Interruzione di pubblico servizio: requisiti minimi per la configurabilità (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 34286/2023 è tornata ad occuparsi della configurabilità del reato di interruzione di un ufficio ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessità (art. 340 cod. pen.), stabilendo che è necessario che il turbamento della regolarità abbia comportato e causato un’apprezzabile alterazione del funzionamento dell’ufficio o del servizio, ancorché temporanea dell’interruzione di pubblico servizio.

La Suprema Corte  ricorda il principio, secondo cui l’elemento oggettivo del reato, previsto dall’art. 340 cod. pen., consiste in qualsiasi comportamento che provochi l’interruzione o turbi il regolare svolgimento di un servizio pubblico; né rileva che l’interruzione sia definitiva o il turbamento totale, essendo sufficiente, a tal fine, anche un’interruzione momentanea, purché di durata non irrilevante, o un turbamento relativo, purché non insignificante (Sez. 5, n. 15388 del 6/03/2014, Sanna, Rv. 260217).

Infatti, per la configurabilità del reato di interruzione di un ufficio ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessità, è necessario che il turbamento della regolarità abbia comportato e causato un’alterazione del funzionamento dell’ufficio o del servizio, ancorché temporanea, ma apprezzata nel suo complesso ed espressa con modalità tali da incidere sulla concreta operatività dell’attività in questione (Sez. 6, n. 19676 del 16/04/2014, Rv. 259768).

Ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del delitto di cui all’art. 340 cod. pen., è sufficiente che il soggetto attivo sia consapevole che il proprio comportamento possa determinare l’interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio, accettando ed assumendosi il relativo rischio (Sez. 6, n. 8996 del 11/02/2010, Rv. 246411; Sez. 6, n. 39219 del 09/04/2013, Rv. 257081).

Ricordiamo che la cassazione ha escluso la configurabilità del reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità solo quando l’interruzione o il turbamento della regolarità riguardi un singolo atto e il comportamento non ha inciso in modo apprezzabile sulla funzionalità complessiva dell’ufficio.

Si è detto, quindi, che non assumono rilievo eventuali interferenze esterne che, per gli effetti minimali che producono, rientrano nella ordinaria sfera di maleducazione, sgarbo o petulanza, ovvero nella fisiologica prevedibilità delle tensioni umane connesse alle forme, ai tempi e alle modalità dell’intervento posto in essere da un pubblico ufficiale, tanto da essere agevolmente controllabili o superabili attraverso i normali meccanismi di difesa di cui l’ufficio o il servizio dispone, proprio nella prospettiva di assicurarne la costante continuità di funzionamento (Sez. 6, n. 36404 del 28/05/2014, Rv. 259901).

È perciò necessario che il turbamento della regolarità abbia comportato e causato un’alterazione del funzionamento dell’ufficio o del servizio, ancorché temporanea, ma apprezzata nel suo complesso ed espressa con modalità tali da incidere sulla concreta operatività dell’attività in questione (Sez. 6, n. 19676 del 16/04/2014, Rv. 259768; Sez. 6, n. 46461 del 30/10/2013, Rv. 257452).

Non rileva, però, che l’interruzione sia definitiva o il turbamento totale, essendo sufficiente, a tal fine, anche un’interruzione momentanea, purché di durata non irrilevante, o un turbamento relativo, purché non insignificante (Sez. 5, n. 15388 del 06/03/2014, Rv. 260217; Sez. 6, n. 36253 del 22/09/2011, Rv. 250810, in tema di ritardo di due ore nella prestazione del servizio pubblico; Sez. 6, n. 35071 del 14/03/2007, Rv. 238025, in fattispecie relativa all’interruzione per oltre due ore del servizio di pubblico trasporto stradale, a seguito di una manifestazione di protesta organizzata nel centro urbano di una città).