L’avvocato è una sorta di bersaglio mobile, sempre più spesso destinatario degli strali delle persone offese e delle contumelie dell’opinione pubblica anche quando svolge semplicemente il suo lavoro.
Fai l’avvocato con professionalità e ciò viene vissuto come un fatto ingiusto, una sorta di “provocazione”, che genera uno stato d’ira ed esonera dal rispondere del reato di diffamazione aggravata via social.
La singolare argomentazione è stata esaminata dalla cassazione sezione 5 con la sentenza numero 42631/2023.
Fatto
Il ricorrente assume, in particolare, che avrebbe scritto i messaggi ritenuti diffamatori sul proprio account Facebook relativi all’avv. R. L. in uno stato d’ira determinato dal fatto ingiusto dello stesso, quale difensore degli agenti di un Commissariato di Polizia di Stato che avevano commesso delitti in suo danno, depositando numerosi atti nei procedimenti che vedevano imputati tali agenti.
Decisione
La Cassazione ricorda, su un piano generale, che il “fatto ingiusto” altrui cui fa riferimento l’art. 599, comma 2, cod. pen., può configurarsi solo a fronte di condotte che “ictu oculi” non possano, neppure astrattamente, trovare giustificazione in disposizioni normative ovvero nelle regole comunemente accettate della convivenza civile (Sez. 5, n. 4943 del 20/01/2021, Rv. 280333 – 01), senza che assuma alcuna rilevanza la percezione negativa che ne abbia avuto il soggetto agente (Sez. 5, n. 21133 del 09/03/2018, Rv. 273131 – 01; Sez. 5, n. 25421 del 18/03/2014, Rv. 259882 – 01).
In applicazione dei richiamati principi non può dunque ritenersi che “il fatto ingiusto altrui” connotante la scriminante speciale della provocazione di cui all’art. 599 cod. pen. sia costituito dagli atti difensivi predisposti da un legale nell’interesse di soggetti che abbiano una controversia con il soggetto agente e ciò anche, come nella fattispecie in esame, qualora gli stessi siano imputati in un procedimento penale nel quale egli sia persona offesa.
Una differente interpretazione si porrebbe in contrasto con l’inviolabilità del diritto di difesa, sancita dall’art. 24 Cost., alla quale ha diritto ogni imputato, a prescindere dalla natura dei reati per i quali sia stato chiamato a rispondere, nel processo penale.
