Regime del 41-bis: la proroga può prescindere dall’accertamento della permanenza dell’attività dell’organizzazione criminale di appartenenza così come dal decorso del tempo (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 42692/2023, udienza del 4 ottobre 2023, ricorda le ragioni che legittimano la proroga del regime differenziato regolato dall’art. 41-bis Ord. Pen.

In relazione al decreto di proroga del regime ex art. 41-bis Ord. Pen., una volta cristallizzata l’efficacia del precedente decreto applicativo, è sufficiente a reggere la legittimità di quello successivo la constatazione, alla luce della verifica dei parametri cognitivi indicati dal comma 2-bis della norma, del mancato venir meno dei presupposti su cui si era fondato il primo.

Ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis, è,dunque, necessario (anche a seguito della modifica apportata dalla legge n. 94 del 2009) accertare che la capacità del condannato di tenere contatti con l’associazione criminale non sia venuta meno: e questo accertamento va condotto anche alla stregua di una serie predeterminata di parametri, quali il profilo criminale, la posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, la perdurante operatività del sodalizio e l’eventuale sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, elementi tutti che vanno ponderati attraverso l’indicazione di indici fattuali sintomatici di attualità del pericolo di collegamenti con l’ambiente criminale esterno.

Siffatta evenienza, senza alcuna inversione del relativo onere, non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile, e non risulti, per contro, devitalizzata dalla presenza di indici dimostrativi del sopravvenuto venir meno del suindicato pericolo, di guisa che resti confermata la sussistenza del nesso funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza (fra le altre, Sez. 1 n. 18791 del 06/02/2015; Rv. 263508 – 01; Sez. 5, n. 40673 del 30/05/2012, Rv. 253713 – 01).

In tale prospettiva può ritenersi acquisita la tenuta costituzionale dell’assetto richiamato (ribadita da Corte cost. n. 190 del 2010; cfr., nella stessa prospettiva, Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, Rv. 268294 – 01, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41-bisOrd. pen., in relazione agli artt. 117 Cost. e 3 CEDU, nonché da Sez. 1, n. 29143 del 22/06/2020, Rv. 279792 – 01, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41-biscit., in relazione agli artt. 2, 3, 13, 24, 111 e 117 Cost. nella parte in cui esso assegna al Ministro della giustizia e non all’Autorità giudiziaria, la competenza a disporre l’applicazione o la proroga del suddetto regime detentivo).

Nell’indicata prospettiva, va ribadito, non è necessario – per legittimare la proroga – l’accertamento della permanenza dell’attività della cosca di appartenenza e la mancanza di sintomi rilevanti, effettivi e concreti, di una dissociazione del condannato dalla stessa, ma è sufficiente la potenzialità, attuale e concreta, di collegamenti con l’ambiente malavitoso che non potrebbe essere adeguatamente fronteggiata con il regime carcerario ordinario, di guisa che a tal fine la stessa sussistenza di collegamenti con il sodalizio criminale richiesta dalla norma non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile, sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, Rv. 279221 – 01; Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, Rv. 276483 – 01).

Sotto altro aspetto, la struttura della previsione normativa della proroga di tale regime impone di non assegnare al decorso del tempo il ruolo di elemento risolutivo, fermo restando che non si esige il pieno accertamento della perdurante condizione di affiliato al gruppo criminoso, bensì la verifica della sussistenza di elementi idonei a corroborare ragionevolmente la persistenza del concreto pericolo dei contatti con la realtà criminale di provenienza.

In definitiva, è da ritenere che, per la proroga del regime detentivo di cui all’art. 41-bis cit., l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati (in termini non esaustivi) dal comma 2-bisdella norma citata, costituisce l’esito del ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi – si basi, non necessariamente sopravvenuti – rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, Rv. 274912 – 01).