La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 37012/2023 ha stabilito che la cessazione dall’incarico di amministratore unico di una società, per qualsiasi ragione, determina l’operatività dell’istituto della “prorogatio imperii”, previsto dall’articolo 2385 Cc, secondo cui detta cessazione ha effetto (se resta in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione) soltanto in forza della sua avvenuta sostituzione con altro amministratore, con la finalità di assicurare la contestualità tra cessazione e sostituzione dell’amministratore.
Quindi, l’efficacia delle dimissioni o di qualsiasi altro istituto da cui derivi che la società rimanga privata dell’opera dell’amministratore dipende e decorre dall’avvenuta sostituzione: ne consegue che risponde di bancarotta fraudolenta documentale l’amministratore unico dimissionario della società laddove la consegna delle scritture contabili all’organo fallimentare è stata parziale e inidonea a consentire la ricostruzione dei movimenti contabili e del patrimonio dell’ente, dovendosi ritenere che, non risultando nominato un sostituto, detto amministratore anche dal punto di vista formale, per la proroga nelle funzioni, rivestisse comunque il ruolo di amministratore unico.
La Suprema Corte che si rivela, quindi, infondata la tesi del ricorrente, secondo cui, il 6.12.2010, egli avrebbe rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di amministratore della cooperativa, sicché, per tale ragione, avrebbe perso la qualifica soggettiva idonea al determinarsi delle condizioni giuridiche ed obiettivi per attribuirgli la responsabilità della tenuta della documentazione contabile della società.
Anzitutto, i giudici d’appello sottolineano che le dimissioni rassegnate non sono state in realtà formalizzate con valore esterno, ma sono state prese in considerazione solo con valenza interna all’ente, visto che la delibera assembleare di accettazione delle dimissioni non è stata pubblicizzata in alcun modo. In ogni caso, la cessazione dall’incarico di amministratore unico di una società, per qualsiasi ragione, determina l’operatività dell’istituto della “prorogatio imperii”, previsto dall’art. 2385 cod. civ., secondo cui detta cessazione ha effetto (se resta in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione) soltanto in forza della sua avvenuta sostituzione con altro amministratore, con la finalità di assicurare la contestualità tra cessazione e sostituzione dell’amministratore, di talché l’efficacia delle dimissioni o di qualsiasi altro istituto da cui derivi che la società rimanga privata dell’opera dell’amministratore dipende e decorre dall’avvenuta sostituzione (in tal senso anche la giurisprudenza della Cassazione civile, a partire da Sez. 3, n. 281 del 24/1/1975, Rv. 373494; si vedano anche Sez. L, n. 6454 del 11/12/1979, Rv. 403190; Sez. 1, n. 28 del 3/1/2013, Rv. 625191).
Nel caso di specie, la sentenza d’appello ha messo in risalto la circostanza che le missive dell’imputato, nelle quali rappresentava le sue dimissioni, davano atto proprio delle dimissioni anche di tutto il consiglio di amministrazione, praticamente azzerato; né risulta sia stato nominato un amministratore in sostituzione.
Pertanto, anche dal punto di vista formale, per la proroga nelle funzioni, il ricorrente rivestiva comunque il ruolo di amministratore unico della cooperativa in liquidazione.
Ed il secondo comma dell’art. 2385 cod. civ. non è norma limitativa delle attribuzioni dell’amministratore nel periodo di proroga, sicché deve escludersi che i compiti di gestione di detti amministratori siano circoscritti, in tale periodo, agli atti di ordinaria amministrazione (Sez. 1, n. 8912 del 4/6/2003, Rv. 563895) e, dunque, che al ricorrente fossero estranei compiti di tenuta regolare della documentazione contabile della cooperativa.
Da tali elementi si è tratta agevolmente, e convincentemente, la responsabilità del ricorrente per il reato ascrittogli, su di un piano oggettivo, rilevato che l’obbligo di tenere le scritture contabili viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (cfr. Sez. 5, n. 20514 del 22/1/2019, Rv. 275261, in tema di bancarotta semplice documentale).
