Una leggenda metropolitana si aggira tra i corridoi e le sale di attesa degli studi legali.
Corre veloce, si infila tra le pile dei fascicoli, si annida nei mucchietti di post-it in attesa di soluzione.
L’avvocato, ben saldo e fermo nelle sue posizioni, resiste e rifugge dalle leggende metropolitane.
Quella è roba da isterici fanatici, da zitelle impenitenti, espressione di un retaggio culturale degradato che nulla ha a che fare con la preparazione e con l’obbiettività dell’avvocato.
La leggenda metropolitana, infatti, narra e insegna che l’avvocato, quando riceve la PEC con lo scioglimento della riserva, non deve precipitarsi a leggere la sentenza.
La fretta, infatti, soprattutto se tutti i satelliti sono allineati, porta notoriamente sfiga.
Meglio far sedimentare tutto e attendere quei due o tre secondi che fanno tanto “sangue freddo dei miei stivali”.
Ed ecco che la leggenda metropolitana, con tutta la sua sequela di sfiga auto celebrata, si compie.
Che non lo sapevi che dovevi aspettare 4 secondi e non 3 per aprire la PEC?
Ed allora, potrebbe essere d’aiuto incrociare le dita, tutte nessuna esclusa incluse quelle dei piedi, mentre si apre la PEC.
Se poi il sistema va in palla per i troppi click con la classica rotellina che gira e gira, e girerà ancora e ancora per ogni click isterico, meglio lasciare tutto e “non aprire quella porta!”: lo dice la leggenda metropolitana e anche qualche film dell’horror … giuridico.
