La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 35795/2023 ha esaminato la configurabilità della fattispecie introdotta dal Codice rosso nel 2019 intitolata “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso” in riferimento alla presenza di una cicatrice sul volto della persona offesa.
La cassazione ha stabilito che deve essere cassata con rinvio la sentenza d’appello che ritiene configurabile il delitto ex articolo 583-quinquies Cp laddove la persona offesa vittima di un pestaggio è stata costretta a ricorrere a un intervento chirurgico alla mandibola dovendosi ritenere che la lesione al volto, per potere integrare uno sfregio o una deformazione, e giustificare il severo trattamento sanzionatorio comminato dalla norma astratta, deve produrre, non un qualsiasi esisto cicatriziale, ma un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, che incida sulla funzione estetico-fisiognomica dello stesso, sì da compromettere la percezione del sé da parte della vittima e di coloro con i quali si relaziona.
La Suprema Corte evidenzia che la motivazione della sentenza non offre alcun elemento descrittivo della idoneità della cicatrice di determinare quell’effetto di snaturamento della identità personale e relazionale della vittima che, invece è necessario riscontrare nella fattispecie concreta, quale conseguenza della condotta lesiva.
Ricordiamo che l’articolo 583-quinquies, codice penale – intitolato “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, come introdotto dall’articolo 12 comma 1 della legge 19 luglio 2019, n. 69, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, cosiddetto Codice Rosso – punisce con la reclusione da 8 a 14 anni colui che cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente al viso.
Nella formulazione originaria del Codice penale, la deformazione e lo sfregio permanente del viso erano puniti ai sensi dell’art. 583, comma 2, n. 4 c.p., e secondo l’orientamento maggioritario, l’art. 583 c.p., annoverava una serie di circostanze aggravanti della fattispecie di lesioni personali, avuto riguardo alla rubrica, alla presenza di elementi specializzati rispetto all’ipotesi base delle lesioni personali e al testo dell’art. 582 c.p., che rinvia alle circostanze aggravanti di cui all’art. 583 c.p..
Il Codice Rosso ha, invece, trasformato la deformazione e lo sfregio permanente al viso in un titolo autonomo di reato, con un proprio trattamento sanzionatorio, attraverso un modus operandi che il legislatore aveva già sperimentato in altre occasioni, come quando sono state trasformate le due aggravanti del furto domiciliare (art. 625, n. 1) e del furto con scippo (art. 625 n. 4) in reati autonomi, con pena pecuniaria triplicata nel minimo; il medesimo meccanismo, d’altronde, è stato applicato nell’ipotesi del delitto di omicidio stradale.
Alla luce dei principi generali del diritto penale, la principale conseguenza di una siffatta operazione legislativa è la sottrazione della fattispecie al giudizio di bilanciamento di cui all’articolo 69 c.p., con eventuali circostanze attenuanti.
Il Legislatore ha mutato la fattispecie aggravata in reato autonomo ed ha anche incrementato i limiti edittali, onde punire in modo più severo una condotta di particolare disvalore, come quella lesiva dell’estetica del volto della vittima.
La vittima della deformazione o dello sfregio permanente subisce, infatti, un’offesa consistente in un grave danno alla salute sia fisica che psichica, vedendo il proprio viso deformato o sfregiato, e, quindi, risultando irriconoscibile la propria persona a sé e al mondo con cui si relaziona quotidianamente.
