I poteri istruttori del giudice di appello e la prova peritale (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 30176/2023, udienza del 6 giugno 2023, si diffonde in modo sistematico sui poteri istruttori del giudice di appello.

Confronto tra le discipline del Codice Rocco e del Codice Vassalli

Il tema dei poteri istruttori del giudice di appello è stato ampiamente affrontato dal legislatore.

Dal raffronto con la disciplina prevista nel codice di rito del 1930 emerge la sostanziale conferma di tali poteri dettata con l’entrata in vigore del codice vigente.

…Codice Rocco

Secondo l’art. 520 cod. proc. pen. del 1930, intitolato «Facoltà del giudice d’appello: rinnovazione del dibattimento», vi era la possibilità, per il giudice che riteneva di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, di ordinare la presentazione di nuovi documenti, di rinnovare in tutto o in parte il dibattimento, di disporre l’esame anche su nuove circostanze dei testimoni del primo giudizio o l’assunzione di altre prove nuove, di sentire i periti e consulenti tecnici e, nei casi di assoluta necessità, di disporre nuova perizia.

…Codice Vassalli

Nella procedura introdotta nel 1989, sul diverso modello accusatorio, la formazione diretta della prova dinanzi al giudice di primo grado ha trovato definitiva consacrazione con la riforma, nel 1999, dell’art. 111 della Costituzione, in forza del quale può dirsi che la raccolta in forma dialettica delle prove è divenuto il metodo epistemologico costituzionalmente obbligato. E, nella scelta se preservare intatta la tradizionale configurazione dell’appello, con una attività istruttoria limitata a una funzione integrativa, coerentemente con un giudizio di secondo grado inteso come mero controllo dell’accertamento effettuato nella fase precedente, che si presume completo, ovvero optare per un giudizio di appello autoreferenziale, dotato di propria autonomia, un novum iudicium e non un mero riesame critico, ha prevalso la soluzione di mantenere la sostanziale funzione di controllo di quanto in precedenza avvenuto, di modo che l’appello continua a essere strutturato come giudizio tipicamente cartolare e scritto.

Nel giudizio di appello ordinario è, dunque, tendenzialmente esclusa l’assunzione delle prove, limitandosi il giudice a decidere sul materiale formatosi in primo grado; la rinnovazione parziale del dibattimento, prevista dall’art. 603 cod. proc. pen. solo in presenza di specifiche condizioni, rappresenta un passaggio meramente eventuale e straordinario nello svolgimento del giudizio di appello e non costituisce, sul piano normativo, un presupposto indispensabile per giungere a un epilogo decisorio del tutto alternativo a quello del processo di primo grado.

E dato che la previsione di un secondo grado di giurisdizione di merito trova la sua giustificazione proprio nell’opportunità di una verifica piena della correttezza delle valutazioni del giudice di primo grado, ne deriva l’affermazione di principio, ripetuta nella giurisprudenza della Corte regolatrice, per cui il giudice di appello che intenda procedere alla rinnovazione del dibattimento è tenuto ad esplicitarne le ragioni. In particolare, il giudice deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti; il contenuto esplicativo del provvedimento adottato è, peraltro, l’unico profilo sul quale si può esplicare il sindacato di legittimità (Sez. 5, n. 23580 del 19/02/2018, Rv. 273326 – 01; Sez. 3, n. 7680 del 13/01/2017, Rv. 26937301).

Prova peritale

Con riguardo alla perizia, poi, le Sezioni unite con la sentenza Pavan hanno chiarito che l’omessa rinnovazione della prova peritale acquisita in forma dichiarativa da parte del giudice di appello che proceda, sulla base di un diverso apprezzamento della stessa, nella vigenza dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., alla riforma della sentenza di assoluzione, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio della sentenza, denunciabile in sede di giudizio di legittimità a norma dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., mentre la pronuncia di riforma adottata sulla base della rivalutazione della relazione del perito, acquisita in forma puramente cartolare, è sindacabile per vizio di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., sempre che la prova negata, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della decisione, sia di natura tale da potere determinare una diversa conclusione del processo (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Rv. 275112 – 03).

Ben diverso risulta il compito del giudice di appello qualora, da un lato, non ritenga necessaria la rinnovazione dell’istruttoria e, dall’altro, non intenda pervenire a diversa valutazione dell’esito peritale. In tale ipotesi, che è quel che interessa con riguardo al caso in esame, non sussiste alcun obbligo di rinnovazione delle prove o delle indagini peritali e non sussiste alcun obbligo motivazionale quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fondi su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (ex multis, Sez. 6, n.2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280589 – 01; Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep.2014, Rv. 259893 – 01; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Rv. 257741 – 01).