La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 33580/2023 ha ribadito che in tema di associazione per delinquere, è consentito al giudice, pur nell’autonomia del delitto-mezzo rispetto ai delitti-fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che, attraverso di essi, si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione.
In ordine alla sussistenza del reato associativo, in relazione alla quale va ribadito che il discrimine tra partecipazione a detto delitto e concorso di persone nel reato continuato va individuato nella natura dell’accordo criminoso, che nel secondo caso si manifesta in via occasionale e temporanea, per quanto funzionale alla consumazione di più reati determinati, commessi i quali le singole volontà non convergono ulteriormente verso uno scopo unitario; nella partecipazione al reato associativo, invece, l’accordo criminoso persegue il fine di realizzare un più vasto programma di azioni antigiuridiche indeterminate da compiere nell’indistinto futuro e con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, ciascuno dei quali vuole, e tale è considerato dagli altri, essere associato per dare esecuzione al progetto condiviso (ex plurimis v. Sez. 5, n. 1964 del 07/12/2018, dep. 2019, Rv. 274442; Sez. 6, n. 36131 del 13/05/2014, Rv. 260292; Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, dep. 13/01/2014, Rv. 258009; Sez. 6, n. 19783 del 16/04/2013, Rv. 255471).
L’associazione può essere progettata per operare anche per un tempo determinato (v. Sez. 5, n. 41720 del 13/09/2019, Rv. 277531 nonché Sez. 6, n. 38524 del 11/07/2018, Rv. 274099) ed è sufficiente che essa sia dotata «di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti» (Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, Rv. 256054), purché si presenti adeguata allo scopo illecito perseguito (Sez. 6, n. 15573 del 28/02/2017, Rv. 269952).
Principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità è quello secondo il quale è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato-mezzo rispetto ai reati-fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso gli stessi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima, specie quando ricorrano elementi che dimostrino il tipo di criminalità, la struttura e le caratteristiche dei singoli reati, le modalità di esecuzione (Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, Cinalli, Rv. 218376; Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Rv. 266670; Sez. 2, n. 2740 del 19/12/2012, dep. 2013, Rv. 254233; Sez. 5, n. 21919 del 04/05/2010, Rv. 247435).
