La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 31488/2023 ha ricordato che in tema di patteggiamento, la richiesta dell’imputato di applicazione di una sanzione sostitutiva è congiunta e non alternativa a quella di applicazione della pena, sicché grava sul giudice l’obbligo di controllarne l’ammissibilità e di rigettare la richiesta stessa nel caso in cui la sostituzione non sia applicabile, senza possibilità di scindere i termini del patto intervenuto tra le parti, che ha natura unitaria in vista della applicazione della pena concordata.
Fatto
Con sentenza resa in data 26.10.2022 il GIP presso il Tribunale di Bari, preso atto della richiesta presentata dal difensore di G.T. e G.G., all’uopo munito di procura speciale, ha applicato al primo la pena finale – su cui aveva convenuto il PM – di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro 6.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e, al secondo, la pena finale di anni 2 di reclusione ed euro 4.600 di multa, in relazione ai plurimi fatti di usura aggravata loro in concorso e rispettivamente ascritti.
Ricorre per cassazione la difesa, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 444 e ssgg. e 178 e ssgg. cod. proc. pen.: rileva che, nel caso di specie, l’accordo processuale intercorso con il PM e cristallizzatosi nella richiesta su cui era stato acquisito il consento del PM, aveva previsto la sostituzione della pena detentiva con quella della detenzione domiciliare cui, tuttavia, il GUP non ha provveduto, in tal modo finendo per illegittimamente disapplicare e modificare l’accordo raggiunto;
Decisione
Il GIP del Tribunale di Bari ha dato conto della proposta di applicazione concordata della pena formalizzata, nell’interesse di G.T., dal difensore di fiducia a tal fine munito di procura speciale, con la individuazione della pena finale di anni 2 di reclusione ed euro 4.600 di multa “con richiesta di sostituzione della pena detentiva di cui sopra nella detenzione domiciliare sostitutiva ex art. 20-bis cod. pen.”.
E’ pacifico, nella giurisprudenza della Suprema Corte con riguardo alle sanzioni sostitutive previste dalla legge 689 del 1981, che, in tema di patteggiamento, la richiesta dell’imputato di sostituzione della pena detentiva è per sua natura congiunta e non alternativa a quella di applicazione della pena, con la conseguenza che sul giudice incombe l’obbligo di controllarne l’ammissibilità e di rigettare la richiesta stessa qualora essa non sia applicabile, senza alcuna possibilità di scindere i termini del patto intervenuto tra le parti che ha natura unitaria in vista della applicazione della pena concordata (cfr., Sez. 4, n. 27975 del 07/06/2012, Rv. 253587 – 01, in cui la Corte aveva annullato la sentenza con cui il giudice aveva applicato la pena rigettando la richiesta di sostituzione di quella detentiva con la sanzione sostitutiva ex I. 689 del 1981; Sez. 4, n. 18136 del 10/04/2012, , Rv. 253770 – 01, che aveva annullato la sentenza che aveva omesso di provvedere alla sostituzione della pena detentiva; Sez. 6, n. 17198 del 18/04/2007, Rv. 236454 – 01; Sez. 4, n. 8210 del 11/07/1997, Rv. 208561 – 01).
Il principio era stato affermato già dalle SS.UU. “Scopel” del 1993 (cfr., Sez. U, n. 295 del 12/10/1993, Rv. 195618 – 01 in cui si era precisato che la riduzione premiale fino ad un terzo prevista dall’art. 444 cod. proc. pen. non riguarda le sanzioni sostitutive, le quali anche nel procedimento speciale in parola vanno individuate e, se lo si ritiene, applicate in relazione alla pena detentiva da infliggere in concreto e tenuto conto dei limiti oggettivi e soggettivi stabiliti in materia dalla legge n. 689 del 1981, sicché l’eventuale richiesta dell’interessato di applicazione di una sanzione sostitutiva è, per sua natura, necessariamente congiunta e non alternativa a quella di applicazione della pena e che spetta sempre al giudice il compito, ove la richiesta comprenda anche la sostituzione della pena detentiva, di controllarne l’ammissibilità, rigettando la richiesta ove non ritenga applicabile la sostituzione; ma è stato ribadito anche all’esito della entrata in vigore della novella del 2017 ritenendosi la questione riconducibile al novero di quelle contemplate dall’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen. (cfr., non massimate, Sez. 4, n. 3304 del 16.1.2022; Sez. 4, n. 47201 del 18.11.2022; Sez. 5, n. 4762 del 3.12.2019).
La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al GIP del Tribunale di Bari, per l’ulteriore corso: in quella sede il GIP valuterà se accogliere “in toto” la richiesta ovvero, altrettanto “in toto”, respingerla laddove ravvisasse ragioni – di natura oggettiva o soggettiva – ostative alla sostituzione della pena detentiva.
