Giovanni Aricò, l’avvocato galantuomo: “il migliore avvocato è quello che fa meno danni” (di Riccardo Radi)

Giovanni Aricò aveva tutte le qualità di un grande avvocato ed in particolare l’umiltà che contraddistingueva le sue arringhe in cassazione.

Era una sorta di folletto e nella stessa giornata saltava da un’aula all’altra della Suprema Corte, sempre con un accennato sorriso sul suo volto.

Un volto che aveva sofferto e soffriva perché la vita e la sorte non erano state benigne ma ciò nonostante il sorriso non mancava mai.

Durante le sue discussioni avanti alla Suprema Corte spesso diceva:  “non è vero che i giudici non ascoltano, bisogna mettersi nella condizione di essere ascoltati”, frase che aveva anche l’effetto di destare l’attenzione anche del giudice più distratto in quel momento, come ricorda il dott. Giorgio Fidelbo, presidente della sezione 6 della cassazione, nel suo splendido ricordo dell’avvocato Aricò pubblicato sull’ultimo numero della rivista 111 della Camera penale di Roma : https://www.centoundici.it/wp-content/uploads/2023/05/nostra-storia-1-4.pdf

Nelle sue difese si avvertiva la serietà e passione che metteva nel suo lavoro, forse anche il tormento quando, rivolto a noi, diceva, sospirando, che il migliore avvocato è quello che fa meno danni, una frase piena di umiltà e nello stesso tempo di consapevolezza della difficoltà del lavoro del difensore, una frase che dovrebbe essere presa in prestito anche da altri protagonisti del processo, giudici e pubblici ministeri.

Giovanni Aricò era un avvocato che aveva fiducia nei giudici e nella loro funzione e spesso diceva che se non avesse avuto tale fiducia non avrebbe potuto svolgere la sua attività di avvocato e proprio il rispetto che professava nei confronti dei suoi interlocutori gli consentiva di parlare con estrema franchezza e in modo diretto con i giudici”.

Pensieri e ricordi che detti da un giudice sono la prova provata della grandezza e umiltà di un principe del foro che è stato un grande Signore e inarrivabile Avvocato e che soleva dire: “Io sono un artigiano che lavoro in trincea. Sono convinto che il rispetto che l’avvocato deve dare al magistrato nasce dalla polemica perché solo così può dare un contributo all’accertamento della verità“.