La cassazione sezione 4 con la sentenza numero 38368/2023 ha ricordato che il delitto di importazione di sostanze stupefacenti si perfeziona con la conclusione dell’accordo delle parti sull’oggetto e sulle condizioni di vendita della sostanza (quantità, qualità e prezzo), senza che sia necessario che ne segua la consegna all’acquirente.
La Suprema Corte in applicazione del principio, ha giudicato immune da censure la decisione che aveva ritenuto consumato, e non tentato, il delitto in oggetto con il solo invio, da parte dell’acquirente, di un corriere per il ritiro dello stupefacente all’estero, in conformità agli accordi telefonici raggiunti con il fornitore, cui non aveva fatto seguito la materiale consegna della droga.
La cassazione rileva che il principio di diritto richiamato dalla difesa è ormai da tempo superato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti non è sufficiente la mera conclusione dell’accordo finalizzato all’importazione dello stupefacente, ma è necessaria l’acquisizione dell’autonoma detenzione della droga da parte dell’importatore, la quale si realizza anche attraverso l’assunzione da parte di quest’ultimo della gestione dell’attività volta all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale (Sez. 6, n. 27998 del 11/07/2011, Rv. 250560).
Diversamente, nella giurisprudenza della Corte di legittimità si è, da tempo, affermato il principio secondo cui, ai fini della consumazione del reato di cessione di sostanze stupefacenti, è sufficiente l’accordo delle parti sull’oggetto e sulle condizioni di vendita, non essendo necessaria la materiale consegna all’acquirente della sostanza (Sez. 4, n. 14276 del 02/12/2022, dep. 2023, Rv. 284604; in motivazione, la Corte ha precisato che non rileva che il venditore non abbia l’effettiva disponibilità del quantitativo di stupefacente pattuito, ove sia in grado di procurarselo e consegnarlo entro breve termine; Sez. 4, n. 3950 del 11/10/2011 dep. 2012, Rv. 251736).
In altri termini, la fattispecie di acquisto di sostanza stupefacente si consuma allorquando sia stato raggiunto, tra l’acquirente e il venditore, l’accordo sulla quantità, sulla qualità e sul prezzo della sostanza, senza che sia richiesta l’effettiva traditio della stessa, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione (Sez. 5, n. 54188 del 26/9/2016, Rv. 268749; Sez. 4, n. 6781 del 23/1/2014, Rv. 259284).
Ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti, altre pronunce hanno affermato che è sufficiente la conclusione dell’accordo finalizzato all’importazione dello stupefacente, potendosi il tentativo configurarsi solo nella fase antecedente all’incontro delle volontà, in ragione delle trattative intercorse, univoche e idonee a conseguire seriamente il reciproco consenso all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale (Sez. 3, n. 29655 del 29/01/2018, Rv. 273717; Sez. 4, n. 3950 del 11/10/2011 dep. 2012, Rv. 251736).
Del resto, seppure sotto il diverso versante della condotta criminosa di “offerta” di sostanze stupefacenti, le Sezioni Unite hanno da tempo chiarito che il reato si perfeziona nel momento in cui l’agente manifesta la disponibilità a procurare ad altri droga, indipendentemente dall’accettazione del destinatario, a condizione, tuttavia, che si tratti di un’offerta collegata ad una effettiva disponibilità, sia pure non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilità di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalità che “garantiscano” il cessionario (Sez. Un., n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263716 – 01).
