La cassazione sezione 3 con la sentenza numero 26789/2023 ha ricordato che in tema di determinazione della pena, non vi è obbligo di stretta proporzionalità tra quella pecuniaria e quella detentiva, congiuntamente previste dal legislatore, sussistendo, al contrario, un’indipendenza nella loro quantificazione, posto che se la pena detentiva è ugualmente afflittiva per qualsiasi soggetto, quella pecuniaria ha un’efficacia sanzionatoria proporzionata alla capacità economica del destinatario.
Fatto
La difesa deduceva la pretesa violazione dell’art. 133 cod. pen. derivante dalla circostanza che il Tribunale nel determinare la pena irrogata a carico del G. abbia “adottato sanzioni (detentive e pecuniarie) fortemente divergenti in termini di entità“.
Decisione
La Suprema Corte premette che la pena inflitta al prevenuto, tenuto conto della continuazione fra le ipotesi contravvenzionali a lui ascritte, è stata di mesi 3 di arresto ed euro 25.000,00 di ammenda; una tale sanzione risulta essere pari ad 1/8 della pena massima detentiva e ad 1/4 della pena massima pecuniaria.
Ciò posto si osserva che la doglianza è inammissibile, in quanto la censura formulata dal ricorrente, in sostanza, parte dal presupposto che, in caso di pena congiunta detentiva e pecuniaria, il complesso sanzionatorio previsto dal legislatore sia, di fatto, unitario per cui lo stesso, essendo riferito ad un unico reato o, comunque, a reati unitariamente considerati, dovrebbe avere, sotto il profilo quantitativo, un medesimo rapporto fra il minimo ed il massimo edittale, collocandosi, pertanto, sia la pena detentiva sia quella pecuniaria tendenzialmente in una medesima posizione nell’intervallo esistente fra l’a e la z della pena legislativamente prevista.
La cassazione ritiene che una tale tesi è, sotto diversi profili, smentita sia dall’analisi normativa sia dalla stessa ratio sanzionatoria.
Intanto, vi è da dire che, sebbene frequentemente previste congiuntamente le pene detentive e quelle pecuniarie conservano sul piano normativa la loro autonomia; come è segnalato sia dal fatto che le stesse, rigidamente distinte nella elencazione delle specie di pene principali contenuta nell’art. 17 cod. pen., sono ulteriormente distinte nel successivo art. 18, il quale tiene separate le pene detentive, significativamente precisate come le pene restrittive della libertà personale, dell’arresto e della reclusione da quelle pecuniarie della ammenda e della multa, sia, ad esempio, dalla circostanza che il giudice possa disporre la sospensione condizionale della sola pena detentiva ove questa, se fosse unita a quella pecuniaria (sulla base dei criteri di ragguaglio previsti dall’art. 135 cod. pen.), superasse i limiti di cui all’art. 163 cod. pen. (si veda, infatti, in tale senso, di recente: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 23 dicembre 2022, n. 49115), operazione che, laddove la pena, pur se declinata nelle sue diverse tipologie fosse unica e da unitariamente considerare, apparirebbe non praticabile.
Ancora, nel senso della autonomia fra la pena detentiva e quella pecuniaria, militano le ipotesi normativamente previste in cui la pena pecuniaria è fissata sulla base di un criterio matematico dipendente da fattori non immediatamente riconducibili ai criteri ordinari di determinazione della pena applicabili quanto alla concorrente pena detentiva; si veda, in tale senso – oltre alla previsione di carattere generale contenuta nell’art. 133-bis cod. pen., in base alla quale le pene pecuniarie possono, discrezionalmente, essere aumentate o diminuite, entro determinati limiti stabiliti dal legislatore, onde rendere, in funzione delle condizioni economiche del condannato, o concretamente efficace la funzione sanzionatoria della pena ovvero non eccessivamente gravosa la stessa per il singolo condannato – anche la disciplina sanzionatoria prevista per il contrabbando dei tabacchi lavorati esteri, in cui la pena pecuniaria è stabilita sulla base della quantità convenzionale del tabacco illecitamente introdotto nello Stato (cfr. art. 291-bis, comma 1, del dPR n. 43 del 1973) e non in ragione dei criteri ordinariamente fissati da codice sostanziale, applicabili anche, per ciò che attiene alla pena detentiva, al reato di carattere doganale.
Ma è la stessa ratio della funzione sanzionatoria della irrogazione della pena che, in linea di principio, giustifica la autonomia fra le due tipologie di pena; infatti, come è stato segnalato dalla Suprema Corte, in termini che è indubbiamente il caso di ribadire fermamente, non vi è alcun obbligo di stretta proporzionalità tra la determinazione della pena pecuniaria e la pena detentiva congiuntamente prevista dal legislatore, sussistendo, al contrario, una indipendenza nella determinazione delle stesse, poiché, mentre la pena detentiva è ugualmente afflittiva, a parità di quantum sanzionatorio, per qualsiasi soggetto, quella pecuniaria ha una diversa efficacia sanzionatoria proporzionata alla capacità economica dell’imputato (in tale senso: Corte di cassazione, Sezione III penale, 6 luglio 2916, n. 27779; oltre a Corte di cassazione, Sezione II penale, 18 ottobre 1975, n. 9361).
