Il tema che segnaliamo è il seguente: alla luce delle novità normative e dell’ingresso dell’impugnazione trasmessa per via telematica, il principio della negligenza del difensore che non comporta la restituzione in termine andrà rivisto?
Appare debole ed oggettivamente pleonastico “richiamare un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito” nel caso di errori commessi dall’avvocato sul portale telematico, anche perché il controllo sull’adempimento defensionale è impedito al comune cittadino da un quadro normativo sicuramente complesso anche per gli addetti ai lavori.
La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 33840/2023 ha stabilito che il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine, poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo.
Fatto
Con l’ordinanza di cui in epigrafe la corte di appello di Milano rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di P. A., volta a ottenere la restituzione, ex art. 175, c.p.p., nel termine per impugnare la sentenza di condanna pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano, in sede di giudizio abbreviato, in data 28.6.2021, per il delitto di cui agli artt. 110, c.p., 223, co. 1, n. 1) e n. 2), 216, n. 1) e n. 2), 219, n. 1), l.fall.
Avverso la suddetta ordinanza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il P., lamentando violazione degli artt. 175 e 583 c.p.p., in quanto all’errore compiuto dal difensore nell’indicazione dell’indirizzo della Corte d’appello non avrebbe dovuto attribuirsi valenza ostativa, attesa la tempestività della formazione dell’atto di impugnazione e della spedizione e l’esatta indicazione del destinatario, né va taciuto che l’impugnazione avrebbe dovuto considerarsi proposta alla data di spedizione della raccomandata, senza che la dichiarazione dell’addetto al recapito di non conoscere il destinatario potesse valere ad elidere tali essenziali circostanze di validità della proposizione dell’appello.
Decisione
La Cassazione premette che la decisione assunta si fonda sul dato di fatto, incontestato dallo stesso ricorrente, che la “mancata tempestiva impugnazione della sentenza emessa dal GUP del tribunale di Milano in data 28.6.2021 è ascrivibile, non a caso fortuito o a forza maggiore, ma ad un errore del difensore nell’indicazione dell’indirizzo dell’Ufficio Giudiziario destinatario dell’atto“, in quanto sul plico spedito a mezzo raccomandata postale, contenente l’atto di appello, era stato indicato come indirizzo civico dell’autorità giudiziaria destinataria dell’atto stesso “C.so V. Emanuele II n. 22/24”, invece che quello corretto di “C.so di Porta Vittoria, 24”.
La Suprema Corte ribadisce che la negligenza del difensore nel proporre impugnazione non integra ipotesi di caso fortuito o forza maggiore legittimanti la restituzione nel relativo termine (cfr. Sez. 4, n. 31408 del 09/05/2013, Rv. 255952).
In questa prospettiva si è ulteriormente chiarito che il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine, poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo (cfr. Sez. 4, n. 55106 del 18/10/2017, Rv. 271660).
Principi ribaditi anche in più recenti arresti, in cui si evidenziato, da un lato, come il mancato o l’inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è di per sé idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine (cfr. Sez. 6, n. 2112 del 16/11/2021, Rv. 282667); dall’altro, che la decadenza dell’imputato dal termine per proporre appello non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto ascrivibile al difensore, atteso che all’imputato personalmente spetta la facoltà di impugnare, in via autonoma e concorrente rispetto al difensore (cfr. Sez. 2, n. 13803 del 10/03/2021, Rv. 281033).
Può, in conclusione, affermarsi la manifesta inammissibilità del ricorso, apparendo evidente come l’errore nell’indicazione dell’indirizzo dell’autorità giudiziaria, che non ha reso possibile la proposizione dell’impugnazione nei termini di legge, per non essere tempestivamente giunto all’indirizzo del destinatario il plico contenente l’atto di appello, sia ascrivibile a negligenza del difensore, che a tanto non poteva porre rimedio, chiedendo di essere rimesso in termini.
