La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 30515/2023 ha stabilito che la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., nella formulazione novellata dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è applicabile anche ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, laddove consente al giudice di tenere conto della condotta del reo successiva alla commissione del reato.
La Suprema Corte premette che la disposizione dettata dall’art. 131-bis cod. pen. è stata modificata dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, che, al dichiarato scopo di ampliare la portata operativa di tale particolare causa di esclusione della punibilità – pur continuando a precluderne l’applicazione nei processi aventi ad oggetto una serie di reati disciplinati dal codice penale o da leggi speciali, di cui all’ampliato elenco contenuto nel nuovo secondo comma di quell’articolo – nel primo comma ha sostituto le parole «massimo a cinque anni» con le parole «minimo a due anni» e ha inserito, dopo le parole »primo comma» quelle «anche in considerazione della condotta susseguente».
L’effetto di tale riscrittura è evidente, in quanto si è notevolmente allargato lo spettro di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., essendo oggi la esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto riconoscibile anche nei processi relativi ad una serie di reati in precedenza esclusi, perché puniti con una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, se sanzionati con una pena detentiva edittalmente stabilita in misura pari o inferiore a due anni; ed essendo stato stabilito che, a fini della valutazione della particolare tenuità dell’offesa, il giudice debba considerare non solamente indicatori rivolti, per così dire, al ‘passato’ o al ‘presente’ rispetto al momento della commissione del reato, ma anche uno specifico indicatore concernente ciò che è accaduto dopo quel momento, costituito appunto dalla condotta che l’imputato ha tenuto in epoca posteriore alla realizzazione dell’illecito (condotta susseguente che, in precedenza, si era negato potesse essere valorizzata ai fini che qui rilevano: v. i Sez. 5, n. 660 del 02/12/2019, dep. 2020, Rv. 278555; Sez. 3, n. 893 del 28/06/2017, Rv. 272249).
La disposizione dettata dall’art. 131-bis cod. pen. in tale nuova versione è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, giusta la previsione dell’art. 6 del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, nel testo convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, sicché, in assenza di una disposizione transitoria, si pone il problema della applicazione retroattiva di tali novità legislative a fatti di reato commessi in epoca anteriore a quella data: dunque, anche al delitto accertato a carico dell’odierno ricorrente, chiamato a rispondere del reato di cui all’art.4 1.110/75 punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da mille a diecimila euro, mentre per il caso di lieve entità (riconosciuto con la sentenza impugnata) la pena può essere irrogata soltanto la pena dell’ammenda.
Il ricorrente il quale, come si è visto, aveva già domandato l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. ed ha poi espressamente sollecitato, con un motivo nuovo, l’applicazione di quella stessa disposizione in virtù delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022.
A tale quesito ritiene la Suprema Corte debba darsi una risposta favorevole all’imputato, in ossequio al preciso indirizzo esegetico formulato dalle Sezioni Unite della Cassazione in occasione dell’entrata in vigore del nuovo istituto, quando la questione della deducibilità dell’istanza di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. per la prima volta in cassazione venne definita in senso positivo, in quanto norma afferente ad un istituto di diritto penale sostanziale, dunque ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen.: ne consegue il riconoscimento dell’applicazione retroattiva dell’art. 131-bis cod. pen. alle nuove figure criminose desumibili quoad poenam anche nei giudici pendenti alla data di entrata in vigore della riforma aventi ad oggetto reati commessi prima di quella data (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594-01).
Applicazione retroattiva che non vi è ragione di non riconoscere pure per la parte della nuova disposizione che prevede la possibilità per il giudice di tenere conto della condotta del reo susseguente al reato, in quanto concernente un presupposto per l’applicazione di quell’istituto di diritto penale sostanziale.
La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di La Spezia per nuovo giudizio alla luce dei principi sopra indicati.
