Arresto e convalida: il tempo necessario per l’identificazione dell’arrestato non deve essere computato nei termini previsti per la convalida (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 33857/2023 ha stabilito che il tempo necessario per l’identificazione, nel caso e nelle forme previsti dall’art. 349, commi 4 e 5, cod. proc. pen., ha una sua autonomia rispetto all’arresto, non ne anticipa l’esecuzione e non va computato nei termini prescritti per la convalida.

La questione prospettata alla Suprema Corte prende le mosse dal seguente fatto:

il Giudice monocratico del Tribunale di Teramo, in sede di giudizio direttissimo, non convalidava l’arresto di S.P. e M.F. in ordine al delitto di furto aggravato, rilevando come la polizia giudiziaria avesse provveduto a fermare i predetti alle ore 2.15 dell’1° febbraio 2023, nel mentre si impossessavano di materiale da cantiere, mentre la persona offesa presentava querela alle seguenti ore 4.50.

Rappresentava il Tribunale come, nel caso in esame, l’arresto fosse illegittimo, in quanto la querela non era stata ancora presentata all’atto della limitazione della libertà personale, ma solo successivamente, in luogo diverso e su richiesta della polizia giudiziaria.

Il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale di Teramo consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

Decisione

La Suprema Corte premette di conoscere l’orientamento (cfr. Sez. 2, n. 12309 del 03/02/2017, Dalla Rosa, Rv. 269431 – 01) per il quale l’art. 381, comma 3, cod. proc. pen. — «.. l’arresto in flagranza può essere eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo» — impone una condizione e prevede una facilitazione correlata alla peculiarità della situazione.

La condizione consiste nella verifica che la querela sia proposta, secondo la ratio di consentire all’ufficiale o all’agente di p.g. che provvede all’arresto di verificare se la condizione di procedibilità esista in quel frangente, perché altrimenti verrebbe a mancare uno dei presupposti giustificativi della limitazione della libertà personale, la quale in tanto può avvenire tramite l’arresto in quanto sussista già il necessario presupposto per l’esercizio dell’azione penale.

La facilitazione consiste nella deroga alle normali forme di presentazione della querela, che nell’ ipotesi in esame, in ragione delle contingenze del caso e della necessità di provvedere nell’ immediatezza, può essere presentata tramite una manifestazione orale della volontà punitiva da parte della persona offesa.

L’esistenza di questa forma agevolata di presentazione della querela rende evidente che la verifica della condizione di procedibilità deve essere fatta al momento, in quanto, se bastasse la presentazione in qualsiasi tempo della querela, non sarebbe necessaria alcuna facilitazione perché la parte offesa esprima la sua volontà punitiva.

Il che equivale a dire che non è possibile procedere all’arresto nell’ attesa che la persona offesa valuti in seguito se presentare o meno la querela nei confronti dell’arrestato (nello stesso senso, Sez. 3, n. 16385 del 28/03/2012 – dep. 03/05/2012, Rv. 25238101).

E però, nel caso in esame viene anche in gioco il tema sollecitato dal Pubblico ministero ricorrente, che evidenziava come nella prima fase l’accompagnamento presso gli uffici della polizia giudiziaria fosse teso all’identificazione.

E bene, va richiamata una condivisibile pronuncia che, in tema di giudizio direttissimo dinanzi al tribunale in composizione monocratica, affermava come non possa computarsi nei termini prescritti per la convalida dell’arresto il periodo trascorso per l’accertamento dell’identità dello straniero mediante rilievi fotodattiloscopici ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 286 del 1998 e successive modifiche (Sez. 1, n. 43681 del 13/11/2007, Rv. 238422 – 01).

In motivazione la pronuncia equiparava all’attività prevista dalla normativa speciale quella del fermo per accompagnamento prevista dall’art. 349, comma 4, cod. proc. pen. nei casi ivi specificamente previsti (la persona indagata o informata dei fatti rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità e documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità), ritenendo anche le forme di identificazione diverse da quella c.d. giudiziaria, che rientrano più propriamente in attività di accertamenti di polizia, sicuramente non computabili ai fini della decorrenza delle misure ed precautelari (arresto in flagranza e fermo di indiziato di delitto).

La Corte di cassazione ha anche in altre occasioni affermato che “non può computarsi nei termini prescritti per la convalida il periodo trascorso per l’accertamento dell’identità dello straniero mediante rilievi fotodattiloscopici ai sensi dell’art. 6 del citato decreto legislativo” (Cass. Sez. 1, 30 marzo 2005, n. 16474; Id., Sez. 1, 23 gennaio 2007, n. 4900; Id., Sez. 1, 24 gennaio 2007, n. 7360).

Nel caso in esame emerge che, in assenza dei documenti di identificazione, «non sussistendo certezza sull’esatta rispondenza delle generalità fornite a quelle dei soggetti in questione, al fine di accertare eventuali alias e relativi provvedimenti, si procedeva all’accompagnamento “per i necessari rilievi fotodattiloscopici”».

Di fatto si verificava il caso disciplinato dall’art. 349, comma 4, cod. proc. pen. per quanto fin qui evidenziato, in via preliminare rispetto al momento dell’arresto.

Per altro, la scansione cronologica e l’indicazione dell’orario dell’arresto, alle ore 9.20, dopo che in precedenza era stata sporta la querela alle ore 4.50, rendono fondato il ricorso, in quanto la condizione di procedibilità era esistente all’atto dell’arresto, quindi eseguito legittimamente, in quanto le attività di identificazione previste dall’art. 349, comma 4, cod. proc. pen. non sono da considerarsi computabili nei termini rilevanti ai fini della convalida.

Ne deriva che deve considerarsi errato il presupposto dal quale muove l’ordinanza impugnata, che ritiene l’arresto operato alle ore 2.15 in assenza di querela, essendo il momento dell’accompagnamento per l’identificazione precedente e diverso rispetto all’arresto, tanto che la disciplina dell’art. 349, commi da 4 a 6, cod. proc. pen. prevede autonomi presupposti — rispetto all’arresto — per l’accompagnamento e il trattenimento negli uffici di polizia giudiziaria, fissando un tempo massimo di dodici ore, richiedendo la vigilanza a riguardo da parte del pubblico ministero, predisponendo l’obbligo di verbalizzazione.

In sostanza deve affermarsi che il tempo necessario per l’identificazione, nel caso e nelle forme previsti dall’art. 349, commi 4 e 5, cod. proc. pen., ha una sua autonomia rispetto all’arresto, non ne anticipa l’esecuzione e non va computato nei termini prescritti per la convalida, cosicché la querela sporta dopo l’accompagnamento e il trattenimento per l’identificazione, ma prima dell’arresto, integra la condizione di procedibilità necessaria per la misura precautelare, come richiesta dall’art. 381, comma 3, cod. proc. pen.