Corte d’appello: non può emettere sentenza ed è tenuta a trasmettere gli atti al PM ove proceda per un reato a citazione diretta e ritenga il fatto riqualificabile in un reato per il quale sia richiesta l’udienza preliminare (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 41378/2023, udienza del 28 settembre 2023, ha affrontato il caso di una decisione d’appello di condanna emessa previa riqualificazione del fatto in un reato per il quale è richiesta l’udienza preliminare.

Vicenda giudiziaria

La Corte territoriale, con sentenza del …, in parziale riforma della pronuncia del tribunale di … emessa in data …, riqualificato il reato di esercizio arbitrario contestato a LMC in quello di estorsione, confermava la condanna alla pena di legge inflitta in primo grado, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita.

Ricorso per cassazione

Il difensore della responsabile civile ha impugnato la sentenza della Corte, deducendo tra l’altro l’inosservanza di norme processuali penali stabilite a pena di nullità posto che la riqualificazione del fatto nel più grave reato di estorsione aveva determinato la violazione della precisa disposizione di cui all’art. 521-bis cod. proc. pen. che prevede l’obbligo di restituzione degli atti al PM in caso il diverso reato preveda l’udienza preliminare

Decisione della Corte di cassazione

Il motivo è fondato e deve pertanto essere accolto.

La corte di appello, riqualificato il fatto in estorsione avrebbe dovuto rimettere gli atti al PM così come precisamente previsto dall’art. 521 bis cod. proc. pen.

Difatti, seppure l’art. 597 comma terzo cod. proc. pen. preveda espressamente, nell’ambito della potestà del giudice di appello, la possibilità di riqualificazione del fatto anche nei sensi di una fattispecie più grave, tale potere deve pur sempre essere coordinato con la disciplina dettata dall’art. 521-bis comma primo cod. proc. pen. secondo cui, quando dalla diversa qualificazione giuridica risulti che per il reato è prevista l’udienza preliminare e questa non si è tenuta, il giudice dispone la trasmissione degli atti al PM. E tale disposizione, per effetto del generale richiamo contenuto nell’art. 598 cod. proc. pen. deve ritenersi applicabile anche al giudizio di appello.

Va, quindi, rilevato che il potere di qualificazione, fermi i limiti rivenienti dai noti arresti della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a partire dalla sentenza Drassich c. Italia, non è comunque incondizionato, e ciò significa che la qualificazione giuridica del fatto compete al giudice e che peraltro la stessa è consentita entro determinati limiti, dovendosi altrimenti prendere atto del regime applicabile in relazione al reato così come riqualificato (Sez. 6, n. 22813 del 03/05/2016, Rv. 267133).

Nella giurisprudenza di legittimità si è affermato al proposito che in tema di giudizio di legittimità, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al pubblico ministero qualora il giudice di appello, avendo dato al fatto una nuova e diversa qualificazione giuridica, ritenendo il reato tra quelli per i quali è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare e questa non si sia tenuta, ha giudicato nel merito dell’imputazione anziché disporre l’annullamento della sentenza di primo grado e la regressione del procedimento, al fine di consentire il recupero dell’udienza preliminare (Sez. 6, n. 8141 del 12/12/2019, Rv. 278356 – 01).

Invero sebbene in tema di udienza preliminare l’art. 550, comma 3, cod. proc. pen. preveda che nel caso di esercizio dell’azione penale mediante citazione diretta per reato per il quale è prevista l’udienza preliminare la relativa eccezione è proposta entro i termini di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen., tuttavia tale regola vale solo quando il reato nella qualificazione originaria richieda di per sé l’udienza preliminare e non quando la necessità dell’udienza preliminare discenda dalla riqualificazione operata in sede di giudizio (Sez. 6, n. 22813 del 03/05/2016, cit.; Cass. Sez. 1, n. 43230 del 4/11/2009, 245118).

Qualora alla qualificazione si addivenga nel giudizio di appello, dovrà quindi recuperarsi l’operatività dell’art. 521-bis cod. proc. pen., con conseguente travolgimento del processo attraverso l’annullamento della sentenza impugnata e di quella di primo grado e trasmissione degli atti al PM presso il tribunale competente in primo grado.

Proprio con specifico riferimento al rapporto tra artt. 393 e 629 cod. pen., è stato affermato che è nulla, per violazione del principio di correlazione con l’accusa, la sentenza di condanna per il reato di tentata estorsione emessa in seguito alla riqualificazione dell’imputazione di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in quanto la contestazione di un reato meno grave non può contenere in sé quella del reato più grave (Sez. 2, n. 18937 del 05/03/2019, Rv. 275775 – 01).

L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta affermare che il giudice di appello che investito del ricorso dell’imputato o del responsabile civile intenda dare al fatto di esercizio arbitrario per cui è intervenuta condanna in primo grado la diversa qualificazione giuridica di estorsione, non può procedervi d’ufficio ma deve rimettere gli atti al PM perché si proceda a seguito di rituale citazione per l’udienza preliminare.

Nel caso di specie, rispetto agli originari delitti di appropriazione indebita ed esercizio arbitrario, per i quali si era proceduto a citazione diretta, non risulta essere stata tenuta l’udienza preliminare ed il giudice di appello, pertanto, non poteva procedere d’ufficio alla riqualificazione.

Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al pubblico ministero.