Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 42235/2023, udienza del 14 settembre 2023, si è pronunciata su un complesso di ricorsi che hanno censurato in vario modo la confisca di terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi realizzate altrettanto abusivamente.
Il collegio di legittimità è stato chiamato a dipanare numerose questioni giuridiche.
Si riporta di seguito la soluzione da esso prescelta per quelle di maggiore rilievo.
Confisca legittima anche nel caso di prescrizione del reato purché vi sia stato un pieno accertamento del fatto
In tema di lottizzazione abusiva, la confisca ex art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente realizzate può essere disposta a fronte di intervenuta prescrizione del reato, anche nel caso in cui lo svolgimento dell’attività istruttoria, pur se necessitato dall’esigenza di accertare il maturare della prescrizione stessa, abbia comunque determinato un “pieno accertamento del fatto”, sotto il profilo oggettivo e soggettivo dello stesso (Sez. 3, n. 5816 del 18/01/2022, Rv. 282833 – 01).
Quanto sopra, in particolare, ben si coordina con quanto affermato dalla decisione delle Sezioni unite, che ha affermato come la confisca di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 01).
Nella specie, inoltre, il giudizio svolto nei confronti degli attuali ricorrenti non si è arrestato nel corso del dibattimento di primo grado, anche perché si era in presenza di un processo cumulativo, essendo proseguito infatti il processo per il delitto di violazione di sigilli. Ed allora, a maggior ragione, nessuno dei ricorrenti può dolersi del fatto che il processo non siasi arrestato ex art. 129, cod. proc. pen. con riferimento al reato contravvenzionale sub a), posto che è già stato affermato che, nel caso di procedimento cumulativo, la confisca “urbanistica” può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva dell’illecito lottizzatorio determinata dalla prescrizione, purché ne sia accertato, nel contraddittorio delle parti, l’elemento oggettivo e soggettivo nel prosieguo dell’istruttoria dibattimentale svolta per gli altri reati, ove non sia stato richiesto il proscioglimento fondato sulla maturazione dei termini di prescrizione (Sez. 3, n. 15310 del 25/02/2021, Rv. 281728 – 01). E, nel caso in esame non risulta dagli atti valutabili dal collegio – né tantomeno è stato dedotto da alcuno dei ricorrenti – che nel corso del giudizio di primo grado fosse stato chiesto l’immediato proscioglimento fondato sulla maturazione dei termini di prescrizione del reato lottizzatorio, essendo intervenuta tale richiesta solo all’esito del giudizio, peraltro in via subordinata da parte di tutte le difese (come risulta dalla stessa sentenza di primo grado, in cui tutti gli allora imputati – ad eccezione della difesa di … che aveva chiesto una derubricazione del reato sub a) nella contravvenzione di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente declaratoria di proscioglimento per prescrizione – avevano chiesto in via principale l’adozione di una pronuncia assolutoria con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, a comprova che gli elementi istruttori acquisiti fossero idonei a consentire al giudice di primo grado un accertamento nel merito, giustificando nell’ottica difensiva un proscioglimento quantomeno per difetto dell’elemento psicologico).
La stipula di un atto pubblico notarile non basta a dimostrare la buona fede del terzo acquirente di un immobile abusivamente lottizzato e a precludere la confisca
La buona fede del terzo acquirente di immobile abusivamente lottizzato, quale presupposto di esclusione di operatività della confisca, non può farsi discendere dal solo fatto dell’avvenuta stipulazione di atto pubblico notarile, essendo indispensabile, per affermare l’esistenza della stessa, l’esame specifico dell’atto traslativo e della documentazione ad essa allegata in una corretta prospettiva di verifica dell’esistenza di un’aspettativa di esattezza giuridica dei provvedimenti amministrativi su cui il privato possa fare affidamento (in motivazione la Corte ha precisato comunque che incombe sul notaio rogante, che non è esonerato da responsabilità per il solo fatto della trasmissione al Comune dell’atto “sospetto”, l’onere di verificare il rispetto delle prescrizioni legislative e di piano: Sez. 3, n. 15981 del 28/02/2013, Rv. 254987 – 01).
Milita, poi, nel senso della sussistenza dell’elemento soggettivo, anche la situazione oggetto di accertamento al momento del controllo del 3 dicembre 2009 e dello stato di fatto quale scaturente dai successivi sopralluoghi eseguiti nei mesi da marzo a ottobre 2010, in cui gli operanti accertarono l’intervenuta consumazione del reato di violazione di sigilli.
Ed infatti, al momento del controllo, sul lotto n. 8, di proprietà di … erano in corso lavori di edificazione, tanto che all’interno del lotto erano stati identificati due operai, intenti a lavorare. Nel corso dei successivi sopralluoghi eseguiti dagli operanti era stata accertata la prosecuzione di lavori con conseguente integrazione della violazione dei sigilli apposti, accertandosi in particolare la presenza di operai intenti al lavoro, essendo in corso la posa degli impianti tecnologici, la collocazione del pavimento e di una vasca da bagno, mentre all’esterno era stata completata la pilastratura, laddove l’immobile alla destra del lotto si presentava tramezzato, parzialmente intonacato e gessato con l’individuazione del locale bagno.
Tale lotto, peraltro, insisteva in zona E1 con destinazione agricola e nessun piano di lottizzazione era stato mai presentato. Ed allora, è evidente che, nel caso di specie, la tesi della buona fede è contraddetta dallo stesso comportamento assunto dal ricorrente il quale, ben consapevole delle ragioni che avevano determinato l’adozione del provvedimento di sequestro (con conseguente integrazione successiva del reato di violazione dei sigilli), aveva perseverato nella propria condotta illecita, così manifestando inequivocabilmente la consapevolezza circa l’illegittimità della lottizzazione accertata, a fronte della quale, pur di fronte all’evidenza di essere stato scoperto, aveva comunque tentato di porre in essere la condotta di completamento degli abusi.
Gli stessi giudici di appello, nel motivare la sussistenza dell’elemento psicologico, ritengono nella specie sussistente un intento doloso.
La prova della sussistenza dell’elemento psicologico nel momento in cui è stato commesso il reato, del resto, può essere tratta anche dal comportamento tenuto dal colpevole successivamente al reato medesimo, perché il principio del libero convincimento del giudice non soffre distinzioni fra natura materiale e psicologica dei fatti emersi dal processo e oggetto di valutazione ai fini del convincimento stesso (Sez. 2, n. 1818 del 17/11/1967, dep. 1968, Rv. 106993 – 01).
Dunque, quanto sostenuto dal ricorrente nel primo motivo circa la mancata sussistenza dell’elemento soggettivo, in presenza di un errore scusabile ex art. 5, c.p., non può per ciò solo essere meritevole di accoglimento.
Confisca possibile anche senza un provvedimento di condanna
È priva di pregio l’affermazione secondo cui l’accertamento della responsabilità dovrebbe consistere in un provvedimento di condanna, atteso che, come è stato definitivamente chiarito dalle Sezioni unite, la confisca di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, non richiedendosi una pronuncia di condanna ma solo che la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 01). E ciò è quanto avvenuto nel caso in esame, atteso che l’assunzione delle prove determinanti per l’accertamento dell’illecito lottizzatorio è intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, nel contraddittorio tra le parti, e non certo nel corso del giudizio di appello, in cui i giudici si sono limitati solo a colmare il deficit argomentativo del primo giudice che aveva del tutto omesso di motivare in ordine alla confisca urbanistica.
Proporzionalità della confisca
Quanto, poi, all’ulteriore eccezione difensiva, che lamenta il carattere sproporzionato dalla confisca in questione, in quanto disposta a carico della totalità dei lotti rilevanti, non si rilevano sul punto profili di illegittimità.
Ed infatti, come puntualmente oggetto di esame da parte dei giudici di appello in funzione integrativa dell’omessa motivazione sul punto del primo giudice, è risultato evidente che per effetto dei frazionamenti dei terreni oggetto della lottizzazione e della successiva attività edificatoria sugli stessi compiuta dai ricorrenti, è stata stravolta la destinazione di tutta l’area oggetto della lottizzazione (da zona destinata a verde agricolo a zona residenziale), con la conseguente legittimità della misura ablativa, in quanto disposta in relazione a un’area tutta completamente e direttamente interessata dall’attività di lottizzazione abusiva contestata, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, anch’essi facenti parte del programma lottizzatorio e concorrenti nella modificazione della destinazione urbanistica dell’area e della sua utilizzazione.
Tale confisca, nella specie, viene correttamente considerata dai giudici di appello come misura assolutamente proporzionata alla tutela degli interessi generali per cui è previsto dalla legge tale provvedimento ablatorio, non potendo misure diverse elidere l’effetto dei frazionamenti che hanno determinato lo stravolgimento dell’assetto urbanistico, in zona peraltro notoriamente a rischio inondazioni.
Trattasi, all’evidenza di apparato argomentativo del tutto adeguato che, del resto, si conforma in diritto alla giurisprudenza di legittimità che ha già avuto modo di affermare come in tema di lottizzazione abusiva, è conforme al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, la confisca di tutta l’area oggetto della lottizzazione, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, laddove la complessiva operazione edilizia realizzata abbia determinato il completo stravolgimento della destinazione urbanistica dei terreni, modificandola, nella specie, da zona destinata all’allevamento e all’agricoltura a zona residenziale (Sez. 3, n. 7756 del 03/10/2019, dep. 2020, Rv. 278167 – 01).
Principio di diritto
«In tema di lottizzazione abusiva, ove le prove di tipo dichiarativo o documentale, finalizzate all’accertamento della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo dell’illecito lottizzatorio, siano state acquisite antecedentemente alla data di estinzione per prescrizione di tale illecito, in un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio tra le parti, non è di ostacolo alla c. d. confisca urbanistica la circostanza che tale accertamento venga svolto dal giudice di appello, supplendo al silenzio motivazionale sul punto a seguito di impugnazione avverso la sentenza di primo grado che non l’abbia disposta, non essendo necessario che l’istruzione dibattimentale svoltasi in primo grado sia completa, in quanto è sufficiente che il giudice sia in grado di decidere allo stato degli atti fino a quel momento acquisiti, con il solo divieto per il giudice di appello di svolgere attività istruttoria integrativa a norma dell’art. 603, cod. proc. pen.».
