La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 30148/2023 ha stabilito che in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ai fini del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62. n. 4, cod. pen., la valutazione della speciale tenuità deve riguardare il solo aspetto del danno patrimoniale cagionato, non assumendo per contro rilievo altri parametri, significativi della gravità della vicenda nel suo complesso, che invece rilevano ai fini del riconoscimento della attenuante speciale di cui all’art. 323-bis cod. pen. (fattispecie in tema di peculato).
La Suprema Corte premette che in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ai fini del riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., la valutazione della speciale tenuità deve riguardare il solo aspetto del pregiudizio economico cagionato dal singolo fatto reato e non la gravità della vicenda nel suo complesso che, invece, rileva ai fini della applicazione della circostanza di cui all’art. 323-bis cod. pen. (Sez. 6, n. 1313 del 05/07/2018, dep. 2019, Rv. 274939).
È solo in base al valore patrimoniale di ciascun fatto appropriativo che deve essere apprezzata la ricorrenza o meno dell’attenuante comune prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen. allorché si tratti di delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio come il delitto di peculato, che è tipico reato plurioffensivo.
Non vi è ragione di discostarsi dal richiamato consolidato indirizzo della Corte di cassazione, in tema di delitti contro la pubblica amministrazione, secondo cui è solo per la circostanza attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. proc. pen., che è necessario valutare la vicenda nel suo complesso e non solo l’entità patrimoniale della violazione considerata.
Deve, perciò, ritenersi erroneo il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. motivato sulla base della valutazione del danno cagionato ai beni dell’imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa, assumendo tali connotazioni rilevanza solo ai fini dell’attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. proc. pen.
Tuttavia, va rilevato che, pur considerando il solo profilo patrimoniale dell’entità del danno cagionato come l’unico rilevante per il riconoscimento della circostanza attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4, cod. pen., in ogni caso, l’importo di 400 euro oggetto del singolo peculato per cui si procede esclude di per sé l’attenuante in parola perché non si presta ad integrare “un danno patrimoniale di speciale tenuità”.
L’assimilazione dei criteri di valutazione richiesti per l’applicazione dell’attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. pen. a quelli richiesti per l’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4 cod. pen. non è sostenibile perché renderebbe priva di significato la previsione dell’attenuante speciale, portandola a coincidere con la prima.
Peraltro, occorre considerare che l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità va tenuta distinta anche dall’attenuante del lucro di speciale tenuità prevista dalla medesima disposizione dell’art. 62, n.4, cod. pen., atteso che la prima riguarda solo i delitti che offendono esclusivamente o in via cumulativa il patrimonio, mentre la seconda riguarda tutti i delitti, indipendentemente dal bene giuridico oggetto di tutela, che siano stati commessi per motivi di lucro, come ribadito dalle Sez. U, n. 24990 del 30/1/2020, Dabo Kabiru, Rv. 279499, in tema di compatibilità di tale attenuante con la fattispecie autonoma di reato prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Ed è solo per questa diversa attenuante comune che la norma richiede una valutazione più ampia delle conseguenze del reato, che tenga conto del c.d. danno criminale, e quindi un vaglio che investe non solo il profilo economico del lucro conseguito o perseguito che deve essere di speciale tenuità, ma anche dell’evento dannoso o pericoloso che deve essere anch’esso di speciale tenuità.
La ricorrenza o meno dell’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4 cod. pen. allorché si tratti di “delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio”, nella cui categoria rientra certamente anche il delitto di peculato, quale tipico reato plurioffensivo che offende anche il patrimonio, è condizionata unicamente dal rilievo del pregiudizio economico cagionato alla persona offesa e non richiede altre condizioni.
Diversamente dalla circostanza attenuante del motivo di lucro di speciale tenuità, prevista sempre dall’art. 62, n. 4, cod. pen., la cui applicazione è invece subordinata alla duplice condizione che sia il lucro perseguito od effettivamente conseguito dal reo, sia l’evento dannoso o pericoloso, siano caratterizzati da speciale tenuità.
Si ritiene, pertanto, di dover dare seguito alla giurisprudenza che delimita l’ambito di applicazione dell’attenuante comune in parola ai soli casi in cui il pregiudizio economico arrecato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014, Rv. 260201; Sez. 5, 31/05/2011, n. 32097; Sez. 2 n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Rv. 280615), senza che assumano rilievo altri parametri non considerati dalla norma, che hanno invece rilevanza ai fini del riconoscimento della speciale attenuante prevista dall’art. 323-bis cod. pen per i soli delitti ivi indicati.
Ricordiamo l’esistenza di un orientamento formatosi in tema di furto che si pone in contrasto con la linea interpretativa qui seguita, laddove si afferma che il danno di speciale tenuità richiede sempre una valutazione più ampia di tutti gli elementi della fattispecie concreta necessari per accertare non il solo danno patrimoniale, ma il danno criminale nella sua globalità, cosicché, ai fini della sua configurabilità nel reato di furto, non possono essere ritenuti determinanti i soli parametri dell’entità lievissima del pregiudizio causato alla persona offesa e il valore irrisorio del bene sottratto (Sez. 5, n.344 del 26/11/2021, dep. 2022, Rv. 282402).
Trattasi di un orientamento isolato che si pone in contrasto con quello consolidato, adducendo a sua giustificazione un argomento fondato sul riferimento alla necessità di evitare in tal modo una possibile assimilazione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità alla causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., che non si può condividere poiché detta assimilazione è da escludersi invece proprio in ragione dell’oggettiva diversità dei presupposti normativi richiesti dalla citata causa di esclusione della punibilità (e cioè, oltre, appunto, all’entità del danno, le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del pericolo, l’abitualità della condotta).
Per le considerazioni che precedono, in conclusione, appare sicuramente corretta la decisione della Corte di appello di non ravvisare l’attenuante di cui all’art. 323-bis cod. pen. in ragione della valutazione complessiva della vicenda, e quindi del carattere sistematico delle appropriazioni e della conseguente gravità del pregiudizio arrecato al buon andamento dell’azione amministrativa.
Con riguardo, invece, alle ragioni del diniego dell’attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., la necessaria limitazione dell’applicabilità della predetta attenuante ai soli casi di irrisorio valore economico del pregiudizio arrecato alla vittima giustifica la sua esclusione nel caso di specie per la sola obiettiva considerazione dell’entità patrimoniale del danno patrimoniale cagionato dal singolo fatto reato, indipendentemente dalla gravità della vicenda nel suo complesso, e quindi per ragioni diverse da quelle evidenziate nella motivazione della sentenza impugnata.
