il destinatario di un provvedimento cautelare, in sé perfetto e giuridicamente esistente, dopo il deposito dello stesso, non lo possa impugnare anche prima della sua esecuzione, dovendo prima tollerare il sacrificio del suo diritto per poi contestare la legittimità del provvedimento.

Invero, l’ammissibilità dell’impugnazione è subordinata alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un’utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso (Sez. 5, n. 2747 del 06/10/2021, dep. 2022, Rv. 282542 – 01).

La consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite ha, infatti, concluso nel senso che la facoltà di attivare i procedimenti di gravame non è assoluta e indiscriminata, ma è subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulti idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante, con la conseguenza che l’eliminazione, o la riforma, della decisione gravata, renda possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso.

Dunque, la legge processuale non ammette l’esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione o la correttezza formale del procedimento. Non ammette, in altri termini, un’impugnazione che non produca alcun effetto pratico favorevole alla posizione giuridica del soggetto, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto (v., ad es., Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, Testini, Rv. 249002; Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, De Marino, Rv. 244110; Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815).

Ora, è indiscutibile l’interesse del destinatario di un provvedimento cautelare a rimuovere il titolo che legittima l’interessato (sia il p.m. o la parte civile) ad eseguirlo e a determinare il concreto pregiudizio derivante dall’apposizione del vincolo.

Peraltro, proprio con riferimento alla materia dei sequestri conservativi, depone in tal senso la disciplina processual-civilistica, che non richiede affatto l’esecuzione del provvedimento per l’esperimento del reclamo di cui all’art. 669 terdecies cod. proc. civ.

Ma, a prescindere da tale rilievo, la tesi secondo la quale l’interesse ad impugnare deve identificarsi nella possibilità di conseguire il risultato tipizzato per lo specifico schema procedimentale, ossia quello alla restituzione del bene sequestrato, non è persuasiva nella sua assolutezza.

Il principio viene affermato con riguardo alla posizione dell’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., ma, in concreto, privo di interesse alla restituzione del fondo su cui siano state realizzate opere abusive, quando, senza essere il proprietario del fondo e senza poter vantare una detenzione qualificata, sia il mero committente di tali opere (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Rv. 281098 – 01; per l’affermazione dello stesso principio, in generale e sempre con riguardo alla posizione dell’indagato non titolare del bene, v. anche Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, Rv. 280005 – 0).

La ratio di siffatta conclusione va ravvisata nel fatto che, laddove il ricorrente – a differenza di altri – non abbia titolo alcuno alla restituzione del bene, non è ravvisabile un interesse a contrastare il provvedimento che appone il vincolo. E, in tali casi, nei quali l’interesse non emerge con chiarezza dagli atti, è del tutto ragionevole esigere che chi impugna indichi, a pena di inammissibilità le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe di conseguire la restituzione del bene.

Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, ritiene che il ricorrente dovrebbe anche dedurre l’avvenuta esecuzione del sequestro (nello stesso senso, v. anche Sez. 3, n. 13283 del 25/02/2021, Rv. 281241 – 0). Ciò, si ripete, in quanto è proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare, da cui la sussistenza della relazione con la cosa sottoposta a vincolo (v., in tal senso, Sez. 3, n. 13283 del 25/02/2021).

In coerenza con tale ricostruzione, si è ritenuto che è inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto, in tale situazione, non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione (Sez. 6, n. 16535 del 26/01/2017, Rv. 269875 — 01). La sentenza ha, in motivazione, escluso la sussistenza dell’interesse ad impugnare allorché l’impugnazione sia attivata al mero fine di ottenere una pronuncia di illegittimità di un provvedimento che non ha ancora inciso in alcun modo nella sfera patrimoniale del ricorrente.

Nello stesso senso Sez. 3, n. 17839 del 05/12/2018, dep. 2019, che ha chiarito, ancora una volta, che l’interesse ad impugnare non può consistere nel mero fine di ottenere una pronuncia di illegittimità di un provvedimento che non ha ancora inciso nella sfera patrimoniale del ricorrente, poiché il mezzo di impugnazione è volto a rimuovere il vincolo reale e ad ottenere la restituzione della cosa sequestrata.