Pena sospesa subordinata al risarcimento del danno: i vari indirizzi interpretativi (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 38431, udienza del 13 settembre 2023, offre un’approfondita ricognizione degli orientamenti interpretativi in campo riguardo alla subordinazione della pena sospesa al risarcimento del danno e alla necessità e spettanza della verifica giudiziale sulla capacità economica dell’imputato di adempiervi.

Sul tema della subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, sussistono diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

Primo orientamento: la verifica non spetta al giudice di merito, semmai al giudice dell’esecuzione

Secondo una prima impostazione (Sezione 4, n. 4626 del 8/11/2019, Rv. 278290 – 01; Sezione 5, n. 12614 del 9/12/2015, Rv. 266873 – 01; Sezione 2, n. 26221 del 11/6/2015, Rv. 254913 – 01; Sezione 6, n. 33020 del 8/5/2014, Rv. 260555 – 01), maggiormente restrittiva, il giudice non è tenuto a svolgere accertamenti sulle condizioni economiche dell’imputato, in quanto la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere del condannato rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione.

Secondo orientamento: la verifica spetta al giudice di merito

All’opposto, in altri arresti (Sezione 5, n. 46834 del 10/10/2022, Rv. 273802 – 01; Sezione 5, n. 40041 del 18/6/2019, Rv. 277604 – 01; Sezione 5, n. 21557 del 2/2/2015, Rv. 263675 – 01; Sezione 2, n. 22342 del 15/2/2013, Rv. 255665 – 01) è stato affermato che il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio è tenuto a valutare, motivando sia pur sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, al fine di verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato, atteso che la subordinazione del beneficio ad una condizione inesigibile contrasta con il principio di eguaglianza sancito all’art. 3 Cost. e con la funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 Cost.

Terzo orientamento: il giudice di merito non è tenuto a svolgere l’accertamento ma deve comunque apprezzare motivatamente le condizioni economiche dell’imputato

Tra questi due opposti orientamenti ve n’è un terzo (Sezione 6, n. 11142 del 7/2/2023, E., Rv. 284609 – 01; Sezione 5, n. 26175 del 4/5/2022, Rv. 283591 – 01; Sezione 6, n. 46959 del 19/10/2021, Rv. 282348 – 01; Sezione 6, n. 22094 del 18/3/2021, Rv. 281510 – 01; Sezione 5, n. 3187 del 26/10/2020, Rv. 280407 – 01; Sezione 5, n. 40480 del 24/6/2019, Rv. 278381 – 02), cui il collegio intende dar continuità, secondo il quale, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice non è tenuto a svolgere un preventivo accertamento in ordine alle condizioni economiche dell’imputato, dovendo tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione. In tale scia è stato, altresì, osservato che è onere dell’imputato fornire al giudice le prove da cui emergano elementi specifici e concreti che consentano, attraverso un motivato apprezzamento delle condizioni economiche dell’interessato, d i valutare la capacità del medesimo di soddisfare la condizione imposta, con la conseguenza che non è sufficiente che l’imputato si limiti a lamentare genericamente le sue difficoltà economiche per mancanza di reddito (Sezione 5, n. 26175/2022 cit.).

Preferenza accordata al terzo orientamento

Tale impostazione risulta convincente perché, da un lato, non demanda ad un momento successivo al giudizio di cognizione, segnatamente alla fase della esecuzione, la verifica della compatibilità della subordinazione della sospensione condizionale della pena alle condizioni economiche dell’imputato e dall’altro non onera il giudice di un accertamento che risulterebbe del tutto superfluo, ove non reso necessario sulla base delle allegazioni della parte o della emersione di elementi specifici che facciano dubitare della sua capacità economica.

In altri termini, ritiene il collegio che l’onere di motivazione non sia predeterminabile, variando a seconda che l’imputato abbia o meno allegato circostanze specifiche dalle quali desumere l’eventuale impossibilità di adempiere al risarcimento del danno; la motivazione, dunque, dovrà esser parametrata sugli elementi specificamente dedotti o comunque emersi nel giudizio, nonché tenendo conto dell’entità dell’importo dovuto, in quanto, a seconda dell’entità del risarcimento, potrà risultare più o meno fondato il dubbio in relazione alla incapacità economica dell’imputato.

Riverberi sul caso oggetto di ricorso

Nel caso oggetto di scrutinio, la Corte territoriale ha ben evidenziato che agli atti non vi erano elementi che potessero far dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta, emergendo anzi elementi di segno contrario (l’imputato, impiegato nel settore immobiliare e la persona offesa frequentavano la stessa palestra, che – per i costi e la voluttuarietà dell’attività – non può essere frequentata da persone indigenti) e che in ogni caso il ricorrente nemmeno nell’atto di appello aveva fornito idonei elementi di valutazione o richiamato qualsivoglia fonte di prova sul punto, limitandosi ad affermare la propria incapacità economica.

Analogamente, il motivo di ricorso per cassazione, come si accennava, è generico, atteso che non fornisce elementi da cui poter desumere l’impossibilità per l’imputato di adempiere alle obbligazioni civili di cui si discute.