Continuazione: non è un beneficio premiale e può essere riconosciuta solo in presenza di indicatori concreti e sintomatici (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 38876/2023, udienza del 16 marzo 2023, definisce i parametri necessari per il riconoscimento della continuazione tra più reati.

Il riconoscimento della continuazione postula, sia in fase di cognizione che in sede di esecuzione, la programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte grossomodo delineate (“disegnate”) in vista di un unico fine.

Ciò richiede pertanto la verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).

Sul piano probatorio, il condannato che, in sede di esecuzione, invochi l’applicazione della disciplina della continuazione, ha l’onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, al fine di evitare che la previsione di cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275451).

Si è peraltro precisato che il condannato che invoca l’applicazione della disciplina della continuazione in sede di esecuzione ha un mero interesse all’allegazione di elementi specifici sintomatici della riconducibilità dei reati a una preventiva programmazione unitaria, sicché, non configurandosi un onere giuridico, la mancata allegazione di tali elementi non può essere valorizzata negativamente dal giudice (Sez. 1, n. 12914 del 23/02/2022, Rv. 283083 – 01).

Spetta al giudice dell’esecuzione, tenuto conto delle allegazioni difensive e attraverso l’approfondita disamina dei casi giudiziari oggetto delle sentenze acquisite anche di ufficio, individuare i dati sostanziali di possibile collegamento (cfr. Sez. 1, 14188 del 30/3/2010, Rv. 246840).

Ciò premesso, ritiene il collegio che l’ordinanza impugnata vada esente da censure.

La Corte territoriale, dopo aver riconosciuto la sussistenza della continuazione tra i reati di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 in ragione della loro omogeneità, prossimità temporale e della identità del luogo di commissione, l’ha invece esclusa con riguardo a tali reati e a quello di rapina. Pur sussistendo contiguità temporale tra le condotte considerate, nonché il comune fine di lucro, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che la diversità del titolo di reato e delle modalità di esecuzione che le caratterizzava fossero di per sé elementi idonei ad escludere l’unicità del programma criminoso.

Trattasi di motivazione logica e ineccepibile a fronte della quale il ricorrente non ha allegato nessun concreto elemento significativo del fatto che, al momento della perpetrazione della rapina, il avesse già programmato, quantomeno nelle sue linee essenziali, la commissione dei successivi reati di cessione di sostanze stupefacenti, limitandosi, in sostanza, a prospettare tale unitaria preordinazione come mera e astratta possibilità.

D’altra parte, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato sia sufficiente, trattandosi di indici non univoci di attuazione di un programma criminoso unitario in quanto comuni all’abitualità a delinquere, propria di un sistema di vita tendente alla sistematica e contingente consumazione di illeciti, a delineare i presupposti per la configurabilità del reato continuato (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, dep. 2016, Rv. 267580; Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008, dep. 2009, Rv. 242476).