Elemento psicologico del tentato omicidio (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 5^, sentenza n. 26265/2023, udienza del 24 maggio 2023, afferma la sufficienza del dolo diretto per la sussistenza del tentato omicidio ed esclude la necessità del dolo intenzionale.

Nel delitto di tentato omicidio, ai fini della sussistenza del reato è sufficiente il dolo diretto rappresentato dalla cosciente volontà di porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o alto grado di probabilità in base alle regole di comune esperienza, la morte della persona verso cui la condotta stessa si dirige, non occorrendo, invece, la specifica finalità di uccidere, e quindi il dolo intenzionale inteso quale perseguimento dell’evento come scopo finale dell’azione (Sez. 5^, n. 23618 del 11/04/2016, Rv. 266915, che ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva ritenuto sussistente il tentativo, avendo ravvisato – per la modalità concreta con cui fu vibrato il colpo di coltello, per la precisione e freddezza dell’imputato e per la zona del corpo attinta – gli elementi oggettivi che permettevano di desumere il dolo diretto, senza ritenere necessario il dolo intenzionale). La cosciente volontà di porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o alto grado di probabilità in base alle regole di comune esperienza, la morte della persona verso cui la condotta stessa è diretta vale ad integrare il dolo diretto, cosicché il giudice, affermando che nel caso di specie era ravvisabile il dolo diretto perché gli aggressori hanno agito tutti «nella consapevolezza che l’evento morte avrebbe potuto essere una conseguenza certa o altamente probabile della loro violentissima aggressione», ha correttamente applicato il principio sopra esposto.