Pochi giorni fa sul quotidiano Il Dubbio (a questo link) è uscito un articolo a firma di F. Spasiano: Dire (quasi) tutto in sole 7 parole: la sfida online che piace anche agli avvocati.
Vi si parla del torneo letterario “7 parole per un racconto“, un format ideato dallo scrittore C. Salzana e adottato da vari festival e rassegne letterarie.
Come avverte il nome, le sette parole devono essere usate per confezionare un racconto.
Occorrono quindi una trama, un finale se possibile sorprendente, la coerenza al tema assegnato.
L’idea è piaciuta anche a noi e abbiamo deciso di partecipare ma fuori concorso senza competere con nessun altro, già troppa competitività in giro.
Scriviamo di diritto e di giustizia, il nostro tema è questo.
Raccontiamo storie vere che riflettono certi modi di intendere la declinazione contemporanea della complessa relazione che si instaura tra legislatore, giudice e cittadino.
Qualche volta queste storie non ci piacciono perché esprimono una sensibilità lontana dal nostro modo di intendere il diritto come strumento non di mortificazione ma di elevazione degli esseri umani.
Le nostre sette parole provano a descrivere una situazione frequente che combattiamo ogni giorno dalle pagine di Terzultima Fermata.
Eccole:
“Colpevole!
Di che?
Di non piacermi affatto“.
